Nella casa piena di antiche storie e di luce dove Alessandro Borghi vive con la compagna Irene Forti, psicologa, da un mese è arrivato Heima, e questa intervista comincia così. Parlando della creatura che “mi ha fatto dimenticare com’era la vita prima”, aspettando che rientri dal parco, interrompendosi quando arriva per prenderlo in braccio e guardarlo, cullarlo.
Nella rosa dei cinque migliori attori protagonisti per Le Otto Montagne diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, il romano Alessandro Borghi è il protagonista della nuova video intervista della serie I David di THR Roma, con cui The Hollywood Reporter Roma accompagna i suoi lettori alla serata dei David di Donatello.
Alessandro Borghi in stato di grazia
È in questo stato di grazia che l’attore di Le otto montagne fa un bilancio della sua vita fin qui: gli incontri, i disincontri, le fragilità e le fortune, le porte scorrevoli dell’esistenza che si sono aperte, ora, davanti a una vetrata alta otto metri che “quando l’abbiamo vista, Irene ed io, abbiamo detto non possiamo stare senza questa finestra, restiamo ad abitare qui”.
Parla di un viaggio in Islanda, dell’origine del nome di Heima raccolto in quella terra, dell’amore per le montagne scoperto tardi e diventato passione assoluta. Dell’incontro con Luca, Luca Marinelli, un’amicizia forte come l’amore, di quella volta che “feci un provino ma pensai prendono lui, di certo, e invece presero me”. Era Suburra. L’incontro seguente fu per Non essere cattivo, il film che “ha cambiato per sempre le nostre vite”.
L’incantesimo delle Otto montagne
Ora l’incantesimo delle Otto montagne, che sta stregando anche l’America, e il suo segreto: “So bene qual è, si rinnova ogni volta che torno in quei luoghi: te lo spiego”. I provini (“ho imparato col tempo che va sempre bene come va, mi hanno scartato a uno proprio qualche giorno fa: era giusto”), i premi (“c’è sempre qualcuno bravissimo che non entra nemmeno nella rosa”), gli esordi, il pugilato (“volevo veramente fare il pugile, ma ero iscritto a Economia”), la prima volta, i dieci anni di gavetta, la famiglia di origine “che è la ragione per cui penso sempre me ne vado, ma alla fine resto a Roma”.
E poi l’incontro con Rocco Siffredi, il legame profondo stretto sul set di Supersex, la serie attesa per l’autunno. Il rapporto con il corpo, non sempre facile, con la notorietà, con le pretese del pubblico “che bisogna trasformare in un dono”. Candidato come miglior attore ai David di Donatello, ma questo – nel tumulto di parole – è quasi un dettaglio.
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