Ci sono viaggi che possono cambiarti la vita. In 50 km all’ora, in sala dal 4 gennaio, i fratelli Rocco e Guido, interpretati da Fabio De Luigi e Stefano Accorsi, si spostano per tutta l’Emilia-Romagna, con capatina anche a Milano, per spargere le ceneri del loro padre appena morto. I due non si vedevano da anni. Rocco, mite e addomesticato, ha trascorso il resto dei suoi giorni nella casa d’infanzia in mezzo alle colline, prendendosi cura del genitore, rimasto solo. Guido, invece, se ne è andato appena ha potuto. Si occupa di intrattenimento sulle crociere e di guardarsi indietro non ci ha mai pensato, fino a quel momento.
Ritrovandosi per il funerale del padre, decisi a esaudirne l’ultimo desiderio, i due si mettono in moto (letteralmente) per una di quelle parentesi dell’esistenza da cui sai che non uscirai più come eri prima. Per De Luigi, 50 km all’ora è la terza regia dopo Tiramisù (2016) e Tre di troppo (2023), remake dell’opera tedesca 25 km/h di Markus Goller e da cui attinge per stendere la sceneggiatura insieme a Giovanni Bognetti.
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E, per l’occasione, esplora il dualismo che può appartenere alla vita, agli uomini, al loro non volere – o spesso neanche sapere – come mostrare le proprie emozioni, a differenza del personaggio che interpreta, che non ha affatto paura di piangere. Una storia di famiglie perdute e di ritrovata fratellanza, ma anche una piccola esplorazione nei sentimenti del genere maschile e quanto possa essere difficili farli uscire. Un po’ come dover saltare da un dirupo. Cosa che (più o meno) fanno gli stessi De Luigi e Accorsi, per un momento trasformati in Thelma e Louise.
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