I David di THR Roma – Giulia Steigerwalt: “La Nora Ephron italiana? Non oserei aspirare a tanto”

La regista italoamericana, 41 anni, con Settembre vince il David di Donatello per il miglior esordio. Un passato da attrice, poi la scelta di passare dietro la macchina da presa: "Recitare? Non mi interessa più"

Tre donne in cinquina ma è Giulia Steigerwalt a vincere il David di Donatello 2023 come regista esordiente per Settembre, con protagonista Barbara Ronchi – anche lei tra le nominate dei nostri David di THR.

Una gioia doppia per la sceneggiatrice e regista – italiana nata a Houston, Texas – che, dopo aver firmato il cortometraggio omonimo, ha raccontato nel suo primo lungometraggio le incomprensioni che vivono le donne, la curiosità dei bambini che giocano a fare i grandi e i nuovi amori che faticano a sbocciare.

Un film di una delicatezza unica, candida come questa autrice che non sa provare né invidia, né competizione: lo dimostra il matrimonio con il produttore e collega Matteo Rovere e il tifo che fa per i suoi avversari.

Giulia Steigerwalt, tra studi filosofici e remake femministi

Un’inclinazione che arriva dal suo passato: madre psicologa e studi di filosofia alle spalle (con un interesse particolare “per l’esistenzialismo”), Steigerwalt mostra un’empatia che attraversa il suo Settembre e torna in ogni copione che ha scritto (da Moglie e Marito a Croce e delizia, fino a Marilyn ha gli occhi neri). “Vuoi diventare la nostra Nora Ephron?” “No, no, no, non oserei mai aspirare a tanto”. Eppure, con la sceneggiatrice di Harry ti presento Sally, Steigerwalt condivide il guizzo nella scrittura e il gusto per la commedia sofisticata. Evidenti nel suo primo film, così come il suo passato nella recitazione, che la aiuta a dirigere gli attori.

Perché Giulia Steigerwalt, che annovera anche una carriera davanti alla camera da presa, è stata tra i protagonisti di un film considerato di culto, nel bene e nel male. Uno di quei titoli che hanno segnato una generazione, diventando iconico nell’immaginario popolare: “Lo sai che Come tu mi vuoi è diventato un cult? Ne sei consapevole?” “No”. È allora che nella conversazione con THR Roma emerge l’idea di un remake dell’opera, che rispecchi i tempi di adesso, ben più femminista di quanto fosse la pellicola di Volfango De Biasi nel 2007. Magari proprio il film che potrebbe portarla agli Oscar. “Al posto del David di Donatello?”. Non scherziamo. Molto meglio il David.