Tutto quello che volevate sapere su Toro Scatenato e neanche Martin Scorsese osa chiedere

Da domani al 10 maggio torna in sala, per la prima volta in 4K, uno dei grandi capolavori del cineasta di Taxi Driver e Quei bravi ragazzi. E qui, su quel film, troverete ciò che neanche potevate immaginare

Toro Scatenato, come fare un capolavoro. Ma non riprovateci a casa.

Toro Scatenato. Scena 1

Settembre 1978. Martin Scorsese è appena stato al festival di Telluride, una località montana del Colorado dove trovare uno spacciatore non è semplicissimo. Assieme al suo amico Mardik Martin (sceneggiatore di Mean Streets e di New York New York) sono riusciti a procurarsi della roba che sembrava cocaina, ma appena tornati a New York Scorsese entra in crisi.

Perde sangue dal naso, dalla bocca, persino dagli occhi.

Lo portano al pronto soccorso dove le analisi rivelano che è completamente privo di piastrine nel sangue.
«E che significa?», chiede.
«Significa che lei ha emorragie interne dovunque».
«Beh, io devo tornare al lavoro».
«Lavoro? È pazzo? Potrebbe avere un’emorragia cerebrale da un momento all’altro».

La “cocaina”, o qualunque cosa fosse, ha interagito con le medicine per l’asma che Scorsese prende da sempre. Inoltre, pesa sì e no 50 chili. Lo ricoverano in una stanza speciale appena lasciata libera dallo Scià di Persia. Robert De Niro lo va a trovare ogni giorno e gli fa la predica: «Marty, lo capisci o no che se vai avanti così, crepi? Non vuoi vivere per vedere cosa farà tua figlia da grande? Lo facciamo ‘sto cazzo di film, o no?».
Alla fine Scorsese dice sì.
Il «cazzo di film» è Toro scatenato, sono due anni che De Niro tenta di convincere Scorsese a dirigerlo. Al regista non frega nulla della boxe, odia i film sullo sport, non sa nemmeno chi è Jake La Motta, ma alla fine cede.

Il tesser poster di Toro Scatenato, in sala dall'8 al 10 maggio in 4K

Il poster di Toro Scatenato, in sala dall’8 al 10 maggio in 4K

Toro Scatenato. Premessa alla scena 1

Nella seconda metà degli anni ’70 Scorsese rischia di morire più di una volta.

Uno dei motivi è la nube bianca che si è addensata sopra Hollywood: la cocaina costa poco, è di moda e brucia cervelli come fossero zolfanelli.

Un altro motivo è The Last Waltz, il film sul concerto d’addio della Band: la proposta di dirigerlo arriva a Scorsese mentre sta montando New York New York, un film difficilissimo, dove il budget è stato sforato alla grande. Robbie Robertson, il leader della Band, va praticamente a vivere a casa di Scorsese e lo trascina in un vortice di feste e casini assortiti: la dura vita delle rockstar.

Scorsese monta New York New York di giorno e The Last Waltz di notte, con montatori diversi, senza dormire (quasi) mai.

Il terzo motivo è il disastro finanziario di New York New York, un fiasco colossale, uno dei film di quel mezzo decennio con i quali i “genietti” della New Hollywood vanno a sfracellarsi uno dopo l’altro: Coppola con Apocalypse Now (un bagno di sangue, ma almeno un capolavoro), Friedkin con Il salario della paura, Bogdanovich con Daisy Miller, fino alla catastrofe che rischiò di far collassare l’intera industria: I cancelli del cielo di Cimino.

Tutto questo mentre nel ’77 Guerre stellari cambia le regole del gioco, convincendo i boss delle majors hollywoodiane che bisogna fare film per i ragazzini, altro che questi deliri da registi (presunti) onnipotenti.

Nel ’78 Scorsese è in crisi anche perché ha capito che non arriverà mai ai fasti commerciali di George Lucas e di Steven Spielberg. Decide di fare Toro scatenato, e di farlo in bianco e nero contro tutto e tutti!

Poi, medita seriamente di mollare tutto, di andare in Europa a fare piccoli film d’autore.

Toro Scatenato. Scena 2

Novembre 1978. Riunione alla United Artists. Scorsese e De Niro sono convocati, assieme al produttore Irwin Winkler (produttore degli Scorsese migliori ma anche della saga di Rocky), a un incontro con i nuovi capi della UA, Steven Bach e David Field. Il tema: la nuova sceneggiatura scritta da Paul Schrader, chiamato a salvamento dopo che le varie stesure di Mardik Martin (l’unico, oltre a De Niro, che sappia chi è Jake La Motta) si sono rivelate fallimentari.

Bach (il poliziotto cattivo): «Questo film è scritto come un film X, non ce lo possiamo permettere» (la “X” è il segno che nella censura americana indica i film porno).

Scorsese: «Perché pensate sia un film X?».

Bach: «Quando leggo in una sceneggiatura “primo piano del pene eretto di La Motta, mentre lui lo immerge nel ghiaccio appena prima del match”, ho come la sensazione di vedere una X».
Field (il poliziotto buono): «Non è un problema di parolacce. È tutto il copione. È quest’uomo… chi vorrebbe dire un film su un uomo perennemente arrabbiato, che prende a calci la moglie incinta fino a farla abortire? Dovete farlo sembrare diverso».

