Nel bar-foyer del Cinema Troisi la signora Teresa mostra come un trofeo la sua collezione di biglietti usati. Ha visto tutti i film delle 11 di mattina da quando due anni fa il cinema nel quartiere Trastevere di Roma ha ricominciato a funzionare, gestito dalla Fondazione Piccolo America, dopo otto anni di chiusura e una ristrutturazione. Due rampe di scale e una sala studio è piena di studenti seduti in silenzio, dietro una grande vetrata, qualcuno nella terrazza a fumare. Di sotto, al bar, vicino a Teresa, le persone fanno colazione, alcune di fretta, prima di entrare in sala a vedere il film, altre con calma, di fronte il laptop già acceso.
Il Cinema Troisi è la casa del tempo lento della pensione e di quello concitato della preparazione degli esami. “Un’isola che non c’era e ora c’è” amano definirlo dalla Fondazione. “Il pubblico della mattina è quello che riconosci”, raccontano a THR Roma, “quello che saluti, che non viene per lo spettacolo in programma ma per stare qui”.
La programmazione dalle 11 di mattina a mezzanotte, tra opere prime, cinema d’autore, film senza distribuzione in Italia e incontri con registi e attori, l’aula studio-biblioteca da 93 posti, aperta 24 ore su 24 365 giorni l’anno, il foyer-bar e uno spazio per mostre ed eventi. Così funziona il miglior monosala d’Italia. Premio vinto per il secondo anno consecutivo dal Troisi che ha registrato il maggior numero di spettatori nella stagione cinematografica 2022-2023 tra i 713 monosala italiani. Oltre 90.000 biglietti venduti, rispetto ai 60.000 dello scorso anno, più di 10.000 di scarto dalla seconda sala in classifica, il Cinema Roma di Trento. Il monosala trasteverino ha ricevuto il Biglietto d’Oro a Sorrento, durante Le Giornate professionali di cinema promosse da ANEC e ANICA.
“Non solo grandi ospiti”: la programmazione
Quest’anno la vittoria del Biglietto d’Oro si traduce in un 50% di spettatori in più rispetto all’anno scorso, quando era la prima volta che una sala aveva ricevuto il premio al suo primo anno di gestione. “Il segreto sono i contenuti”, dice Valerio Carocci, presidente della Fondazione, “un conto è proiettare blockbuster, un altro è seguire una propria linea”. Le 90.000 persone che hanno frequentato il Cinema Troisi quest’anno, il 65 % è under 35, non hanno visto molti titoli commerciali. Il risultato viene fuori da 1975 spettacoli, 313 titoli, in un anno “di cui solo il 4% è accompagnato da incontri con grandi ospiti da tutto il mondo”. E se la sala è una va da sé che l’orario di programmazione copre molte ore del giorno, e della notte. Il primo film inizia alle 11 e l’ultimo finisce alle 2.
La fascia notturna quest’anno ha dato risalto ai nuovi autori dell’horror statunitensi, come Ari Aster, Jordan Peele. “Nessun cinema rimane aperto fino a così tardi, noi invece diamo molta importanza al Late Night, in una città in cui l’offerta culturale notturna è quasi inesistente, così come nessuna sala garantisce la prima visione alle 11 del mattino tutti i giorni”, spiegano le curatrici della programmazione Alice Catucci e Gelsomina Pascucci. Ogni due settimane il programma si rinnova. “Una scacchiera di quindici giorni, che trattiamo come fossero dei piccoli festival perché ci sono gli eventi speciali, le retrospettive, gli incontri e noi indipendentemente dall’incasso dei film decidiamo che cosa proiettare”.
Senza trascurare però i film che sono andati bene al botteghino. “Per il film Le otto montagne abbiamo organizzato un evento con l’alpinista Hervè Barmasse che ha introdotto due documentari in collaborazione con il CAI”, dice Carocci. “E poi abbiamo collaborato con tutte le associazioni di scoutismo laico e cattolico del Lazio, nonché di trekking”. In quelle prime due settimane il Troisi ha superato il famoso Cinema Anteo di Milano come incasso. “Lo abbiamo fatto grazie a questo lavoro”, dicono, “l’autore del libro Paolo Cognetti e gli attori Luca Marinelli e Alessandro Borghi gli incontri col pubblico li hanno fatti in tutta Italia ma noi a qualunque ora in quei giorni avevamo gruppi di scout di 30 adolescenti a vedere il film”.
Comunicare con il pubblico: la fiducia
Quindici giorni di tempi e di spazi. “Qui dentro facciamo un ragionamento importante per ottimizzare al massimo lo spazio, avendo un’unica sala e scegliendo i titoli”. Il criterio dell’esclusione è quello che restituisce più valore. La comunicazione è al centro delle attività della Fondazione, assicurano. “Una caratteristica del nostro cinema è che il foyer con il bar è pensato per essere uno spazio di confronto prima e dopo un film”. Se la più comune esperienza di sala cinematografica è quella del consumo – arrivare, comprare i popcorn di fronte alle casse di un lungo bancone, guardare il film ed essere guidati dalle insegne luminose verso l’uscita per strada – al Troisi è il contrario. “Si entra e si esce dalla stessa porta e nella circolarità del foyer si deve transitare per forza e magari si ripara dal freddo e dalla pioggia”.
