Quante possibilità c’erano che nello stesso momento, nello stesso hotel, alla stessa ora, ci fossero due set diversi per le riprese di, per l’appunto, due film differenti? Pardon, di un film e di una serie. La location è il St. Regis, il palazzo tra i più principeschi di Roma. L’ingresso è uno solo. I piani su cui si sviluppano i set, anche in questo caso, sono due, pianterreno e primo. La regola delle set visit, quando non sai dove andare, è semplice: seguire le attrezzature.
Se non trovi nessuno della produzione, né riesci a metterti in contatto con l’ufficio stampa o non ti si palesa davanti alcun viso “amico” (che sia riconoscere il regista, o ancor meglio il cast), la soluzione è dirigersi verso quelli che, a occhio, sembrano gli strumenti del mestiere. Camere da presa, schermi portatili, luci. Quelli in fondo all’entrata del St. Regis, lasciati in maniera semi-ordinata passato un sontuoso salone, sono di Sky. Nello specifico della seconda stagione di Call My Agent! Italia, al suo ultimo ciak. Scusate, abbiamo sbagliato, la destinazione è un’altra.
La love suite ci aspetta al piano di sopra. Anche questa è piena di borse, cavi e nastri adesivi, oltre a oggetti contundenti che potrebbero diventare pericolosi per chi non affronta la vita del set tutti i giorni. Il corridoio è silenzioso, cosa non del tutto inverosimile tra le camere di un hotel. Stavolta però il motivo è una scena in cui due genitori, Lucia Ocone e Giorgio Tirabassi, spiano di porta in porta per capire dove trascorreranno la prima notte di nozze il figlio Valerio, interpretato da Filippo Scicchitano, con la neo sposa Eleonora, l’attrice Pilar Fogliati. E, soprattutto, come.
Il film è Finché notte non ci separi, seconda regia per Riccardo Antonaroli (debuttò nel 2021 con La svolta). La sceneggiatura è basata sulla commedia israeliana Honeymood di Talya Lavie e le settimane di riprese sono cinque, con un precedente mese di prove. “Di solito si presta attenzione solo alla location scouting, alla logistica, poco agli attori. Invece è fondamentale iniziare da subito per conoscersi e parlare. Riccardo ci ha coccolato molto”, ha raccontato Fogliati. “Fin dal primo incontro è scattata un’energia. La sintonia era perfetta, riuscivamo a percepirla, ed era importante visti i meccanismi umani che andiamo a mettere in scena”, fa eco Scicchitano.
Solo alle 4 di notte capisci davvero Fellini
In fondo, senza complicità, è complicato far credere nell’autenticità di un rapporto, anche in una coppia come quella composta da Fogliati-Scicchitano che, pur solo all’apparenza, risulta perfetta. Nella seconda pellicola di Antonaroli la storia comincia alla fine del matrimonio dei protagonisti, Eleonora e Valerio, quattro ore dopo essersi detti il fatidico “sì”.
“È la cosa bella: Finché notte non ci separi comincia quando gli sposi sono sfiniti”, commenta Pilar Fogliati. “Quando sono stanchi, brutti, vogliono solo mettersi il pigiama. È la loro prima notte di nozze, ma non riescono a fare l’amore. E questo li catapulterà in dubbi che possono assalire le coppie in qualsiasi momento: uno, tre, cinque anni dopo essersi sposati. O, perché no, anche dopo tre minuti”.
Il viaggio che li aspetta, infatti, non è soltanto in una capitale irreale e notturna, ma lo è ancor più in loro stessi, spiega l’attore: “Valerio e Eleonora sono persone che si amano e che mettono in crisi tutto a causa di un anello, il vecchio regalo di una ex. Camminano tutta la notte, la prima del loro ‘per tutta la vita’, e la passano interrogandosi sui propri caratteri, sul conoscersi a vicenda, ma anche cercando di capire se stessi. Sono persone che finiranno per rinfacciarsi i loro difetti, ma dovranno fare anche un esame di coscienza su chi sono veramente”.
Le quattro di mattina, a Roma, sono un incentivo alla riflessione, oltre che alla malinconia: “Godersi la città di notte è speciale. Ancor più quando hai vent’anni e giri dalle due alle sei di mattina per la capitale. Mi è capitato”, confessa Scicchitano.
“Accendete le camere” ripensa invece Pilar Fogliati. “Ricordo di aver detto così. O almeno di averlo pensato. Erano le quattro di mattina, ci trovavamo nel quartiere di Testaccio e sulla strada in cui giravamo sono passati dodici cavalli con altrettanti cocchieri che stavano staccando dai giri turistici del centro. ‘Che state a fa’, il cinema?’, ci hanno chiesto. È quando vivi Roma in questo modo che capisci Fellini”.
Finché notte non ci separi: quasi un film di fantascienza
Qualcosa di assurdo, di sospeso, di irreale lo ha anche Finché notte non ci separi. Spazzatura, monopattini per le strade, la sera che “non c’è traffico”. Inoltre si tratta di “due ragazzi a trent’anni che si sposano”, continua l’attrice “Praticamente è un film di fantascienza”.
Impossibile non interrogarsi sul senso e il valore del matrimonio, oggi, per una generazione che non ci pensa nemmeno più. O quasi. “Non ci credo molto, nella sua forma istituzionale intendo”, dice Filippo. “Ma non giudico chi sceglie di convolare a nozze. Le statistiche dimostrano che non basta sposarsi per rimanere insieme tutta la vita, e le cose sono differenti da come veniva vissuto il matrimonio nel passato. Ce lo hanno insegnato i nostri nonni, fingere anche quando tutto è finito. Fortunatamente adesso c’è la terapia. L’unione che interessa a me è solo quella basata sul rispetto”.
Dai nonni resilienti ai genitori innamorati: “La mia è una famiglia in cui i genitori sono ancora insieme e che hanno avuto quattro figli”, replica la co-protagonista. “Quindi dentro di me ce l’ho. Mi piace l’idea di un rituale che dà in qualche modo senso all’amore. Forse la verità è che oggi la gente non vuole più sacrificarsi, che è il principio alla base del matrimonio. Me lo ha detto un giorno mio padre, e credo abbia ragione”.
Ma quindi commedia, dramma o specchio di una generazione che non può che cercare di capirsi un po’ di più? “Non voglio definirlo”, spiega Scicchitano. “Ha degli spunti che mi fanno molto ridere. Ma non c’è dubbio che, sia Valerio, così irascibile, sia Eleonora, così stralunata, debbano trovare la loro strada. Insieme, ma anche come singoli”. Quel che è sicuro è che si tratta di una rom-com e che Pilar Fogliati è la nostra nuova eroina romantica – in fondo ha amato Barbie ed è di quei tipi che si ricordano tutti i nomi dei personaggi della serie tv che guardavano tra i banchi di scuola, come I liceali.
“Lo sono?”, riflette Fogliati. “Oddio, forse è vero, c’è una retta che unisce i miei ultimi lavori. Quale potrebbe essere? Trentenni single disperate che cercano l’amore? Lo accetto! Anzi, mi piace proprio. Sai quando si dice ‘Adesso faccio qualcosa di diverso così che gli altri vedano che ne sono capace?’. Ma cosa devono vedere? E specificatamente, chi? Sono così contenta di aver intrapreso la via della commedia e spero duri il più a lungo possibile”. O, almeno, Finché notte non ci separi.
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