Il cielo può attendere, l’appassionato sicuramente no. E gli appassionati di cinema, che hanno ormai riscoperto in massa il piacere dei classici su grande schermo, si ritroveranno da domenica 24 settembre al Quattro Fontane di Roma, e da lunedì 2 ottobre all’Anteo di Milano, per una nuova lunga cavalcata a cura di Cesare Petrillo organizzata da Circuito Cinema, “L’eterna illusione – Quaranta commedie dell’epoca d’oro di Hollywood”.
Si parte con un film praticamente perfetto e molto imitato, Il cielo può attendere appunto, anzi Heaven Can Wait, di Ernst Lubitsch, 1943. Si chiude il 30 giugno con un titolo decisamente più raro, Mr. and Mrs. Smith di Alfred Hitchcock, l’unica commedia “pura” mai diretta dal mago del brivido, che finì nelle sue mani per volere della protagonista Carole Lombard (il film proposto alla grande attrice in alternativa si intitolava The Smiler with a Knife e non fu mai realizzato; il regista, un certo Orson Welles, veniva dal teatro, non aveva ancora girato Citizen Kane e chissà come sarebbe andata la storia del cinema, dopo).
Eterna illusione, copie d’autore e restaurate
Sliding Doors a parte, “L’eterna illusione” prosegue una volta a settimana, rigorosamente per autore, con copie digitali restaurate e, inutile dirlo, sottotitolate. Primo viene Lubitsch naturalmente, il maestro di tutti. con ben 8 titoli fra cui Trouble in Paradise e Ninotchka, Merry Widow e Bluebeard’s Eighth Wife. Seguono altri assi del genere come Mitchell Leisen, Preston Sturges, Gregory La Cava, Howard Hawks (beh, Hawks sapeva fare tutto), ovviamente Frank Capra, presente come Hawks con ben cinque titoli. Anche se quella “d’autore” non è forse la chiave più interessante di una rassegna che vuole resuscitare tutta un’epoca attraverso i suoi esiti più geniali e solo apparentemente frivoli.
Come sottolinea lo stesso Petrillo, “Uno spirito anarchico anima la commedia americana classica, sia quella di matrice più sofisticata di cui Lubitsch fu iniziatore e maestro indiscusso (idealmente se ne segna la nascita con Mancia competente del 1932), sia quella nota come screwball comedy, che divampò in America nel 1934 con Ventesimo secolo di Howard Hawks, Accadde una notte di Frank Capra e L’uomo ombra di W.S. Van Dyke. Con questi film, caos e leggerezza si insinuavano in un sistema produttivo rigido e già fin troppo codificato. Una vera esplosione di gioia all’insegna della gratuità totale, con stile e eleganza formale ancora ineguagliati e totale mancanza di sentimentalismo. Si, perché l’etica della commedia classica è nella risata, in 90 minuti consecutivi di godimento. Non c’era bisogno di accompagnare i film con messaggi che rimettessero gli spettatori in pace con la coscienza”.
Eroine “screwball” e amanti
Con tanti saluti all’impegno spesso ipocrita di tanto (cattivo) cinema contemporaneo. Che barattiamo volentieri con una parata di stelle senza eguali. Cary Grant e Katharine Hepburn, Claudette Colbert e Maurice Chevalier, Barbara Stanwyck e Carole Lombard, James Stewart e Myrna Loy, ma anche Ann Sheridan, Jean Arthur, Myriam Hopkins, Margaret Sullavan, Jeanette MacDonald, e potremmo continuare a lungo.
Con una prevalenza di nomi femminili perché, come ricorda sempre Petrillo, “il filo conduttore che fa della commedia classica un corpo unico è il comportamento stravagante, al limite della follia, dei personaggi principali. Soprattutto delle donne. Avventurosa, irriverente, testarda, l’eroina screwball è disposta a tutto fuorché vivere nei binari della convenzione. L’eroe, l’anima gemella, è anche lui un diverso; sta al di fuori del ruolo tradizionale di maschio e gioisce dello spirito adulto e indipendente della sua donna. Lui non comanda, lei non obbedisce, lui non lavora, lei non fa faccende domestiche. Sono amici, compagni e amanti nella vita e nel gioco”.
Classici… contemporanei
Come tutti i classici, insomma, anche questi sono molto contemporanei, e hanno parecchie cose da dire ai nostri giorni confusi. Ma fermiamoci qui prima di essere accusati di nostalgia, passatismo e altre infamie. Inutile guastare la festa. Segnaliamo piuttosto i titoli più rari. Il primo è Hands Across the Table (in italiano I milioni della manicure) di Mitchell Leisen, con Carole Lombard e un Fred McMurray spesso a torso nudo forzando i divieti del Codice Hays, primo film prodotto da Lubitsch alla Paramount. Inedito Love before Breakfast di Walter Lang, con Carole Lombard prestata dalla Paramount alla Universal, la casa degli horror, allora considerata un po’ rozza, con gran disappunto di Lubitsch. Sul successo del film i due fecero anche una scommessa piuttosto sconcia a base di scambi di favori e sigari infilati nei posti sbagliati, ma ve la lasciamo immaginare.
Tutto da riscoprire, “L’eterna illusione”, anche Gentleman Jim alias Il sentiero della gloria, uno dei migliori film dell’eclettico Raoul Walsh, storia vera del pugile James J. Corbett, il primo a battersi coi guantoni, che non contento di aver conquistato il titolo mondiale voleva essere anche un gentiluomo e un attore shakespeariano, un ruolo su misura per un divo “bigger than life” come Errol Flynn, oggi un po’ dimenticato proprio per via del modello virile che incarnava.
Per finire con Topper – La via dell’impossibile di Norman Z. McLeod, commedia soprannaturale destinata a ispirare diversi sequel e perfino una serie tv, che invece consacrò il modello tutt’oggi insuperato di eleganza e sofisticazione maschili: Archibald Alexander Leach. In arte Cary Grant.
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