“Oddio, è assurdo, cazzo”, ha detto Guy Nattiv, esasperato, quando ci siamo sentiti per telefono questa settimana, all’indomani dell’attacco di Hamas a Israele che ha provocato la morte e la presa in ostaggio di centinaia di israeliani. “Questo è un olocausto”.
Nattiv, il primo regista israeliano ad aver vinto un Oscar – ha vinto il premio per il miglior cortometraggio per Skin del 2018 – e il regista del film Golda del 2023, che racconta la risposta di Golda Meir all’attacco a sorpresa contro Israele del 1973 che ha portato alla guerra dello Yom Kippur, ha vissuto negli Stati Uniti negli ultimi dieci anni, da quando ha incontrato la donna che sarebbe diventata sua moglie, l’attrice e regista Jaime Ray Newman. Ma rimane profondamente legato a Israele, dove abitano ancora molti dei suoi familiari e amici. Quando Hamas ha attaccato Israele la scorsa settimana, ha deciso istintivamente di usare la sua piattaforma Instagram come uno “shofar” – una specie di corno che gli ebrei suonano a Rosh Hashanah – per contribuire a diffondere la notizia dei suoi connazionali presi in ostaggio o dispersi. “Molte persone lì mi dicono: ‘Per favore, Guy, scrivi che mia sorella è scomparsa’, ‘mio figlio è scomparso’ e ‘mia moglie è scomparsa’”, racconta. “Dicono: ‘Per favore, pubblica un post, così il mondo potrà vederlo e aiutarci!’”.
Nei giorni successivi all’attacco, gran parte di Israele e di Hollywood si è rivolta all’account Instagram di Nattiv per avere informazioni aggiornate su ciò che sta accadendo in Israele. I suoi sforzi dal basso sono stati particolarmente apprezzati vista l’inefficacia del governo israeliano nel condividere le stesse informazioni, dice Nattiv. Ma, ammette, gli stanno anche costando molto, perché deve passare in rassegna contenuti crudi, inquietanti e atroci che gli vengono inviati prima di stabilire ciò che può condividere consapevolmente con il mondo.
Durante la nostra conversazione, ha parlato del motivo per cui sente di dover continuare il suo lavoro su Instagram, di quali lezioni ritiene che la guerra dello Yom Kippur dovrebbe fornire all’attuale leadership israeliana, di cosa pensa della reazione alla nuova guerra da parte dei suoi colleghi di Hollywood e di molto altro ancora.
Dove si trova la sua famiglia in Israele e come sta?
La mia famiglia si trova nel centro di Israele. Alcuni membri della mia famiglia sono stati arruolati [nell’esercito e mandati] a nord e a sud. Sto cercando di portare altri membri della mia famiglia negli Stati Uniti per le prossime due settimane, in modo che possano avere un po’ di respiro – abbiamo bambini e ragazzini.
Come ha saputo che Israele era sotto attacco? E come ha elaborato la notizia?
Era venerdì sera. Eravamo a cena con un mio amico, Florian Zeller, il regista di The Father – Nulla è come sembra e The Son, e abbiamo fatto una bella cena con lui, la moglie e il figlio, e alcuni registi francesi. All’improvviso ho iniziato a ricevere messaggi: “È un’altro Golda!” e “Golda 2!”. Ho pensato: “Cosa?!” “Stanno facendo uno Yom Kippur 2!”. E io pensavo: “Mi state prendendo per il culo?”. Allora ho acceso il telegiornale e ho visto che Hamas era appena entrato in Israele alle 6 del mattino senza incontrare resistenza e che 100 militanti avevano iniziato a massacrare gli israeliani. Ho iniziato a ricevere altri messaggi: “Stanno massacrando la nostra gente! Stanno massacrando i nostri villaggi, i nostri kibbutz!”. Ho detto a Florian: “Mi dispiace, ma devo tornare a casa [a Los Angeles]. Devo iniziare a occuparmi di questo”. E ho creato una war room per affrontare la questione qui, in modo che la gente potesse capire esattamente cosa stava succedendo.
Chi ti manda materiale da pubblicare e perché?
