Basta farsi un giro su Instagram o su Twitter. Internet è piena zeppa di meme dedicati ai titoli A24, la casa di produzione e distribuzione cinematografica e televisiva fondata a New York il 20 agosto 2012 da Daniel Katz, David Fenkel e John Hodges. Per non parlare della potenza del logo (declinato stilisticamente di film in film), creato dall’agenzia creativa GrandArmy, che è ormai talmente popolare– oltre a un sinonimo di qualità o, quantomeno, di diversità narrativa – da finire per essere diventato, addirittura, il soggetto di svariati tatuaggi in giro per il mondo.
E ora provate a immaginare la stessa cosa ma con uno dei loghi dei grandi Studios di Hollywood. Sembra strano, vero? Lo sintetizza bene Jonah Hill, del quale lo studio ha tenuto a battesimo il debutto alla regia, Mid90s: “Avere il logo A24 all’inizio del tuo film è come un distintivo d’onore”.
Dagli Oscar al Cinema in Piazza
12 marzo 2023. Al Dolby Theatre del 6801 di Hollywood Boulevard, Los Angeles, va in scena la 95ª edizione degli Academy Awards. Everything Everywhere All At Once dei Daniels vince sette premi su un totale di undici nomination. Un trionfo, certo. Ma dietro quel tripudio di statuette dorate – compresa quella come miglior film – c’è anche un altro assoluto vincitore: A24 Films.
L’intuizione per creare lo studio indipendente – divenuta ormai leggendaria – Katz l’ha avuta mentre guidava sull’omonima autostrada che collega Roma a Teramo passando per L’Aquila. Un totale di 166,5 km che hanno ispirato il nome dell’azienda che, in soli dieci anni, ha rivoluzionato e stravolto il profilo dell’industria cinematografica americana, facendo scuola e diventando un vero caso per il settore. Lo stesso nome di una rassegna realizzata in collaborazione con la Fondazione Piccolo America che, per la nona edizione del Cinema in Piazza (dal 2 giugno al 16 luglio), ha deciso di omaggiare lo studio proiettando alcuni dei titoli più rappresentativi nell’area verde del Parco della Cervelletta a Tor Sapienza situato proprio lungo l’autostrada da cui tutto è iniziato.
Una retrospettiva che porterà sugli schermi all’aperto sei film mai distribuiti nelle sale italiane: Mid90s di Jonah Hill, Eighth Grade di Bo Burnham, The Inspection di Elegance Bratton, The Souvenir I e II di Joanna Hogg e Funny Pages di Owen Kline.
Questione di libertà creativa
La prima simbolica pietra posata da A24 Films per costruire il suo percorso è del 2013. L’anno in cui comprano i diritti di Spring Breakers di Harmony Korine (31 milioni di dollari di incasso in tutto il mondo con un budget stimato di 5 milioni). Un film folle, eccessivo, estremo segnato da una campagna marketing altrettanto folle, eccessiva ed estrema al punto che i membri dell’Academy, durante la promozione del film agli Oscar, si ritrovarono un messaggio che recitava: Consider this Sh*t.
Ma oltre a un’attitudine fuori dagli schemi e dalle solite regole promozionali (basti pensare che A24 ha aperto un profilo Tinder per Ava, intelligenza artificiale protagonista di Ex Machina e ha regalato sessioni di terapia di coppia per l’uscita di Midsommar), quello che contraddistingue notoriamente lo studio è la libertà creativa. Un’equazione, negli anni, divenuta elementare. Perché se oggi gli Studios e le piattaforme sono spesso considerati colpevoli di frenare le idee dei loro registi e sceneggiatori per seguire algoritmi e dettami non scritti in virtù di visualizzazioni e incassi al botteghino, A24 ha sempre puntato ad altro. E questa differente attitudine alle storie e ai loro creatori è diventata la forza indiscussa dello studio. Un punto di vista singolare che ha (ri)pagato.
