Alberi di magnolia e cespugli di ortensie colorate. Dietro la facciata di Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata di Francia a Roma, si nasconde un angolo verde di assoluta calma lontano dalla confusione del mercato di Campo de’ fiori, a soli pochi passi da lì. Bertrand Bonello è seduto ad un piccolo tavolino da giardino e risponde alle domande di THR Roma sul suo ultimo film, Coma, premio Fipresci alla Berlinale 2022, nelle nostre sale solo il 10, 11 e 12 luglio.
Un film nato da una lettera – che apre e chiude il film – alla figlia adolescente Anna, parte di un cortometraggio realizzato per la Fondazione Prada durante il lockdown. Dall’idea di una ragazzina confinata nella sua stanza durante la pandemia, Bonello trae ispirazione per trasportarci in un viaggio nella mente e nell’immaginazione di una diciottenne (interpretata da Louise Labèque). Utilizzando una serie di tecniche miste, dal live action al cartoon passando per l’animazione 3D, Coma mette in scena dialoghi surreali tra Barbie e meteo dell’orrore decantati da una misteriosa youtuber, chat Zoom con dibattiti su serial killer e misteriose riprese di videocamere di sorveglianza. Il tutto in una dimensione sospesa tra sogno e realtà.
Nonostante il suo film abbia un’atmosfera cupa c’è anche molto umorismo nero.
È vero, il film racconta qualcosa di cupo. Avevo però davvero voglia di controbilanciare. È qualcosa che non mi sono molto autorizzato a fare nei miei film precedenti. Ma qui c’erano dei dispositivi che mi permettevano di farlo. Per esempio nei dialoghi con le Barbie. Non potevo mettere quelle parole in bocca a dei veri attori, sarebbe stato ridicolo. Ma con loro andava bene. Alcune cose che fa Patricia Coma su YouTube o le sue affermazioni mi permettevano di inserire un umorismo abbastanza corrosivo. Cercavo un lato pop. Volevo che il discorso più ombroso fosse spezzato da parentesi più divertenti così da poter alternare diverse emozioni.
Lei è anche un compositore. Se il suo film fosse una melodia, quale sarebbe?
Penso che c’è qualcosa di piuttosto pop nel film, nonostante il suo tono ombroso, con la presenza delle Barbie e della youtuber. Quindi penso che forse sarebbe un pezzo degli Animal Collective.
“Il fatto che altre persone sognino è molto pericoloso. Fate attenzione ai sogni degli altri, potreste finirne intrappolati”. Lei cita questa frase di Gilles Deleuze. Ma poi fa esattamente il contrario.
Trovo quella frase fantastica. Ha molte letture possibili. Una potrebbe significare che se entriamo nel sogno dell’altro, rischiamo di perdere il nostro. Io, ovviamente, ho disobbedito. Lui dice di non entrare nel sogno di una ragazza ma è esattamente quello che faccio. Entro nella sua testa. È quella sua frase che mi ha permesso di disobbedire e di fare il film. Il cinema stesso è un sogno. Ma da svegli. Spero che quando entriamo in una sala vediamo cose che non abbiamo visto prima, come quando sogniamo. E Coma si muove tra conscio e inconscio.
Il personaggio della youtuber Patrica Coma sembra una sorta di Frankenstein di tutto ciò in cui ci si può imbattere in rete. Ha preso spunto da personaggi reali?
Non conosco bene il mondo degli youtuber. E non sono neanche andato a fare ricerche. Questo personaggio mi ha permesso di avere uno spettro estremamente ampio che poteva passare dal meteo dell’orrore a qualcosa di più filosofico fino ad attraversare qualcosa di molto più umano e fragile. È un personaggio molto completo, al tempo stesso emozionante, terrificante e divertente.
Nonostante tutto, crede che il suo sia un film mosso dalla speranza?
Quando ho iniziato a lavorare con la Fondazione Prada, avevo l’idea che domani sarebbe stato meglio di ieri. La Z, invece, è una generazione cresciuta con l’idea che domani sarebbe stato peggio di ieri, in ogni ambito: la povertà, l’ecologia, la geopolitica, il terrorismo. Sono stati cresciuti nella catastrofe. E dobbiamo risolvere proprio questa idea, questa crisi. I loro sogni sono molto diversi da quelli che avrei potuto avere io alla loro età. Sono sogni molto più concreti. Non c’è l’idea di un mondo in cui tutto è possibile. Allo stesso tempo c’è qualcosa che dà loro una conoscenza che noi non avevamo. Bisogna rinforzare le nostre esperienze, la possibilità del desiderio. È vero che il mondo è fatto di cicli. Anche se prendiamo in considerazione il XX secolo, che è un secolo attraversato da atrocità, dopo l’inverno e la notte, arriva sempre il giorno. Oggi siamo in un’altra dinamica, che può essere più inquietante, con molte più cose sconosciute collegate alla tecnologia, all’intelligenza artificiale e all’ecologia. Vogliamo che la primavera torni, ma non sappiamo quando.
Nel prologo di Coma parla di piccoli gesti affermando che il suo stesso film lo è. Crede che un piccolo gesto, come un film, possa fare la differenza per chi guarda?
In molti, quando è uscito in sala, non hanno visto il mio film precedente, Zombi Child, ma lo hanno recuperato quando è stato acquistato da Netflix. Da quel momento mi capita spesso che dei giovani mi fermino per strada per dirmi quanto il film li abbia fatti pensare e sia importante per loro. Quando lavoro a un progetto non parto con un’ambizione come questa. Ma poi ci sono momenti in cui i film risuonano nelle epoche e con le generazioni. Non c’è nessuno di cinquant’anni che mi abbia detto quanto il film abbia cambiato la sua vita, ma molti giovani me ne hanno parlato. Quindi bisogna continuare a fare dei piccoli gesti e pensare che per alcune persone si tratti di un grande gesto.
Un’ultima domanda. Sua figlia ha visto il film?
Non so se lei l’ha visto. Credo di sì, ma nel caso l’avesse fatto non credo me lo direbbe. È molto pudica (ride, ndr).
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