Le scale sgarrupate si aprono su una stanza piccola come un tinello, i muri a vista, la testa mozzata di una statua appoggiata su una pila di mattoni. Una collana di teschi di plastica pende sul tavolo, coperto da una tovaglietta kantha – il patchwork bengalese, quello dei fricchettoni. A terra calcinacci, tubi di colore senza tappo, barattoli di vernice, scatoloni, buste di plastica. E poi i quadri: teste di scimmia, volti trasfigurati, macchie di colore, materiali di riciclo, occhi, nasi, il volto di Krishna. “Questo posto? L’ho trovato. Se qualcuno lo rivuole me ne vado”. Francesco Pividori, in arte Trash Secco, apre una porticina grigia per far entrare un po’ di luce per l’intervista: fuori c’è una terrazza ampia, spoglia, affacciata sul vuoto. Senza parapetto. “Qui dipingo. Quando non piove”.
Roma, quartiere Centocelle, quadrante est della Capitale. Nata borgata, Centocelle è un’ex periferia che resiste alla gentrificazione: dei “bassifondi” non ha più nulla, pur conservando un rapporto personalissimo con la legalità. A 50 metri dallo studio di Francesco c’era la libreria La Pecora Elettrica, bruciata dalla criminalità nel 2019, a due passi dalla pizzeria Cento155 (altro rogo, stessi mandanti): poco più avanti il parco Don Cadmo, piazza di spaccio e d’eroina, ancora oltre il Forte Prenestino, storico centro sociale antagonista.
È in questa terra di frontiera che nascono i quadri e i film di Trash Secco: Nefasto – Er mostro de zona, il “documentario illegale” distribuito nel 2011 su YouTube, e Bassifondi. Che arriverà (legalmente) al cinema, il 15 giugno, dopo il passaggio lo scorso ottobre alla Festa del cinema di Roma. Storia dei due senzatetto Romeo e Callisto, osservati nella loro vita quotidiana, il film è stato scritto dagli ormai ex outsider Fabio e Damiano D’Innocenzo, appassionati sostenitori del progetto. Francesco, del resto, sembra uscito da uno dei loro film.
Cominciamo dal nome, Trash Secco. Perché?
Il trash secco è l’immondizia essiccata al sole. Quella che raccolgo la sera. Sono un accumulatore seriale: cerco, assemblo, trovo oggetti e poi ci dipingo sopra. Uso gommalacca, smalto per termosifoni, quel che c’è. Prendo cose dalla strada e restituisco loro una nuova vita.
Tra i suoi quadri e i suoi film che rapporto c’è?
Strettissimo. Proprio a livello fisico: mentre scrivo i film dipingo. Questo quadro, Socrate (indica una tela: un teschio di scimmia e uno smartphone disassemblato, ndr) l’ho fatto mentre scrivevo Bassifondi.
E che c’entra?
In quel periodo stavo studiando filosofia, seguivo delle lezioni su YouTube. E mi sono appassionato a Nietzsche. Bassifondi parla di quello, di nichilismo e oltre-uomo. Di due personaggi che hanno deciso di estraniarsi dalla società senza mai guardarsi indietro. Io li trovo coraggiosi, i senzatetto. La gente dice: poveracci, diamogli i soldi per farli tornare “indietro”. Ma quelli non vogliono. Non tutti almeno. Molte delle persone con cui ho parlato hanno le chiavi per tornare in società. Ma non lo fanno.
Un film pasoliniano al cinema. Adesso. Se lo immagina?
Mi rendo conto che in questo momento Bassifondi sembri un film strano. In realtà è un film classico, vicino al cinema di Ettore Scola. Sembra strano, perché dal 2000 il cinema italiano è in declino. In Italia anche uno come Matteo Garrone faceva film, e nessuno all’inizio gli dava attenzione.
Lo conosce Garrone?
No, ma per me è un padre spirituale. Come Pasolini, Carmelo Bene, Nietzsche e Socrate.
