Marco Bellocchio, 83 anni, maestro di cinema, arriva a Cannes in concorso con il suo nuovo film, Rapito. Abbiamo avuto una lunga conversazione che vi proponiamo divisa in due parti. Qui è raccolta la parte che riguarda la sua visione artistica e politica, la sua idea di futuro, il suo prossimo progetto: raccontare la storia di Enzo Tortora come parabola dell’idea di giustizia e dell’impatto della televisione nel discorso pubblico. La seconda parte dell’intervista sarà on line martedì 23 maggio, giorno della proiezione di Rapito al Festival, e sarà interamente dedicata al suo nuovo film: dietro le quinte, lavoro sugli interpreti, senso e valore della storia. Di seguito un estratto dei temi toccati nella videointervista di oggi.
Il rapporto con la Storia
“Non ho mai accettato l’inesorabilità della storia. In essa, senza tradirla troppo, ho cercato non tanto dei contrappesi, ma dei movimenti di contrasto, di ribellione. Anche con dei falsi. Per esempio in Buongiorno Notte c’è l’idea della libertà di Aldo Moro e l’idea che una delle terroriste assecondasse questa fuga. Però subito dopo riconoscendo la realtà. E’ per me un fatto istintivo. Mi ribello all’ineluttabilità. Quando mi proposero il film ho detto sì, posso farlo però datemi la libertà di muovermi all’interno di questa tragedia in modo che non sia semplicemente la rappresentazione di un destino ineluttabile”.
Il futuro, la politica
“La parola catastrofe ricorre e non in modo delirante: ci sono dei segni di catastrofe veri, nella politica. Vedo però un esercito di giovani che mi sembrano non disposti e non rassegnati a subirla. Non immaginavo saremmo arrivati al governo delle destre, ma non è colpa loro. E’ la sinistra, è l’opposizione che deve rigenerare qualcosa che è morto, o trovare qualcosa di diverso per opporsi”.
La velocità, i social network
“La frenesia è una direzione molto attraente, però è perdente. Vedo segnali contrastanti, mi pare che siamo vicini al limite. Per esempio un film come Le otto montagne, mi colpisce: ha dei tempi molto fuori moda”.
Il prossimo progetto: caso Tortora
“È sulla tv e sulla giustizia. È come se lui fosse un imperatore, un dominatore con il suo mezzo: poi una terribile ingiustizia ne fa un avvocato di se stesso. È un tema, un personaggio che incarna una serie di questioni che mi interessano”.
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