Molte persone mi hanno contattato perché ritengono che il mondo debba sapere cosa sta succedendo. In Israele, le persone mi conoscono per via dell’Oscar e di Golda, e quindi hanno pensato che avrei potuto aiutare a far diventare virali queste informazioni. Le faccio un esempio. Avete sentito della nonna che era seduta in casa sua quando è arrivato un terrorista – lei è stata la prima a essere colpita – che l’ha uccisa, le ha preso il telefono e ha postato la foto su Facebook? È così che i suoi familiari l’hanno saputo. Suo nipote, che vive in Canada, mi ha mandato un messaggio privato su Instagram e mi ha detto: “Mia nonna è morta così e voglio che tutto il mondo veda cosa sta succedendo”, così l’ho postata. Un altro: la famiglia di un uomo è stata rapita e portata a Gaza, comprese le sue due bambine, che hanno l’età delle mie figlie, e quell’uomo mi ha mandato un messaggio privato. E poi tutte le persone scomparse: ho postato tutti quei nomi, che ho avuto da membri della famiglia. Non sono nemmeno quelli dell’IDF [Israeli Defense Forces] o del governo, perché il governo non funziona. La disfatta dello Yom Kippur è stata praticamente il 10% di quello che è successo qui.
So che è ancora presto per parlarne, ma come pensa che sia successo?
Senta, non sono un esperto militare, ma posso solo dirle quello che ho sentito dal personale dell’esercito e dalle persone che stanno iniziando ad occuparsene. Dato che Benjamin Netanyahu era così impegnato con il sistema giudiziario e le sue questioni private [Netanyahu ha creato forti divisioni in Israele cercando di attuare riforme giudiziarie di ampia portata e affrontando al contempo accuse di corruzione, ndr] e aveva inviato molte truppe per sorvegliare i coloni illegali in Giudea e Samaria in Cisgiordania [il premier ha incoraggiato l’espansione degli insediamenti israeliani nei territori contesi], penso che dormisse sulla questione di Gaza in un giorno festivo [Hamas ha attaccato durante Simchat Torah, che cadeva anche di sabato]. Israele nel 2023 è praticamente un Paese cibernetico, ma non abbiamo sentito o seguito alcun segnale che Hamas stesse pianificando un attacco? La gente dice che era stato pianificato con mesi di anticipo, forse addirittura con un anno di anticipo. È una disfatta per tutti: la comunità dei servizi segreti, Bibi [soprannome di Netanyahu], i suoi ministri, il ministro della Difesa. È una cazzo di catastrofe assoluta. Ma credo che tutto si riconduca a Benjamin Netanyahu che si è concentrato sul sistema giudiziario e sull’Alta Corte.
Le persone che la contattano per i loro parenti uccisi o scomparsi sono già arrivate al punto di dare la colpa a qualcuno?
Non ancora. Stanno piangendo i loro cari. E ci sono bambini e ragazzini ancora in ostaggio. Quindi, quando si è in lutto, non si ha ancora l’energia per affrontare lo sfacelo. Con la guerra del Vietnam, c’è voluto un po’ di tempo prima che la gente riflettesse su cosa cazzo fosse successo lì. Penso che ci sarà un’enorme scossa, un enorme terremoto politico, dopo la fine di questa guerra. Molte teste salteranno.
Molti desiderano entrare a Gaza, ma Hamas minaccia di uccidere gli ostaggi se Israele lo farà. I parenti delle persone rapite o scomparse cosa le dicono su questo? Come vorrebbero che Israele rispondesse?
Ci sono molte voci diverse al riguardo. Molti di loro vogliono scambiare i prigionieri; molti non sanno cosa dire o cosa fare; e molti dicono che bisogna semplicemente distruggere Hamas, non si può dare loro alcuna ricompensa [come lo scambio di prigionieri], perché questi sono mostri, è come l’Isis, non sono esseri umani. Ma sappiamo tutti che una volta che l’IDF metterà piede a Gaza, ci saranno molte esecuzioni. Ma avete sentito Biden, ha detto: “Non fate cazzate con Israele perché è con noi che lo fate”. Lo rispetto. Questa è leadership.
Per preparare il suo film Golda, lei ha studiato il modo in cui Golda Meir ha risposto all’attacco a sorpresa del 1973. Ci sono lezioni di allora che Netanyahu dovrebbe prendere in considerazione, in termini di cosa fare o non fare ora?
