“Oh, anche io adoro la colonna sonora del film!”. Celine Song, regista di Past Lives – presentato nella sezione Best Of della Festa del Cinema di Roma e dal 14 febbraio in sala con Lucky Red – è un concentrato di gentilezza ed entusiasmo. Dallo scorso gennaio, quando il suo debutto al lungometraggio è stato presentato al Sundance per poi passare alla Berlinale, la regista 35enne (di origini coreane) non ha mai smesso di accompagnare il film in giro per il mondo. E a giudicare dalla generosità con la quale ne parla non sembra aver perso un briciolo di passione nel condividere il suo lavoro.
Prodotto da A24 – “Hanno creduto nella mia visione e credo che questo sia ciò che l’ha reso così meraviglioso” – Past Lives racconta una storia dalle sfumature autobiografiche. Quella di Nora (Greta Lee) e Hae Sung (Teo Yoo), due amici d’infanzia profondamente legati che si separano quando la famiglia di lei dalla Corea del Sud emigra in Canada. Due decenni dopo si ritrovano a New York, dove vivono una settimana cruciale in cui si confrontano sul destino, l’amore e le scelte che segnano il corso della vita. Soprattutto la loro, in un dialogo continuo in cui si mettono a nudo l’uno con l’altra per capire quale sia la natura di quel sentimento – in buona parte virtuale – che li ha tenuti legati per anni in una sorta di sospensione sentimentale. Un film osannato – a ragione – dalla critica e amato dal pubblico che, senza ombra di dubbio, vedremo tra i titoli candidati agli Oscar 2024.
Il suo film è speculare: Nora a New York, Hae Sung a Seoul. Come ha lavorato a questa doppia conversazione tra persone e città?
Volevo più di ogni altra cosa che sentissimo di essere innamorati e avere nostalgia di entrambe le città, New York e Seoul. E così ho immaginato di muovere la macchina da presa: volevo che il film fosse visto attraverso lo sguardo di qualcuno che vive lì e ama quel luogo. È stata una parte fondamentale del lavoro. Un altro aspetto sul quale abbiamo lavorato è il suono delle città. Abbiamo mandato una troupe a Seoul, per catturarne il suono.
C’è una scena in cui la madre di Nora dice che quando si lascia qualcosa, si guadagna anche qualcosa. Lei cosa ha guadagnato e cosa ha perso quando si è trasferita dalla Corea al Canada?
Molte cose. Si vivono una cultura e una lingua totalmente diverse. E le implicazioni di questo cambiamento non le conosciamo a fondo. Ma l’esperienza è diversa per ogni immigrato. Posso solo parlare di come è stato per me o per Nora. Alcune persone lasciano qualcosa di molto più grande, e di molto più piccolo. Non intendo parlare per tutti gli immigrati ma credo che per Nora, ad esempio, sia come se avesse lasciato la sua casa d’infanzia e provasse ancora un sentimento di appartenenza per quel luogo.
Crede che un film come il suo, con due protagonisti coreani che parlano prevalentemente nella loro lingua madre, sarebbe potuto essere prodotto dieci anni fa?
È il mio primo film. Sono appena arrivata nel settore (ride, ndr). Non posso parlare di come fosse prima il mercato degli Stati Uniti. Ma ho notato che, soprattutto dopo Parasite e il Covid, grazie ai sottotitoli, tutto sia molto più aperto. Forse in Europa i sottotitoli fanno parte dell’esperienza cinematografica. Ma negli Stati Uniti sono sempre stati visti con una certa preoccupazione. Ora è più facile vedere film in lingue straniere. E anche realizzarli.
Come ha influenzato il film il suo background teatrale?
È stato come se tutte le mie abilità da artista teatrale fossero state trasferite al cinema. Avere quel background teatrale è ciò che mi ha resa la regista che sono oggi. Ho molta fiducia nella pazienza del pubblico. So che può stare in silenzio e assistere a una conversazione in silenzio. Conosco il potere di un dialogo. Credo che il teatro mi abbia insegnato questo. Le persone amano sentirsi coinvolte in una bella storia.
Come ha reagito il pubblico, dalla presentazione del suo film al Sundance a oggi?
Ci sono state reazioni molto profonde. Spesso le persone mi parlano della loro vita privata, dei loro fidanzatini d’infanzia, degli amori giovanili, dei loro legami. Il pubblico si lascia coinvolgere, vuole che gli entri sotto pelle, che diventi parte della loro vita. Non vorrei che le persone lasciassero la sala provando le stesse sensazioni. Mi piacerebbe che sentissero che il film parla di ognuno di loro.
Cioè?
Se hanno 16 anni guarderanno il film in un certo modo. Un’adolescente mi ha detto: “Non sono mai stata innamorata. Questo film mi ha fatto venire voglia di esserlo”. E poi, naturalmente, un sessantenne, che nel corso della vita è stato innamorato più volte, nel vederlo si ricorderà di esperienze passate. Penso dipenda dal momento in cui ci si trova nella propria vita e nella propria relazione. C’è chi mi dice che il film gli ha fatto venire voglia di tornare a casa dal proprio partner, dirgli che lo ama e ringraziarlo. Altri, invece, che Past Lives gli ha fatto capire di essere in una relazione sbagliata (ride, ndr). Tra i single c’è chi mi ha confessato che alla fine del film aveva voglia di prendere un aereo per raggiungere un vecchio amore o che la visione gli ha fatto dimenticare il proprio ex.
In Past Lives racconta una relazione ai tempi del digitale, tra Skype, Facebook e smartphone. Questo in che modo ha influenzato la sua regia?
Raccontando una storia d’amore moderna ho sentito che inserire la tecnologia fosse un passo naturale. Doveva farne parte perché è parte della nostra vita. La cosa più difficile è stata provare a mostrare il modo in cui ci tocca davvero, senza che fosse solo un’idea sterile. Volevo mostrare come una persona interagisce con la tecnologia. Per esempio nelle sequenze su Skype volevo che si sentisse la frustrazione, che il suono fosse ritardato e il video si bloccasse. È uno dei motivi che porta i due protagonisti ad allontanarsi.
È molto interessante come ritrae Arthur, il marito di Nora. Quanto era importante per lei che il pubblico potesse empatizzare e identificarsi con tutti e tre i personaggi?
Credo che la verità sia che quando Arthur entra nel film, io non mi aspetto che il pubblico sia felice di vederlo (ride, ndr). Questo perché conoscono prima Nora e Hae Sung e il loro legame. Quando entra un terzo personaggio è come se una parte di te dicesse: “Oh no! Per favore non interferire” (ride, ndr). Questo ha fatto sì che fosse più importante che mai che Arthur fosse rappresentato con empatia, e che fosse chiaro che ama Nora. Sarebbe stato troppo facile se fosse stato un idiota.
Ma la verità è che la ama e lei ama lui. È una persona meravigliosa che la sostiene. Volevo rappresentare la mascolinità in questo modo. Spesso se ne parla in termini possessivi e aggressivi. Mi piace quando un uomo è capace di dire: “Metterò il mio io da parte, ciò di cui ho bisogno, per poter essere presente per te”. Resistenza e pazienza.
Il film ha ottenuto consensi immediati. Si sente sotto pressione?
Tutta la pressione l’ho avvertita sul set e in sala di montaggio. Quella della promozione in confronto non è nulla rispetto all’idea di dover fare il miglior film possibile rispetto alle mie capacità (ride, ndr).
Com’è stato lavorare con A24? Che tipo di sostegno ha ricevuto?
Quella del film è la director’s cut. Sono stata trattata come un’autrice con molti anni di esperienza alle spalle. Anche se Past Lives è il mio primo film. Hanno creduto nella mia visione e credo che questo sia ciò che l’ha reso così meraviglioso. Il film che vedete è esattamente il film che volevo vedeste.
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