Una giovane donna stravolta, coperta di sangue, che espone il suo corpo allo sguardo dello spettatore. Il poster di Piggy è un manifesto etico ed estetico, prima che un veicolo pubblicitario. È anche uno spoiler notevole, ma ve ne accorgerete, come e quanto, a opera conclusa, quindi non vi arrabbiate.
Quell’immagine è però e soprattutto una dichiarazione di consapevolezza cinematografica e narrativa clamorosa, un’affermazione identitaria, soprattutto se si pensa che il film nasce da un cortometraggio pluripremiato (Goya compreso), diretto dalla stessa regista, Carlotta Pereda, e interpretato dalla stessa protagonista, Laura Galán, .
Piggy, la trama
Sara, la ragazza del manifesto, è una grande obesa e la figlia del macellaio del paese. Per questo viene resa oggetto di un implacabile bullismo – da cui l’insopportabile soprannome Piggy – da parte delle tre ragazze più popolari della sua cittadina. In seguito all’atto più vile di queste ultime ai suoi danni, diffuso sui social, vengono rapite. Lei è l’unica testimone oculare dell’evento. Deve decidere se fare la cosa giusta. E nel frattempo noi, davanti allo schermo, ci chiediamo quale sia: aiutare le sue carnefici o diventare complice di un carnefice?
Piggy, la recensione
In questo conflitto, neanche troppo interiore e tutto al femminile c’è la chiave di un film che nella sua semplicità è geniale. Qui l’uomo è puro strumento, oggetto, le donne sono invece il termometro emotivo e della tensione che attraversa una comunità corrotta dalle miserie quotidiane. Madri incapaci di amare e ancora di più di insegnare ad amare che persino nel momento più doloroso, continuano a girare attorno al proprio ombelico, figlie che combattono battaglie infami e senza gli strumenti per capire le armi affilate che tengono tra le mani, un maschio che potrebbe apparire gentile ma che, come sempre, è solo un immaturo incapace di amare senza possedere, ricattare, salvare (che a volte, se non sempre, è una forma raffinata e manipolatoria di ricatto morale).
Piggy
Cast: Laura Galán, Richard Holmes, Carmen Machi, Irene Ferreiro, Camille Aguilar, Claudia Salas, Pilar Castro, José Pastor, Fernando Delgado-Hierro, Julián Varcácel, Amets Otxoa, Chema Del Barco, Fred Tatien, Stéphnie Magnin, Malena Gutiérrez, Calero, Jarfaiter, José Luis Cantòn, Lía Lois, Mabel del Pozo, José Vicente Moirón, Marta Carmona, Eva García-Vacas, Pedro García, Luz Herman Herrera, José Gabriel Campos
Regista: Carlotta Pereda
Sceneggiatori: Carlotta Pereda
Durata: 100 minuti
Carlotta Pereda, burattinaia sensibile e cinica, muove queste pedone e il re con maestria, in un’opera che rischia di essere spesso ideologica ma che ha la capacità di evitarlo regolarmente, capace com’è di prendere su di sé le nostre contraddizioni. Grazie a una scrittura serrata e senza fronzoli, che percorre la nostra rabbia, le nostre frustrazioni e i nostri pregiudizi con crudezza e ironica ferocia, ma soprattutto per merito di una protagonista coraggiosissima che quel corpo bistrattato lo espone fiera, senza esitazioni, senza proteggersi, con un’affermazione di identità che sembra accomunare lei stessa con il suo personaggio.
Laura Galán, un fenomeno
Laura Galán è un’attrice di un talento smisurato – l’unico pericolo è che quel corpo diventi la prigione di vari personaggi simili, ma che lo diventi soprattutto quella capacità di mettersi furiosamente e dolorosamente a nudo – che doma il film, le sue inversioni a U, le contaminazioni continue con muscolare bravura. Così come fa la regista e sceneggiatrice Carlotta Pereda, che innesta il bullismo in un’estetica horror, mescolandoli in un thriller con tanto di serial killer che nella sua banalità – ha bisogno di affetto, sa vedere oltre, ma è pure irriducibilmente fesso – impone al film il coraggio di una protagonista che affronta, rigorosamente con le adorate berrette e merendine al cioccolato, una decisione affascinante nel suo essere infame (da una parte c’è la cosa giusta da fare, dall’altra l’unica che prenderemmo tutti noi).
La grande forza del racconto e del suo calvario sta nel fatto che Laura, Sara, Piggy, la Cerdita lo affrontano esattamente alla maniera in cui si pongono in scena: senza proteggersi, senza obbedire al politicamente corretto ma anche al subdolamente accettato. Sara, Laura corre in bikini per un quarto d’ora nel film, la macchina da presa non perde di vista quel corpo neanche per un attimo, ne indaghiamo ogni millimetro. E alla stessa maniera l’anima della protagonista viene guardata in controluce dallo spettatore, così che davvero il finale sia imprevedibile. E all’esplosione dei colpi di un fucile, puoi immaginare – per merito di una grande narratrice e della prova maiuscola di un’interprete clamorosa – che possano essere credibili qualsiasi sia la loro destinazione.
E chiamare il film Piggy è un’accusa a tutti noi. Che lo troviamo normale, che fatichiamo a ricordare il bel nome di battesimo di quella ragazza, Sara. Eppure lei è l’unica a non subire ciò che accade, a crescere, costruirsi, capire che deve fuggire non dalle bulle, ma dal giudizio altrui. Noi ci ritroviamo coinvolti prima di accorgercene, quando un’opera di genere, iniziata con un understatement narrativo (ma non visivo), ci impedisce di capirne la portata autoriale. Quando accade, esattamente come avvenne con Una donna promettente (in cui una quasi commedia diventa un revenge movie in cui il colpevole sei anche tu), sei già spalle al muro, tu e le tue responsabilità.
Questo mentre Sara, appunto, capisce che deve rivendicare se stessa, prima che vendicarsi. E la nostra più grande sconfitta – e vittoria di chi il film lo ha fatto – è che capiamo quanto sia bella solo alla fine.
In realtà ce n’è un’altra di disfatta, dello spettatore e del critico. Sapete quanti anni ha Laura Galán, l’attrice che interpreta Sara-Piggy? Trentasei. Chi di noi se n’è accorto? Nessuno, già. Quando vediamo una persona che definiamo grassa, le togliamo la sua dignità, la priviamo del nostro interesse, non le riconosciamo fascino. E non ci interessa una cosa che altrimenti normalmente ci ossessiona, nel nostro edonismo competitivo post moderno: la sua età.
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