“I love David Fincher”. Dai pugni che sgancia PJ/Rachel Sennott possiamo immaginarlo bene. Bottoms, tra i titoli di Prime Video, ma prodotto da Orion Pictures e Brownstone Productions (impossibile non citare anche la Elizabeth Banks di Cocainorso), è Fight Club che incontra La rivincita delle sfigate, l’esordio esaltante di Olivia Wilde del 2019. Sono gli schiaffi, le mazzate e le ginocchiate nei genitali dei ring in cui “la prima regola è che non ci sono regole”, a cui si alternano cerchi dell’amicizia in cui conoscersi e conoscere le altre e scoprire che sì, esatto, tutte quante almeno una volta sono state molestate.
Bottoms è il secondo film di Emma Seligman, che sceglie nuovamente Sennott come protagonista dopo il folgorante debutto Shiva Baby – distribuito da Mubi e che di Mubi ha l’aria più cinefilina e indipendente – e da cui si lascia affiancare anche per la sceneggiatura. A cui si aggiunge, in un duo che suonava già benissimo, anche la voce di una stella in ascesa, che dopo The Bear ci ha fatto venire voglia di sapere quale altro piatto gourmet è pronta ad offrici. Ayo Edebiri è Josie, migliore amica di PJ, entrambe queer e innamorate delle più belle della scuola, come a qualsiasi adolescente cinematografico, maschio, è capitato nel corso dei più famosi e sgangherati coming of age. Ma mai, sgangherato, come sa esserlo Bottoms.
Il film di Seligman opera un ribaltamento dell’idea classica di teen movie. Una pellicola che manda a quel paese i canoni della commedia sofisticata per mascherare con demenzialità la bandiera del femminismo (“o di come mai tutti i presidenti erano uomini e dovrebbero rimanere tali”), dei diritti e dimostrare come otto stagioni di Entourage hanno rovinato una generazione (serie ritenuta maschilista dai più, figlia del suo tempo da altri, con 26 nomination agli Emmy Awards, 14 ai Golden Globe e 6 agli Screen Actors Guild Awards).
Bottoms è la “stupida commedia americana” della nostra generazione
Bottoms è il Non è un’altra stupida commedia americana della nostra epoca, ancora più intelligente del film del 2001, che voleva solo prendere in giro le produzioni commerciali delle Rom-com & co di stampo statunitense – ma in quel “solo” c’era comunque un mondo. Stessa cosa che fa Bottoms. A cui aggiunge la questione di genere, le ipocrisie che durante l’adolescenza si annullano del tutto (così come gli ideali) pur di conquistare la ragazza dei sogni, e i cui personaggi maschili sono forti, assurdi e virili tanto quanto quelli di But I’m a Cheerleader, da cui Seligman e Sennott rubano a piene mani.
Le sceneggiatrici, a cui si aggiunge il talento di Edebiri, sono le tipiche hit girl che stanno trasformando quel “hit” in “weird”. Che vestono dai mercatini vintage, che partecipano alle serate Teenage Dream (con colonna sonora selezionata tra i brani di Taylor Swift e High School Musical) e che tengono e/o partecipano a venerdì sera transfemministi prima di andare a ballare sulla dancefloor, ma solo dopo aver preso la tisana delle cinque. Sono le ragazze che piacciono a tutte e che possono dare fastidio a tanti, che fanno il cinema più sagace che si possa trovare in circolazione e che, per questo, è facile da odiare. O renderle delle icone, come ai tempi Tina Fey con Mean Girls nel 2004.
Il miglior uso di Complicated di Avril Lavigne della storia e il secondo di Total Eclipse of the Heart di Bonnie Tyler dopo la cover di Glee. Bottoms sono le nuove generazioni che creano nuovo cinema. Disilluse e irriverenti, pronte a fare la rivoluzione (utilizzo di spade compreso).
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