Yuri (Andrea Fuorto) ha ventitré anni e sogna di fuggire lontano, in Patagonia, forse. Agostino (Augusto Mario Russi, al suo debutto come attore) è poco più grande, ma si crede già uomo. Insieme partono per un viaggio di autodeterminazione, che vorrebbe essere una ribellione, un gesto di libertà e si trasforma invece in un delirio di controllo e prigionia.
Rifugiandosi nel camper di Agostino, Yuri prova ad allontanarsi dalla gabbia dorata del suo piccolo paese abruzzese, dove è cresciuto soffocato dalle cure della zia. Agostino gli promette l’indipendenza, alimentando un rapporto ambiguo e senza definizioni, che si fa sempre più claustrofobico, al ritmo martellante dei 160 bpm dei rave techno.
Esordio alla regia di Simone Bozzelli, Patagonia è la storia di questo viaggio fisico e metaforico, una meta ideale che da sogno diventa incubo. Prodotto da Wildside (gruppo Fremantle), Vision Distribution e Rai Cinema, in collaborazione con Sky, è al cinema dal 14 settembre.
Patagonia è “un gioco tra piacere e dispiacere, premi e punizioni, forza e dipendenza”, afferma Bozzelli. È un’esplorazione delle relazioni e dei loro equilibri, in cui a “Yuri non resta che imparare l’esperienza della scelta, sapendo che qualsiasi scelta implica sempre una perdita. Anche di libertà”. I suoi personaggi sono “frastornati, fluttuanti sessualmente e psicologicamente indeterminati”.
Non è un caso che per descrivere il proprio film il regista usi l’incipit dell’opera di James Matthew Barrie, “Tutti i bambini crescono, meno uno”, perché alla libertà feroce di Peter Pan, “volante e pieno di fantasia”, corrisponde sempre una Wendy trascinata verso l’isola che non c’è. E Patagonia racconta entrambi, da due punti di vista diversi, poiché Yuri è il “candido, la superficie in cui l’egocentrico Agostino si riflette”, secondo Bozzelli.
In esclusiva per The Hollywood Reporter Roma una clip del backstage di Patagonia:
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma