Best Holiday Ever. La miglior vacanza di sempre. O almeno questo è quello che tre amiche inglesi, Tara (una sorprendente Mia McKenna-Bruce), Em (Enva Lewis) e Skype (Lara Peake) continuano a urlare a squarciagola mentre si tuffano all’alba nell’acqua gelida che bagna le coste di Malia, in Grecia, o mentre saltano sul letto della stanza affittata per il loro primo viaggio da “adulte”. Molly Manning Walker nel suo debutto alla regia in How To Have Sex – film di apertura di Alice nella città vincitore di Un Certain Regard a Cannes 2023, in sala a inizio 2024 con Teodora e poi in esclusiva digitale su Mubi – mette in scena la sua versione dello spring-break. Ma lo fa infondendo alla pellicola sfumature horror e inquietanti che vengono a galla man mano che il racconto avanza.
Tara, sedicenne all’apparenza sfrontata, ha un obiettivo categorico: perdere la verginità. E quale posto migliore se non un party ininterrotto in ogni angolo della città pieno di adolescenti con gli ormoni in subbuglio, discoteche economiche e alcool a fiumi. Un mix perfetto. O letale. Dipende dai punti di vista. Sbronze e postumi senza fine in un circolo infinito che si ripete identico. Notti frenetiche e giornate lente, tra mezzo panino mangiato prima di uscire di nuovo e dormite più simili a svenimenti collettivi.
How To Have Sex: immagini vivide e ombre
Vestiti striminziti che dell’immaginazione se ne beffano e trucco eccessivo sono la divisa che le tre amiche indossano per riconoscersi e farsi riconoscere dagli altri ragazzi in una sorta di campo di battaglia dove la posta in gioco è il sesso. Ossessione e argomento di ogni conversazione. Molly Manning Walker gestisce il ritmo del racconto con una precisione invidiabile per un esordio (così come il suono dalla forte valenza narrativa che si fa sempre più ovattato per evidenziare lo stato d’animo della protagonista).
Quello di Manning Walker è un film sensoriale. Il caldo, il sudore, gli odori. È tutto palpabile. Il suo passato di direttrice della fotografia è un asso nella manica che la regista – ispirata per la storia da un’esperienza personale – sfodera dal primo minuto. Albe e tramonti color zucchero filato, colori sgargianti, immagini vivide e pop. E poi il buio e le ombre che prendono sempre più spazio sullo schermo e nel cuore della protagonista.
Un film sul consenso e i suoi contorni sfumati
L’evento che cambia tutto è l’incontro sulla spiaggia di Mia con un ragazzo. Quello per cui lei era (o credeva di essere) lì ma che, nella realtà dei fatti, si trasforma in una manciata di minuti infiniti, pietrificanti, che alle urla divertite dell’inizio lasciano spazio al silenzio. Perché Mia non sa come definire quello che è successo né gestire quelle emozioni fatte di dolore, incredulità e vergogna. How To Have Sex è un film che mette a disagio. E lo fa perché porta in scena avvenimenti che rievocano esperienze non necessariamente identiche a quelle vissute dalla protagonista, ma situazioni o sensazioni che ogni ragazza ha vissuto e provato.
Quello di Molly Manning Walker è un film che parla di consenso e dei suoi contorni sfumati. Un film importante che arriva in un momento storico in cui la consapevolezza femminile prende sempre più forma e voce ma in cui, allo stesso tempo, le forme di violenza subite si moltiplicano. Quella della pressione sessuale (maschile e femminile) esercitata dalla società è una realtà che si perde nella notte dei tempi.
Manning Walker costruisce attorno a questo tema un racconto tristemente autentico. How To Have Sex si inserisce in un discorso collettivo che riguarda tutti. Sia chi non è più adolescente ma che nelle dinamiche vissute da Mia e le sue amiche si riconoscerà, sia i coetanei della protagonista. Una riflessione sulle prime esperienze sessuali. Su quello che sono e non dovrebbero (mai) essere. Un film spietatamente illuminante.
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