Non ne scampa nessuno: né famosi archeologi, né geni dell’automobilismo, né tanto meno i grandi autori, da festival (oppure no). Persino i sogni possono essere presi d’attacco. O, più semplicemente, lasciarci insoddisfatti. Tra cinema commerciale e titoli che stanno creando fazioni, la redazione di The Hollywood Reporter Roma seleziona le delusioni del 2023. Attenzione, non i film peggiori. Solamente quelli da cui avremmo voluto “di più”.
Le delusioni cinematografiche del 2023
Asteroid City di Wes Anderson (Viola Baldi)
Inquadrature perfette, carrelli geometrici e colori pastello, un cast (come sempre) stellato che traina le redini del film e una regia impeccabile. Eppure l’ultima creazione di Wes Anderson, Asteroid City, risulta ridondante sotto vari aspetti. L’impressione, ora più che mai, è che lo stile unico che ha reso Anderson noto ai più sia diventato la sua stessa condanna, al punto da rendere secondari trama e contenuto delle storie che tenta di raccontare.
Wish di Chris Buck e Fawn Veerasunthorn (Martina Barone)
Non tutti i sogni son desideri, ed è proprio un film della Disney a insegnarcelo. Lo stesso che, più di tutti, vorrebbe dirci il contrario. Wish è il 62esimo classico dell’era di Topolino e il titolo che ne omaggia l’anniversario dei 100 anni. Certo che però il passo da “celebrazione delle proprie radici” a “prendiamo il nostro bagaglio glorioso e speriamo che io me la cavo” è veramente breve. Come il tempo in cui la pellicola rimane nella memoria. Praticamente un’opera animata per ricordarci quanto erano belli gli altri, di film, quelli che la Disney l’hanno fatta.
Napoleon di Ridley Scott (Roberto Brunelli)
Povero Napoleone, ridotto ad essere un personaggio ridicolo di un’astrusa tragedia buffa: indeciso tra kolossal guerresco e satira sociale, reazionario nel raccontare la Rivoluzione ad una sola dimensione (quella abominevole), rozzo nella ricostruzione storica, con Napoleon il buon Ridley Scott decreta la propria Waterloo. Et voilà!
Indiana Jones e il quadrante del destino di James Mangold (Damiano D’Agostino)
Le aspettative non erano molto alte, ma il quinto capitolo di Indiana Jones riesce persino a risultare una delle delusioni del 2023. Come per Il regno del teschio di cristallo, anche Il quadrante del destino tenta un passaggio di testimone che semplicemente non funziona, perché i nuovi volti (prima Shia LaBeouf e ora Phoebe Waller-Bridge), che dovrebbero raccogliere il fedora dell’archeologo più famoso al mondo, si ritrovano per essere sempre troppo subordinati a un anziano – ma sempre arzillo – Harrison Ford. Il Sacro Graal? La computer grafica e la tecnologia deepfake. Ora Indiana Jones si può anche ringiovanire, quando – e si vede – vorrebbe solo godersi la pensione. Questo fedora, probabilmente, non verrà mai raccolto da nessun altro.
Il mondo dietro di te di Sam Esmail (Pino Gagliardi)
Delude l’adattamento cinematografico del best sellers del 2020 di Rumaan Alam. Il film Il mondo dietro di te rende più razzista Amanda (Julia Roberts) con dialoghi in alcuni punti inutilmente pesanti. Il personaggio di Ruth (Myha’la Herrold) è diventato la figlia di George (Mahershala Ali) anziché sua moglie. Il finale scelto dal regista Sam Esmail diventa più ambiguo e quasi umoristico rendendo il tutto più ironico rispetto al libro (nonché una delle delusioni del 2023).
La sirenetta di Rob Marshall (Livia Paccarié)
Più alta è l’aspettativa, più cocente è la delusione. La Disney ha avuto 34 anni per pensare a come aggiornare La Sirenetta per le nuove generazioni di spettatori. Il che fa dire che il nuovo live action – cupo, troppo lungo, poco illuminato e ancora piuttosto sessista – è sconcertante.
Ferrari di Michael Mann (Manuela Sattacatterina)
Michael Mann prende una delle figure più importanti del Novecento italiano e ci costruisce attorno un biopic (troppo) classico che si muove su un rettilineo sicuro senza azzardare mai accelerate o sorpassi. Ferrari è un film in perenne seconda dove non ci sono curve. E dove nemmeno ad Adam Driver riesce l’incantesimo: quello di farci credere di essere il mago del Cavallino.
Saltburn di Emerald Fennell (Boris Sollazzo)
Pare sia diventata una battaglia femminista difendere un film scopiazzato e presuntuoso, irritante e grottesco. Il meglio lo dà nell’umorismo involontario. Spiace deludervi, ma l’Oscar a Emerald Fennell per Una donna promettente, è meritato, anzi sacrosanto, come la messe di Razzie che dovrà raccogliere con Saltburn. Quello era un film geniale e riuscito, quanto questo un’opera brutalmente pacchiana.
Ant-Man and the Wasp: Quantumania di Peyton Reed (Valeria Verbaro)
Avrebbe dovuto rivoluzionare il Marvel Cinematic Universe, Ant-Man and the Wasp: Quantumania (di Peyton Reed), con la rappresentazione fisica del multiverso da poco aperto nella narrazione degli Studios. Si è rivelato però un caotico tentativo di giocare con le leggi dello spazio e del tempo, non incomprensibile, ma nemmeno abbastanza divertente. Unico punto davvero a favore era il talento di Jonathan Majors che, ormai è certo, non tornerà più in casa Marvel.
Gli Oscar (Fabio Ferzetti)
La delusione del 2023 non è un film ma un’istituzione: gli Oscar. Un tempo prestigiosi o comunque specchio di mentalità, mercato, rapporti di potere, gli Oscar “inclusivi” di quest’anno brillavano per insulsaggine e conformismo. A partire dal trionfatore Everything, Everywhere etc, un rancido fritto misto spacciato per incursione nel multiverso (aveva già fatto tutto molto meglio e senza pretese il John Landis di Ridere per ridere e Donne amazzoni sulla Luna, 1977 e 1987). Se gli Academy Awards “riformati” servono a premiare film come questi (penso anche al modesto The Whale), ignorando bazzecole come Tár, The Fabelmans, Gli spiriti dell’isola, Triangle of Sadness, il problema è serio. Lo prova anche la complice indifferenza con cui furono accolti. Evidentemente il cinema ormai conta meno degli ultimi trend, scusate la parolaccia. Speriamo che il 2024 segni una nuova rotta.
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