Penso che in questo momento non ci sia paragone. La guerra dello Yom Kippur è stata la più grande disfatta che Israele avesse mai affrontato, e tutti pensavamo di averne imparato la lezione, è di questo che parla il film. Ma questa è così enorme che credo non abbiamo imparato nulla. È come svegliarsi in un incubo e nessuno sa ancora cosa fare. Siamo ancora sotto shock. Prima di tutto, dobbiamo piangere i morti e seppellire i nostri cari, e questo richiederà giorni perché abbiamo più di 1.200 persone massacrate. E poi bisogna far arrivare ai sopravvissuti all’Olocausto e agli altri ostaggi le loro medicine – molti di loro hanno bisogno di farmaci e pillole per il cuore – attraverso la Croce Rossa. Ci sono così tante cose da fare. E nel frattempo, bisogna assicurarsi che Hezbollah non ci attacchi da nord e non crei un altro fronte.
Cosa ne pensa del modo in cui la gente di Hollywood ha reagito a questa crisi? È rimasto colpito o deluso?
Sto ricevendo tonnellate di messaggi privati da persone di Hollywood, tonnellate. Alcuni si fanno sentire e hanno il coraggio di sostenere pubblicamente Israele, altri non lo fanno perché non vogliono perdere follower o perché non la pensano allo stesso modo. Ma vorrei che la gente parlasse più apertamente di ciò che sta accadendo. È come ha scritto Amy Schumer: non è necessario essere anti-palestinesi per sostenere Israele in questo momento; si possono sostenere i palestinesi e il loro diritto a vivere nel proprio Paese – una soluzione a due Stati – e comunque pubblicare qualcosa contro questo massacro. Edgar Ramirez, che non è ebreo, ha scritto “Am Yisrael Chai” [in ebraico “Il popolo di Israele vive”]. Jessica Chastain ha scritto: “Usate la vostra cazzo di umanità quando pensate a quello che è successo stamattina in Israele”. Bono, in un concerto degli U2, ha dedicato una canzone a Israele. Quindi ci sono molte persone che hanno fatto la cosa giusta, ma ci sono anche molte persone che mi hanno deluso. Non ho intenzione di fare il nome delle persone che mi hanno deluso, ma ce ne sono alcune, non lo nascondo.
Quale sarebbe, secondo lei, la risposta più utile da parte delle persone di alto profilo che non hanno ancora fatto dichiarazioni?
Pubblicare solo una cosa: “Io sto con Israele”. Dimostrare di capire cosa stiamo passando. Insomma, gli israeliani e gli ebrei fanno parte di Hollywood, siamo parte della vostra industria, quindi mostrateci la vostra solidarietà, proprio come fate con l’Ucraina. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno. Non abbiamo bisogno di nient’altro. Si tratta di riconoscere l’atrocità. Questo è il peggior massacro che gli ebrei – non solo gli israeliani, ma anche gli ebrei – hanno subito dopo l’Olocausto. In un solo giorno sono state massacrate 1.200 persone. In un solo giorno! Massacrate. Dobbiamo riconoscerlo. Non si è trattato solo di un’operazione o di un conflitto. È stata un’atrocità. È stato un olocausto. E la gente deve riconoscerlo, anche se non è ebrea. Ho amici palestinesi a Hollywood. Sono a favore della Palestina. Sono a favore della Palestina libera. Sono di sinistra, non sono un conservatore. Ho sempre sostenuto il popolo palestinese e i miei amici lo sanno. Ma vorrei anche che i miei amici palestinesi sostenessero Israele e mostrassero che Hamas non è un gruppo legittimo di persone, sono animali.
Ci sono cose che i cittadini americani possono fare per sostenere Israele in questo momento?
Sì. Mi piacerebbe che la gente facesse donazioni agli israeliani che hanno perso le loro case e le loro famiglie. Anche solo uno shekel [la moneta israeliana], non importa quanto. Invito le persone a farlo attraverso il sito OneFamilyTogether.org.
Cosa pensa che succederà adesso?
Chi lo sa? Spero che Hamas crolli, che possiamo ripulire la Striscia di Gaza dalle armi e dal terrore e dare a queste persone, che hanno vissuto sotto l’oppressione, la libertà di scegliere come vivere. E, naturalmente, che possiamo riportare indietro i nostri cari. Infine, so che sta pensando a come questa crisi sta colpendo tutti gli altri, ma poiché lei è una sorta di intermediario, sta vedendo tutto, comprese molte cose inquietanti e sconvolgenti, alcune troppo raccapriccianti per essere condivise con gli altri.
Come se la sta cavando?
Sto cercando di meditare. Non so ancora che impatto avrà su di me – sto vedendo immagini orribili – ma alla fine avrà un impatto e avrò bisogno di molta terapia. Molta.
Intervista editata per questioni di lunghezza e di chiarezza.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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