Rob Savage è considerato tra i registi più interessanti della nuova ondata horror. Il suo film Host, uscito nel 2020, ha superato nel 2021 il cult Sinister, scritto e diretto da Scott Derrickson e uscito nel 2012, che occupava la prima posizione come pellicola più terrificante secondo lo studio scientifico Science of Scare condotto da Broadband Choices. Di origine inglese, classe ’92, nel 2021 Savage ha diretto l’horror Dashcam sceneggiato con Gemma Hurley e Jed Shepherd, prima di confrontarsi con il re del terrore Stephen King mettendosi al lavoro sull’adattamento di The Boogeyman.
Per il cineasta britannico è arrivato il momento di confrontarsi col mondo dei blockbuster dell’orrore, prendendo come protagonisti Sophia Thatcher (Yellowjackets), Chris Messina (Sharp Objects) e David Dastmalchian (The Suicide Squad). Una storia di crescita e di lutto, che passa attraverso la sconfitta dei propri mostri, quelli interiori o nascosti nel buio. E che rispetto all’originale di Stephen King da cui è tratto non gira attorno al personaggio di Lester quanto alle due sorelle, liceali, rimaste orfane della madre.
Avete raccontato che durante le prime proiezioni di The Boogeyman la gente urlava talmente tanto da aver avuto necessità di aggiungere alcuni secondi tra una sequenza spaventosa e l’altra, per non far perdere allo spettatore nessuna informazione importante.
Come regista horror è gratificante sapere di aver fatto urlare un’intera sala cinematografica. Inizialmente il film era destinato alla piattaforma di Hulu, ma più proiezioni facevamo, più era chiaro che si trattasse di una pellicola per il grande schermo. È stato merito del pubblico se il film è finito al cinema. Non me lo sarei mai aspettato, considerando anche che l’opera era in una fase preliminare e i VFX non erano ancora pronti. In qualche modo, però, il film è riuscito a coinvolgere (e sconvolgere) il pubblico e a portarlo in quel luogo di paura in cui mi piace trascinare le persone.
È più spaventoso del suo precedente Host, nella lista dei film più paurosi di sempre?
Ne ho ben due di horror nella lista: Host e Dashcam (all’ottavo posto, ndr.). Spero riesca a entrare in classifica anche The Boogeyman. Alla fine vorrei coprire tutte e dieci le posizioni.
Quant’è, invece, la paura dell’aspettativa? I suoi film precedenti hanno riscosso grandi consensi.
Più che pauroso lo trovo divertente. Penso che iniziare un film horror sia ogni volta una sfida meravigliosa. Si devono trovare modi nuovi per spaventare le persone, non puoi ripeterti, altrimenti gli spettatori sanno già cosa aspettarsi. Il pubblico del cinema horror è molto reattivo, si domanda sempre “Come mi ingannerai questa volta? Da cosa verrò spaventato?” Cercare ciò che non si aspettano mi appassiona moltissimo. E mi allontana dall’ansia delle aspettative.
Qual è il regista che più la spaventa in assoluto?
Non so a chi darei la corona, ma se devo dire chi è il regista a cui faccio riferimento sicuramente è James Wan. Ha rivitalizzato il genere horror più e più volte nel corso della sua carriera. Ha la capacità di sorprendere il pubblico, offrendo sempre nuovi shock e colpi di scena. Credo sia molto sottovalutato. Ovviamente ha avuto un successo enorme, ma non ne viene riconosciuto il tocco impeccabile che lo contraddistingue. Penso di potermi definire un suo allievo.
James Wan fa un ottimo lavoro anche come produttore. Rimanendo in tema, nella produzione di The Boogeyman figura Shawn Levy, che oltre a Stranger Things è una personalità anche del cinema comico, se pensiamo a un blockbuster come Free Guy.
Infatti anche The Boogeyman avrà dei momenti ironici. Qualsiasi personaggio deve avere un certo umorismo al suo centro, e per l’uomo nero è lo stesso. Il film non può solamente essere un distributore di spavento a raffica. Si tratta di tracciare un viaggio che gli attori intraprendono dentro ai personaggi, così che anche un’opera dell’orrore abbia una propria anima.
È per questo che il suo film, tratto da un libro di Stephen King, può funzionare?
Ciò che è interessante di The Boogeyman è che si basa su un racconto breve. Quindi, molto del nostro film, è stato ricostruito totalmente, tenendo alla base i concetti fondamentali della poetica di King, oltre alla struttura della storia. Abbiamo estrapolato i personaggi direttamente dal racconto, riadattandoli all’interno di un contesto nuovo, che fosse però fedele alla narrazione originale. Dal romanzo abbiamo estratto l’umanità che emerge sempre dai personaggi di Stephen King, anche con i loro lati più malvagi e oscuri. Che poi è esattamente quello con cui riesce a spaventarci così tanto. Lo dimostra la migliore trasposizione da una sua opera, Stand By Me di Rob Reiner, ed è anche il motivo per cui odia Shining di Stanley Kubrick, considerandolo troppo asettico e distaccato.
E perché, nonostante le difficoltà evidenti, i cineasti continuano a confrontarsi con i testi di Stephen King? Visto che i risultati sono spesso discutibili.
Perché è un usato sicuro. Sai che il materiale è solido, un classico. Mettere poi il nome di Stephen King su un tuo lavoro ne rende anche più facile la produzione e distribuzione. Di contro devi saper accettare di sopportarne il peso. Gli adattamenti che non conquistano sono quelli di cui non si è capito il livello di complessità, a partire dal materiale di partenza.
Nella sua trasposizione ha voluto David Dastmalchian, un attore che sa dare al ruolo di Lester un’ambiguità tra la sofferenza e l’inquietudine.
David è uno degli attori più incredibili con cui abbia mai lavorato. Ha portato nel ruolo di Lester un intero bagaglio di emozioni, partendo dal classico pensato da Stephen King, ma reinterpretandolo in maniera meno aggressiva rispetto a come emergeva dalle pagine del racconto. David conferisce sensibilità alla parte, nonostante le scene spaventose, dando la sensazione che Lester potrebbe passare in un secondo da persona tranquilla a mostro violento.
E Rob Savage cosa teme si nasconda dietro a una porta buia?
I fantasmi. Sono terrorizzato dai fantasmi. Credo che tutti lo siano. Se fossi dentro a una casa infestata probabilmente la brucerei. I miei fantasmi devono stare solo sullo schermo, non in casa mia.
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