Se parliamo di cinema e mondo del lavoro, dobbiamo partire con un nome: Ken Loach. Probabilmente il cineasta che più di tutti ne ha tracciato i contorni e ha raccontato le storie delle donne e degli uomini che lottano per tutele, diritti e contro le disparità sociali ed economiche. La filmografia del regista inglese, negli anni, si evolve parallelamente al mondo del lavoro per riuscire a coglierne le continue trasformazioni.
I titoli da citare sono molti, tra i tanti: Bread and roses (2000) e Sorry We Missed You (2019). Ma molte sono le pellicole che vanno ricordate nelle ore in cui in tanti paesi del pianeta si celebra la festa dei lavoratori. Abbiamo provato a raccoglierne alcune in una piccola guida ragionata alla visione consapevole. Ve la proponiamo.
Diritti e lavoro, dieci titoli da non perdere
Partiamo da Tempi moderni (1936): film statunitense scritto, diretto e interpretato da Charlie Chaplin. Mansioni ripetitive e ritmi disumani per una pellicola che davvero continua ad essere il manifesto più efficace per parlare di dignità e contrasto alla ricerca del profitto ad ogni costo. La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri racconta di Lulù, un metalmeccanico così veloce nel lavoro che il padrone esige dagli altri lo stesso ritmo. Le cose cambieranno quando però un macchinario gli trancia un dito.
La commedia Louis Michel (2008) di Benoît Delépine e Gustave Kervern. Prima vessate con orari e turni infami e poi lasciate senza un lavoro dall’improvvisa chiusura della fabbrica dove lavorano, un pugno di operaie decidono di assoldare un killer per uccidere il padrone. Come pagarlo? Con i soldi della liquidazione. E questo è solo l’inizio… C’è poi Risorse umane (1999) di Laurent Cantet che racconta la trasformazione del mondo del lavoro attraverso la storia di un padre e di un figlio incaricato di licenziarlo pur di far quadrare i bilanci aziendali.
Con La legge del mercato (2015) di Stéphane Brizé, al tema del lavoro si aggiunge quello del welfare sociale e della disabilità. Tutto ruota attorno al cinquantenne Thierry finalmente assunto in un ipermercato ma alle prese con un dilemma morale. Drammatico il film finlandese Uno sparo in fabbrica (1973) di Erkko Kivikoski che racconta di un operaio e del piano inclinato che lo farà precipitare verso l’impensabile. Nel Cacciatore di teste (2005) Costa Gavras ci dice che nel lavoro le certezze non ci sono e che le quotazioni personali fluttuano costantemente: si sale ma si può anche scendere rovinosamente. L’ironia è un’arma potente anche quando si riflette sul tema del precariato: i due titoli sono Full Monty (1997) di Peter Cattaneo e Smetto quando voglio (2014) di Sydney Sibillia.
Infine, ultimo titolo, il racconto sotto forma di documentario in Dell’arte della guerra (2012) di Silvia Luzi e Luca Bellino. C’è Milano, ci sono quattro operai e un carroponte che diventa il palcoscenico della loro durissima protesta.
Resisteranno sette notti e otto giorni in pochi metri quadri a 40 gradi.
I film, la musica… E sono tante le colonne sonore e temi musicali che andrebbero citati. C’è però una canzone che più di altre, vale la pena ricordare in conclusione: Vincenzina e la fabbrica, scritta da Enzo Iannacci per il film Romanzo popolare (1974) di Mario Monicelli. La ricordiamo a dieci anni esatti dalla morte del suo – indimenticabile – autore.
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