Da Monsters (2010), cinema indipendente “di guerriglia” con troupe ridottissima, al blockbuster Rogue One: A Star Wars Story (2016): Gareth Edwards ha realizzato film ai due estremi dello spettro del budget. Il suo ultimo titolo, The Creator, è un suo coraggioso tentativo di trovare un punto di equilibrio.
Nel corso della carriera, Edwards ha imparato a ridurre al minimo la dipendenza da effetti speciali digitali per le sue opere di fantascienza, a partire dalla scelta di location affascinanti e avvincenti di per sé. È riuscito a combinare budget milionari con le tecniche di guerrilla filmmaking del suo esordio alla regia. E crede che il suo sia un modello esportabile a molti altri film appartenenti al genere.
Sono passati circa sette anni dall’uscita del suo ultimo film. Si può dire che ha recuperato il tempo perduto con la responsabilità che si è assunto con The Creator?
Non volevo che passassero sette anni. Pensavo di fare una pausa, scrivere una sceneggiatura o avere un’idea e poi portarla a una casa di produzione. Loro avrebbero detto: “Fantastico!” e poi saremmo partiti. Ma mi sono ritrovato in un’epoca in cui non c’è più tanto appetito per i blockbuster di fantascienza originali, quindi c’è voluto molto tempo per far decollare il film. Volevo avere un po’ di controllo sul processo. Si trattava di cercare di convincere uno studio ad accettare l’approccio folle che volevo adottare. The Creator si rifà a Monsters, il mio esordio girato con pochissimi soldi e una scrittura a ritroso, partendo dalla scelta delle location. Volevo fare lo stesso con un budget hollywoodiano.
The Creator è la versione definitiva del suo cinema sci-fi?
Spero sia così, sarebbe l’obiettivo. Di solito si progetta, si scrive e si concepisce l’intero film, poi si cerca di realizzarlo. È come se si dipingesse un bersaglio sul muro e si cercasse di centrarlo con arco e freccia. E spesso lo si manca. Ho sempre pensato che il modo migliore per fare un film sia quello di scoccare la freccia e, nel punto in cui colpisce, avvicinarsi al muro e dipingere un bersaglio proprio intorno alla punta. In questo modo si fa bella figura. Si dà l’impressione di aver ottenuto esattamente ciò che si intendeva fare. The Creator ha avuto un approccio di questo tipo.
Siamo andati in otto diversi Paesi del mondo. Abbiamo percorso 10 mila miglia, siamo andati sull’Himalaya, sui vulcani indonesiani, nei villaggi galleggianti della Thailandia. Abbiamo girato tutte queste scene diverse del film e poi, in post-produzione, ho raccolto le immagini e le ho date ai designer. A metà del montaggio abbiamo iniziato a progettare il mondo ed è stato molto più efficiente. Non abbiamo fatto nulla al di fuori dell’inquadratura. Tutto è al cento per cento sullo schermo e non abbiamo costruito set o cose che non sono apparse nel film. Per ogni scena volevo andare in un luogo del mondo reale. Lo trovo un metodo più creativo, più facile e più economico di girare.
Dopo aver diretto Rogue One, quanto è stato difficile evitare riferimenti a Star Wars in un film di fantascienza originale?
Anche se non avessi fatto un film di Star Wars, probabilmente, The Creator avrebbe avuto un aspetto simile. Citare Star Wars è come parlare la tua madrelingua. Cerco di eliminarlo dai film che faccio, ma è una tale fonte di ispirazione, e ci sono così tante idee che influenzano il design dei film sci-fi, che è difficile evitarlo del tutto. In un certo senso, quindi, lo usiamo come trampolino di lancio. Sono un modo veloce per far capire al pubblico qualcosa di già familiare. E poi, se tutto va bene, prendiamo una direzione diversa.
The Creator alla fine ci mette nella posizione di simpatizzare con l’IA. Ma questa tecnologia, nel film, rappresenta davvero chiunque sia stato emarginato o oppresso?
Ho iniziato a scrivere il testo nel 2018, quando l’IA era un sogno lontano, come le auto volanti e tutto il resto. Quindi, sì, è assolutamente una metafora o un’allegoria per le persone diverse da noi. Questa era l’intenzione. Ma le cose sono cambiate molto rapidamente e ci sono domande filosofiche molto affascinanti che emergono quando si ha a che fare con l’IA. Ora, nel 2023, è un tema molto, molto attuale. È buffo perché a Bangkok abbiamo girato delle scene di persone che protestavano contro l’IA; mi sono sentito un po’ in imbarazzo. Pensavo: “La gente non lo farà davvero”. Poi, mentre stavamo ultimando il film e facendo tutte le operazioni di post-produzione e di audio, siamo passati anche davanti agli Studios mentre tutti erano in sciopero. È stato surreale.
Durante la post-produzione era preoccupato che le persone si sarebbero chiuse nei confronti dei suoi simulanti?
No, anzi, volevo che il pubblico fosse anti-IA all’inizio. Nei primi minuti lavoriamo molto per creare una situazione simile. Quindi, che la gente arrivi con questo atteggiamento è una cosa buona, penso che aiuti il film. Il bello della narrazione è che si possono mostrare le cose da altre prospettive, cercando di ottenere una versione più veritiera possibile. Ho usato l’intelligenza artificiale come la versione più estrema di qualcosa di diverso.
Tutti sono rimasti affascinati dal costo di questo film. È un approccio che potrebbe davvero essere applicato in altre opere?
Penso che si potrebbe fare un tentativo. La realtà è che la parte più costosa di questi film sono gli effetti speciali (Vfx). E se si parla di Star Wars forse anche i costumi. I budget per i Vfx raggiungono sempre una cifra alta, si può essere furbi, ma c’è un limite. Quello che abbiamo fatto noi è stato cercate di trovare la cosa più simile a ciò che ci serviva nel mondo reale e usarla. Se la troupe è abbastanza piccola, è più economico volare ovunque nel globo rispetto al costruire un set. E mentre giravamo dicevo sempre: “Non pensate a questo film come a un blockbuster hollywoodiano da quattro soldi. Pensate più al film indie più costoso del mondo, all’improvviso potrete fare qualsiasi cosa”. Così ci siamo assicurati di mantenere questa mentalità, perché si viene sempre trascinati verso il modo predefinito di fare un film, mentre si passa tutto il tempo a combatterlo e a cercare di fare le cose in modo diverso.
Per favore, non ci faccia aspettare altri sette anni per il suo prossimo film.
Ci proverò. Forse saranno sei anni e mezzo.
Traduzione di Pietro Cecioni
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