Scorsese: «Perché, adesso cosa sembra?».

Field (sorridendo): «Sembra uno scarafaggio» (la parola inglese, cockroach, è moralmente ancora più disgustosa).

De Niro, come in trance: «La Motta non è uno scarafaggio… non è uno scarafaggio».

Conseguenze della scena 2.

De Niro e Scorsese, senza dir nulla a Schrader, si immergono in una profonda riscrittura del copione. E finalmente Scorsese “acchiappa” il film. La chiave di tutto è Joey La Motta, il fratello di Jake: anch’egli pugile, ma molto meno forte, e poi manager del fratello. Toro scatenato, da film sulla boxe, diventa la tragedia di una famiglia italo-americana composta da due fratelli che comunicano solo insultandosi e prendendosi a cazzotti.

È qualcosa che Scorsese capisce, dal profondo. La fotografia in bianco e nero di Michael Chapman ispirata alle foto di Weegee, e le musiche di Pietro Mascagni (Cavalleria rusticana, in primis, ma anche altre opere meno note) faranno di Toro scatenato il film in cui Scorsese esplode finalmente in tutta la sua “italianità”. Joey viene interpretato da Joe Pesci, in quel momento un attore fallito che si esibisce in teatrini italoamericani di quart’ordine e sbarca il lunario gestendo (male) un ristorante italiano nel Bronx.

I duetti fra lui e De Niro, spesso imperniati sul (presunto) triangolo fra i due e la moglie di Jake, Vicky, entreranno nella leggenda. In una delle scene Pesci non arriva al giusto grado di rabbia, per cui De Niro all’improvviso, senza dirgli nulla, cambia una battuta: invece di dirgli «did you fuck my wife?» gli dice «did you fuck your mother?», facendo imbestialire il collega.
In un’altra scena gli rompe davvero una costola con un pugno (la reazione di Pesci è… perfetta, la scena viene montata). Dopo aver visto il film, Jake La Motta chiede alla moglie: «Ma ero davvero così?». Risposta ovvia, per la serie “te la sei cercata”: «Eri molto peggio».

Invece il vero Joey La Motta farà causa, sentendosi vilipeso, ma la perderà. De Niro, come è noto, si allena con il vero La Motta e diventa, secondo le parole dell’ex pugile, un fighter degno del titolo mondiale. Ovviamente è una boutade: nella seconda metà degli anni ’70 nei pesi medi dominano pugili come Carlos Monzon, Rodrigo Valdez e Marvin Hagler contro i quali De Niro rischierebbe la vita. Però sullo schermo i match sono terribilmente autentici, e girati magnificamente.

Una curiosità: grazie al bianco e nero, tutto il sangue che vedete nel film è sciroppo al cioccolato. Finite le scene di combattimento e di vita quotidiana, la produzione si ferma per alcuni mesi per dar tempo a De Niro di ingrassare. L’attore viene in Italia dove si abbuffa di pasta e dolci fino a diventare un bove. Lo chiamano Metodo Stanislavski, pare che il record di aumento di peso, per un attore, sia stato superato da Vincent D’Onofrio che mise su parecchi chili per interpretare Palla di Lardo in Full Metal Jacket, di Stanley Kubrick.

Peter Biskind, che ha intitolato Easy Riders, Raging Bulls il suo famoso libro sulla New Hollywood, definisce Toro scatenato uno dei grandi “Fuck You Movies” degli anni ’70.
Quei film, come i citati Apocalypse Now e Il salario della paura, ma in fondo anche Guerre stellari nel quale nessuno credeva a parte Lucas, con cui i registi mandano a farsi fottere le regole dell’industria per imporre la propria visione. Il più grande “Fuck You Movie” è in realtà Reds di Warren Beatty, con il quale l’attore – in quel momento onnipotente – costringe Hollywood a realizzare un film che glorifica la Rivoluzione d’Ottobre.

Solo che alcuni di questi “Fuck You Movies” si rivelano poi grandi successi, o vincono Oscar; altri rigirano invece il “fuck you” ai registi stessi, come nel caso di Friedkin, di Bogdanovich o, non ne parliamo proprio, di Cimino. Con Toro scatenato siamo a metà.

Commercialmente il film non va benissimo, e non recupera i costi. Artisticamente, rimane secondo molti (incluso chi scrive) il capolavoro di Scorsese. È candidato a 8 Oscar e ne vince due, uno per De Niro (meritatissimo) e l’altro per la montatrice Thelma Schoonmaker. Scorsese, candidato come regista, viene sconfitto da Robert Redford per Gente comune (bel film, ma a ripensarci, con tutto l’amore per il biondo Bob, la cosa fa sorridere).

Vincerà l’Oscar per il miglior regista 26 anni dopo, alla sesta candidatura, per The Departed: un film che a Toro scatenato non lega nemmeno il guantone sinistro.

Andatelo a rivedere al cinema, ne varrà la pena.