Tutti conoscono la storia de I tre moschettieri. Anzi, quattro, visto che a loro si aggiunge presto il giovane D’Artagnan. Una storia di onore e fratellanza nella Francia seicentesca degli intrighi politici e delle guerre di religione. Nel 1844, Alexandre Dumas pubblicò le prime avventure degli intrepidi moschettieri del Re e già nel 1903 Georges Méliès realizzò il suo primo adattamento. Da allora, variazioni, trasposizioni, reinterpretazioni e altre parodie dalla Francia a Hollywood, dall’Italia al Messico. Centodieci anni dopo il film di Méliès, il cinema francese, un po’ per riappropriazione culturale, un po’ per riportare al centro della scena il genere “cappa e spada”, ha sfoderato il più ambizioso progetto mai prodotto in Francia per riportare in vita i moschettieri. Settantadue milioni di euro iniettati in un kolossal in due parti (magari tre, se il successo c’è). E un cast di grandi nomi per la regia di Martin Bourboulon (Papa o Maman, Eiffel). François Civil, Vincent Cassel, Romain Duris, Pio Marmaï, Louis Garrel, Eva Green, Lyna Koudhri, Vicky Crieps, Patrick Mille.
Ne avevamo bisogno? No. Ma la lente della necessità non è la più adatta per guardare a queste operazioni. Se il film non aggiunge nulla all’immaginario dei moschettieri, non ha assi nella manica in questa rilettura, anzi rimane in alcuni momenti impantanato nelle trame di Dumas e in qualche lentezza, raccoglie con successo gli elementi del grande intrattenimento, cast compreso. Fin dai primi minuti riprese col drone e una miriade di comparse in costume mostrano tutti i fasti della produzione aprendo a un universo oscuro, romantico e affascinante.
La trama de I tre moschettieri – D’Artagnan
Martin Bourboulon ha dichiarato di voler fare un film tra “il thriller e il royal western”. Da questo punto di vista il progetto è riuscito. Le cavalcate nel cuore della notte, i duelli, i costumi. Il tono è chiaro dall’inizio: D’Artagnan riceve un colpo ritenuto fatale, viene seppellito e poi ritorna dall’oltretomba. La premessa perfetta per la figura eroica. Anche la musica fa la sua parte, con le composizioni di Guillaume Roussel (che ha lavorato a Pirati dei Caraibi: oltre i confini del mare e The Spy di Netflix) che accompagnano, anzi esasperano, il carattere epico dell’avventura. Coraggio, amicizia, amore, vendetta, onore. Temi senza tempo, che trasportano lo spettatore nell’atmosfera del seicento.
Come nel romanzo di Dumas, nel 1627, D’Artagnan (François Civil), un povero gentiluomo, arriva a Parigi con l’obiettivo di entrare nel corpo dei moschettieri. Fa amicizia con Athos (Vincent Cassel), Porthos (Pio Marmaï) e Aramis (Romain Duris), i moschettieri di Luigi XIII (Louis Garrel), che, ciascuno per motivi diversi, lo sfidano a duello. Ma si uniranno e diventeranno quattro per contrastare il primo ministro, il cardinale Richelieu, e i suoi agenti, tra cui la misteriosa Milady de Winter (Eva Green), per salvare l’onore della regina di Francia, Anna d’Austria (Vicky Krieps) ma anche per salvare Athos accusato di un crimine che non ha commesso. Il giovane D’Artagnan si innamora di Constance Bonacieux (Lyna Khoudri), fedele ancella della regina. Come indica il titolo, questa prima parte del dittico ruota attorno al personaggio di D’Artagnan, a come diventa un eroe, che cerca di conquistare l’amore tanto quanto il suo status di moschettiere. La seconda parte è dedicata invece a Milady.
Il cast, i personaggi e i dialoghi di Dumas
Senza un cast impeccabile il film sarebbe riuscito a metà. Colpisce Lyna Khoudri nei panni della dolce e coraggiosa Constance, ma anche Vicky Krieps in quelli della regina, dopo essere stata l’indimenticabile imperatrice Sissi ribelle, tenebrosa ed eccentrica ne Il corsetto dell’imperatrice di Marie Kreutzer. Eva Green è l’affascinante, misteriosa, manipolatrice Milady de Winter, diabolica come dovrebbe essere. François Civil conferisce al suo personaggio D’Artagnan l’insolenza, il candore, la malizia e l’audacia dell’eroe il cui viaggio iniziatico lo trasforma in un avventuriero spericolato. Pio Marmaï ha la battuta dell’edonista Porthos. Cassel altezzoso è perfetto nel ruolo dell’aristocratico Athos. Romain Duris si inserisce nel ruolo di Aramis, intriso di contraddizioni, seduttore e devoto. I ruoli secondari sono scelti con altrettanto giudizio: Eric Ruf nel ruolo del Cardinale de Richelieu, Oliver Jackson-Cohen nel ruolo del Duca di Birmingham, Alexis Michalik nel ruolo di Villeneuve de Radis, Marc Barbé nel ruolo del Capitano de Treville.
Bourboulon firma una messa in scena vivace, né didascalica, né isterica e il cast sembra divertirsi a interpretare i propri ruoli. Il risultato è un film divertente che non sorprende ma nemmeno delude. Grazie anche a qualche trovata extra, come l’intermittente ricorso ai dialoghi originali di Dumas.
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