Lutto e rinascita, solitudine e amore, antico e moderno. Élise Girard porta in concorso alle Giornate degli Autori Sidonie au Japan, un film sognante fatto di contrasti e ambientato in un Giappone sospeso tra passato e futuro. La protagonista ha il volto di Isabelle Huppert (“Stavo cercando un’interprete che fosse molto francese nella sua bellezza e nella sua presenza scenica e che potesse incarnare la Francia”), nei panni di una scrittrice francese addolorata per la morte del marito. Invitata in Giappone per la riedizione del suo primo libro, è accolta dall’editore locale, Kenzo (Tsuyoshi Ihara), che la accompagna a Kyoto, la città dei santuari e dei templi. Nei loro spostamenti tra i fiori della primavera giapponese, Sidonie inizia lentamente ad aprirsi. Ma il fantasma del marito non l’abbandona. La scrittrice dovrà mettersi alle spalle il passato per lasciarsi amare di nuovo.
Il film cattura il momento preciso in cui la protagonista si apre di nuovo al mondo, all’amore. Perché proprio Giappone come sfondo di questa rinascita?
Il Giappone è stata una scelta un po’ casuale. Sono stata lì per la prima volta nel 2013. E per me è un paese fantasioso. Lo conoscevo solo attraverso i classici di Yasujirō Ozu, Kenji Mizoguchi, Mikio Naruse, Akira Kurosawa. Sono rimasta molto impressionata dal fatto che tutto sembrava funzionare come in Europa, ma tutto era diverso. E questo mi ha creato una sensazione molto strana. Ho scelto il Giappone perché è l’opposto della Francia e dell’Europa. Quella è stata la mia prima volta in Asia. Forse, se fosse stata in Corea, Kenzo sarebbe stato coreano. È stata una coincidenza. È stato il Giappone.
Crede che il film sarebbe stato diverso se fosse stato ambientato altrove?
È un paese molto ispiratore perché c’è molta tranquillità. E hai molto tempo per pensare, sognare, immaginare cose. Le persone sono molto riservate, delicate. Se, ad esempio, ti vedono assorto in qualcosa, non verranno a parlarti. Aspetteranno che smetti di sognare prima di avvicinarsi. È molto delicato ed è stata la prima volta che ho avuto questa impressione nel mondo. Non l’avevo mai avvertita prima negli Stati Uniti o in Europa.
Perché ha scelto Isabelle Huppert per il ruolo di Sidonie?
Avevo bisogno di una grande star francese. Stavo cercando un’interprete che fosse molto francese nella sua bellezza e nella sua presenza scenica e che potesse incarnare la Francia. E che fosse anche un’attrice in grado di farci credere che il personaggio avesse un passato. Perché il passato di Sidonie è molto, molto importante, ma è nascosto e influenza ciò che accade sullo schermo. Doveva essere in grado di esprimere questa interiorità. Isabelle è una grandissima attrice. E poi ha questa cosa che poche persone hanno a mio parere. Una sorta di poesia interiore. Quando si guardano i suoi occhi è in grado di inspirare. E poi, l’amavo moltissimo. Sono una grande appassionata di cinema. È stato un sogno per me.
E come ha lavorato nelle sequenze con il fantasma? Regalano al film un tono da fiaba.
Ho girato le scene ambientate in auto in uno studio e ho inserito i paesaggi sullo sfondo ai finestrini. Per il fantasma volevo darmi l’opportunità di montare, scrivere di nuovo, lavorare su questo materiale e decidere la sua consistenza. Man mano diventa sempre meno consistente, quasi trasparente. Non avrei potuto farlo con un attore reale. Dovevo filmarlo in quel modo. È stato molto tecnico. E infatti ottenere questa semplicità è stato molto complicato (ride, ndr). Il risultato è esattamente ciò che volevo, ma non è stato facile ottenerlo. E in più, volevo che il fantasma fosse molto simpatico.
C’è un dualismo nel film, tra lutto e rinascita, Giappone antico e moderno. Come ha bilanciato questi diversi elementi nella scrittura?
È la definizione del mio cinema e del mio modo di fare le cose. Il mio gusto è l’antico e il moderno. È naturale. Significa che non mi preoccupo di questo. Viene sempre così. È molto moderno e molto vecchia scuola. È un po’ strano. Il mio cinema è nel mezzo. Può essere ultra-moderno con un tocco di antico. Nel viaggio della protagonista volevo che vedessimo il Giappone tradizionale ma anche la sua estrema modernità. Ne è un esempio la Benesse House progettata dall’architetto Tadao Ando sull’isola di Naoshima. Volevo ci fossero questi due poli e che corrispondessero anche al passato di Sidonie. Lei è antica, è il passato. E poi c’è la modernità, il mondo in cui viviamo. E volevo che il viaggio lo rispecchiasse.
Sidonie au Japan è un film ricco di colori. Come ha lavorato sulla palette cromatica anche insieme alla costumista?
Sono riferimenti pittorici. C’è ovviamente il rosso-arancio giapponese, perché per loro è il simbolo dell’amore. Anche i fiori di ciliegio e il rosa hanno avuto un ruolo determinante nei colori del film. E poi volevo fare un film molto delicato. Volevo che Sidonie avesse un abbigliamento un po’ triste per poi diventare più felice. Ma volevo anche che indossasse qualcosa di armonioso con i paesaggi. All’inizio del viaggio, quando parla del suo lavoro durante le interviste, indossa una camicia con grandi pesi. E quello è un riferimento al cinema classico americano. Amo molto quei film perché le attrici sono sempre molto ben vestite. E soprattutto, non invecchiano. Nel senso che anche quando li vediamo ora, quei film non sono superati. Sono sempre eleganti e sono vestiti che potremmo ancora indossare. Ed era quello che volevo. Volevo che il film fosse senza tempo.
Nel film c’è una scena d’amore molto bella, tenera, reale e non così comune. Come l’ha costruita?
Abbiamo fatto alcuni test fotografici. Il mio riferimento era un film che amo molto, La Jetée di Chris Marker. Sono solo immagini, in realtà. Sono molto timida, quindi non penso che girerò scene di sesso. O almeno non ora (ride, ndr). Mi sono detta che quando fai l’amore con qualcuno e sei felice, quando ripensi a quei momenti della tua vita, ricordi i dettagli. Non rivivi tutto interamente. Sono solo piccoli frammenti. Ho pensato che se sceglievo cosa mostrare sarebbe stato bello, perché artistico.
Com’è stato dirigere gli attori in quella sequenza?
Strano, in realtà. Ero più imbarazzata io di loro (ride, ndr). Sono stati molto gentili. Erano un po’ imbarazzati anche loro, ma sapendo che avevo davvero paura, sono stati super gentili. E ho pensato che fosse molto originale vedere Isabelle così, perché non fa scene di nudo al cinema.
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