E i fratelli D’Innocenzo?
Sono un tramite con Garrone, hanno scritto molto per lui. Io da profano faccio le cose in modo barocco, loro arrivano al sodo, asciugano, hanno preso l’essenziale della mia storia. Damiano mi ha detto: ‘A Francè, dimme de che parla il film in una frase”.
I suoi film parlano di mondi ai margini. Lei da dove viene?
La mia famiglia ha un’estrazione basso borghese. Mia madre lavorava come gallerista comunale. A differenza delle galleriste private, quelle comunali guadagnano poco, non rischiano: prendono uno stipendiuccio da professore del liceo. Mio padre ha un’estrazione popolare, veniva dalle campagne venete. Si è sempre arrangiato, ha fatto il rappresentante di occhiali, montava depuratori dell’acqua. Ma la fascinazione per il mondo delle borgate c’è sempre stata, tanto che sono scappato di casa a 17 anni.
Perché?
Mia madre non mi sopportava più, io non sopportavo più lei. A un certo punto mi ha detto: ‘vattene a ‘fanculo’. Disse proprio così: ‘sei fisicamente fastidioso’. Ero diventato intollerabile per una borghese di sinistra.
Fratelli ne ha?
Sì, mio fratello fa il tatuatore a Berlino. La prima idea di Bassifondi è nata fra noi due, una sera. Una Peroni di troppo, giravamo tra i senza tetto di Ponte Sisto. Io avevo 15 anni e lui 20. Litigavamo, ubriachi, e lui disse: pensa se facessero un film su due barboni. Così ho cominciato a scrivere la storia, che mi sono portato dietro per tanti anni.
Prima però ha girato videoclip, anche per Achille Lauro. Perché non è rimasto nel giro?
Difficile spiegarlo. Non mi hanno voluto. Mi hanno espulso quando non hanno avuto più bisogno di me. Quando serviva il giro di giostra, quando volevano crearsi un’identità forte, un immaginario potente, arrivavano. Nei loro video, e non parlo di una sola persona ma in generale, c’è sempre casa mia a Centocelle: venivano da me, giravamo il corto, poi ciao. Uscire dal giro mi ha fatto male, personalmente. È stato difficile. Hanno preso tanto e dato poco. Comunque verranno tutti alla prima del film, anche Achille Lauro e Ketama126.
Ha rimpianti?
No, questi dieci anni di carriera underground mi sono serviti a non snaturare il mio percorso. A 20 anni non capisci niente, fare contratti a tanti zeri a quell’eta non fa per niente bene. Una valigetta di soldi e sarei finito morto su un marciapiede.
Nefasto, il suo primo film, è stato censurato. Ci racconta?
Me l’hanno bloccato, ho scritto a YouTube. Dicevano che quei contenuti (una storia esplicita di droga e prostituzione giovanile, ndr) spingevano i ragazzi al suicidio. Ho detto ok, allora mettiamo il divieto ai minori di 18. Un dodicenne non deve vedere quel film.
È sbagliato il film?
È sbagliata l’età.
Dopo Bassifondi?
Sto scrivendo. La scrittura di Fabio e Damiano è pura poesia: voglio pubblicare la sceneggiatura di Bassifondi. Ma i prossimi li scriverò da solo. Questo sarà il primo capitolo di una trilogia sulla famiglia. Il primo, Bassifondi, sull’amore fraterno. Il secondo sull’odio materno. Il terzo sulla figura del padre, lo spirito santo. Una trilogia sul nichilismo e sul trauma. Mi sono anche chiesto: alla gente farà bene vedere i miei traumi in un film?
Cosa si è risposto?
Sono andato da una psicologa, mica mi sono risposto da solo. Chiedere se quello che faccio ha senso è mettere in dubbio la mia stessa esistenza. E io, se smetto di fare quello che faccio, smetto di vivere.
Il trailer di Bassifondi, al cinema dal 15 giugno
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma