C’era una volta il futuro migliore. In tempi di destre sovraniste alla conquista della terra. Al dilagare del negazionismo climatico di lotta e di governo. Con attivissime procure del Grande Nord ingaggiate nel trasformare l’omogenitorialità in reato. Nello scenario generale della nuova preistoria dei diritti che cerca continuamente di chiudere un mondo aperto. Ma il mondo aperto dirompe. Nonostante le prudenze croniche di una politica incagliata nella palude del compromesso. Ci pensa la Disney, ancora una volta. E ancora una volta la critica si divide. La notizia: il live action di Biancaneve e i sette nani, in arrivo fra un anno su grande schermo e piattaforme – scritto da Greta Gerwig (la regista del momento, quella di Barbie) – manomette la favola e ne cambia i connotati. Biancaneve non è bianca ma mulatta. I nani non sono nani, ma avventurieri interculturali. Creature magiche, fantasy e multietniche, dalle mille abilità. Anche meno con lo specchio delle brame: ne ha fatti di disastri e rovinate di generazioni. Via pure il principe azzurro, contro disuguaglianze di genere e modelli retrò.
EXCLUSIVE Snow White and the Seven… Politically-Correct Companions? https://t.co/gOantUJDEQ pic.twitter.com/Gn8NpFIEKP
— Daily Mail US (@DailyMail) July 14, 2023
Possiamo accogliere queste anticipazioni – immortalate nello scatto in esclusiva diffuso nelle scorse ore dal Daily Mail – con quel cinismo disilluso che talvolta ci travolge. Abbracciare la nuova moda che declassa ogni azione progressista e inclusiva nel girone del buonismo e del politically correct. Iniziare a porci domande senza senso.
Perché mai scritturare proprio Rachel Zegler? L’attrice e cantante di origini colombiane (ma anche polacche) deve il suo debutto a Steven Spielberg, che la scelse come Maria nel remake di West Side Story. Per il ruolo ha vinto anche il Golden Globe per la miglior attrice in un film o commedia musicale. Non perdetevi il suo video su You Tube mentre canta Shallow, struccata nel bagno di casa, doccia alle spalle, felpone nero e auricolari col filo. Tre milioni e mezzo di visualizzazioni, migliaia di commenti: a star is born.
Quando Dinklage ha alzato la voce
Eppure il talento della ventiduenne non basta a sedare le polemiche da secolo scorso. Iniziate da quando Peter Dinklage ha iniziato ad alzare la voce. Il pluripremiato attore e produttore, persona che ha l’acrondoplasia, una delle forme di nanismo di origine genetica esistenti, è diventato una star grazie al personaggio di Tyron Lanninger de Il Trono di Spade (un Golden Globe e un Emmy) e si è scagliato contro la trama della fiaba del 1937, primo cartone animato di sempre. Basta con la rappresentazione delle persone affette da “nanismo” che le disegna come “minorate” e recluse in una grotta. E la Disney, attenzione, ha raccolto la sfida.
Ora, però, piovono grane. Perché i filologi ricordano che si tratta di manipolare la trama originale nientedimeno che dei fratelli Grimm. Prima edizione originale, 1812. E tanto di cappello e non sia mai. Però che bel soffio d’aria fresca in questi bollenti giorni d’estate sapere che tutto, a volerlo, si può fare. Questo abbraccio sempre potente tra innovazione culturale e innovazione sociale, che provoca un dibattito vivo e dolente, compito irrinunciabile di ogni atto artistico davvero compiuto.
Biancaneve e la parola diversity
Perché sotto la parola diversity, che vuol dire cultura delle differenze e inclusione delle minoranze, non c’è favola. E si apre una botola che porta dall’aria alla terra. Pulsa la vita reale delle persone sotto questo dibattito lanciato da un artista con disabilità, che coinvolge un’artista giovane, donna e per niente bianca e che disegna scelte nuove nella più grande impresa dell’immaginario di sempre. Una vita che chiede rispetto, solidarietà e corretta rappresentazione.
Anche nel prodotto culturale mainstream, whatever it takes.
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