Al Troisi anche i prodotti da consumare sono scelti con l’intenzione di creare un’economia di quartiere. “Abbiamo scelto di prendere prodotti dai negozi del quartiere: cornetti e tramezzini dal bar San Callisto, le caramelle sono di Innocenti, una bottega a San Cosimato”. Perché il cinema non è mai solo cinema e “con gli spettatori si può costruire un rapporto di fiducia”.
Certo, anche al Troisi si utilizzano esche furbe. “Dato che ci teniamo a far venire i giovani al cinema abbiamo fatto delle rassegne che coinvolgevano la fan base dei loro artisti preferiti, per esempio il Cinema Fannullone, in cui gli stand up comedian e i comici che vanno per la maggiore sono venuti a presentare il loro film del cuore”. Emauela Fanelli per esempio ha portato Il segno di Venere di Dino Risi. “La sala era piena di persone che hanno visto così un restauro meraviglioso che non avrebbero visto altrove”.
L’obiettivo è stato lo stesso con VHS – Very Hot Songs, ma con i musicisti: Fulminacci Margherita Vicario, Gemello, Nayt e Rancore. “Quando Nayt ha presentato il suo primo disco la sala era piena di ragazzi tra i 15 e i 19 anni”.
Opere prime, film senza distribuzione e incontri
Al Cinema Troisi molta cura è nella scelta delle opere prime. “A settembre abbiamo iniziato proiettando le tre opere prime del momento, presentate ai festival di Locarno e Venezia”, dicono. Patagonia di Simone Bozzelli, Gli oceani sono i veri continenti di Tommaso Santambrogio, Una sterminata domenica, di Alain Parroni, Non credo in niente, di Alessandro Marzullo.
“Ma per scegliere che cosa programmare noi non ci fermiamo ai film in distribuzione”, dicono. “Arriviamo a contattare i distributori internazionali e i produttori, spesso sosteniamo i costi di sottotitolaggio”. Nel 2023, tra i film senza distribuzione italiana che hanno portato per primi sul grande schermo, Pearl di Ti West, Vortex di Gaspar Noé, con Dario Argento, Il grande caldo di Dan Bensadoun, Luigi Caggiano, Marcello Enea Newman e Daniele Tinti. E poi due documentari Gods of Mexico di Helmut Dosantos e Lassù di Bartolomeo Pampaloni. “Questi scovati attraverso una casella di posta in cui ci vengono proposti dei film, ignorati dalla distribuzione italiana”.
“Crediamo che la vera collaborazione tra distribuzione ed esercizio ci sarà quando tutti gli esercenti avranno la possibilità di vedere le opere prima di programmarle perché così avranno l’opportunità di promuoverle in modo creativo”, dice Carocci. “L’industria perde altrimenti un’opportunità di indotto e di incasso all’interno della filiera, dato che l’esercente è l’operatore culturale più vicino al pubblico”.
Gli incontri con i registi e gli interpreti trainano “ma rappresentano il 4% degli spettacoli”. Gli ultimi, i più seguiti, quelli con Damien Chazelle, “che ha scelto per noi tre film per tre martedì” e con Alice Rohrwacher con il suo La chimera, con Ken Loach, Luc Besson, Willem Dafoe.
Un nuovo Cinema Troisi
“L’obiettivo per noi è sempre stato far tornare la sala cinematografica una casa per le persone, un luogo vivo per le città”, dice Carocci. Per raggiungerlo la Fondazione ha sempre seguito la sua indole, quella che undici anni fa ha spinto un gruppo di studenti capitanati da Carocci a rompere le serrature del Cinema America, un altro cinema abbandonato a Trastevere, e a occuparlo per salvarlo dalla demolizione. Quello che successe poi è una storia finita pure sui giornali internazionali. Lo sgombero, il Cinema in Piazza, con le arene piene nelle periferie, il pestaggio per una t-shirt, un nuovo impegno per la riapertura di un altro cinema chiuso, negato al pubblico, stavolta il Troisi, la vittoria del bando per il suo restauro.
“Così gli studenti sui libri sono seduti in realtà nel locale delle caldaie”, racconta Carocci. Il Troisi era stato costruito nell’edificio dell’ex GIL, progettato nel 1933 da Luigi Moretti e inaugurato nel 1937. Nel 1997, con l’immobile già di proprietà comunale, Cecchi Gori ne rilevò la gestione avviando una fase di rilancio e ristrutturò la sala dedicandola all’attore Massimo Troisi, scomparso tre anni prima. Qualche anno dopo, in seguito al fallimento del circuito Safin di Cecchi Gori, una società del gruppo Ferrero ne rilevò la gestione fin quando, nel 2013, la sala venne chiusa definitivamente.
Il restauro è stato opera degli architetti Raffaella Moscaggiuri e Claudia Tombini. Una rigenerazione urbana, sostenuta dai fondi del MiC previsti nel Piano straordinario per il potenziamento delle sale cinematografiche mentre Roma Capitale ha assegnato la struttura – mediante bando pubblico – alla Fondazione Piccolo America.
Infine, il nuovo cinema si arricchisce dell’illustrazione murale di Lorenzo Terranera che condurrà gli ospiti dal foyer, passando per le scale interne, fino all’aula studio, per ripercorrere i dieci anni dell’esperienza del Piccolo America. Qui e là, racconta Carocci, è disegnato qualche scout. “Uno dei motti dell’associazione scout è lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato, ed è quello che stiamo cercando di fare”.
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