Una libertà che ha permesso anche di trasformare il genere horror. È iniziato tutto con Ari Aster e il suo Hereditary – Le radici del male, film del 2018 con il quale il mondo ha scoperto un talento (confermato dai successivi Midsommar e Beau ha paura) e che un nuovo modo di intendere il cinema dell’orrore era possibile (anche grazie a Jordan Peele). Si sono poi aggiunti alla lista, tra i tanti, Robert Eggers con The Witch e The Lighthouse, Trey Edward Shults con It Comes at Night, Ti West con la trilogia di X e Rose Glass con Saint Maud. Il comun denominatore di questi film? La narrazione senza paletti, lontana da obblighi, divieti o costrizioni.
E questo si rispecchia in ogni progetto targato A24 che crede nella sperimentazione illimitata (con i suoi pregi e difetti) che spazia tra formati e generi. Una library di oltre 120 film e 30 serie tv in costante crescita, 53 nomination agli Oscar di cui 16 vittorie (compresa quella come miglior film per Moonlight di Berry Jenkins nel 2017 che tolse – letteralmente – dalle mani la statuetta a Damien Chazelle per La La Land diventando uno dei momenti più assurdi e indimenticabili degli Academy Awards), 40 nomination ai Golden Globe e 36 agli Emmy, di cui rispettivamente 11 e 10 trasformatesi in premi.
Come se non bastasse, A24 negli anni ha stretto collaborazioni con le principali piattaforme di streaming (Amazon, Apple, Bbc, HBbo, Hulu, Nbc Universal, Netflix, Showtime e WarnerMedia) distribuendo i loro titoli in oltre 180 paesi, Italia compresa (grazie a I Wonder Pictures).
Qualcuno ha detto merchandise?
Tra i tratti peculiari dello studio c’è anche l’intuizione di creare una linea di merchandise legata ai loro titoli. Basta farsi un giro nella sezione shop del sito per imbattersi in varie sottocategorie e trovare di tutto: da una replica del pigiama di seta di Joaquin Phoenix in Beau ha paura ai guanti a forma di hot dog di Everything Everywhere All At Once passando per il set da dopobarba a forma di sirena di The Lighthouse e una replica della casetta di marzapane (da assemblare) di Hereditary.
Per i fan più appassionati c’è addirittura la possibilità di iscriversi alla AAA24 membership, una piattaforma (con un abbonamento da 5 dollari mensili e 55 annuali) che permette di avere accesso ad articoli in edizione limitata, a una rivista dedicata ai film e alle serie A24, a sconti e informazioni in anteprima direttamente in mail o sul proprio account Instagram. Uno dei tanti modi di creare un senso di comunità e appartenenza mentre si fa business.
Non solo cinema (ma anche trucchi, podcast, musica e libri)
Consapevole della forza del suo logo, la strategia di espansione di A24 non passa solo per i prodotti audiovisivi. Dopo essersi costruita una reputazione come studio indipendente capace di dare spazio ad autori che gli altri Studios non avrebbero mai preso in considerazione – finendo per lanciare le carriere di registi come Lulu Wang (The Farewell), Joe Talbot (The Last Black Man in San Francisco) o Charlotte Welles (Aftersun) -, A24 ha esteso il suo raggio d’azione.
Una fanzine – con tanto di numero speciale dedicato a Brendan Fraser per l’uscita di The Whale – una raccolta di sceneggiature (da Ex Machina a Minari), libri per bambini (24 Minutes to Bedtime! di Daniel Kwan), un podcast che mette a confronto attori e registi e un canale musicale (A24 Music) incentrato sullo sviluppo di brani originali che ha segnato il debutto di singoli di David Byrne, Mitski, Charli XCX e altri artisti.
E sulla scia del successo planetario di Euphoria e del make up delle sue protagoniste che ha attirato l’attenzione dei media e del pubblico che ha emulato lo stile di Jules, Maddy e Cassie, A24 ha lanciato Half Magic. Un marchio di cosmetici creato dalla truccatrice della serie, Donni Davy.
A24 Film: un futuro nel segno di musical e animazione
Se nel passato della compagnia troviamo film incredibili – da Zola, debutto al lungometraggio di Janicza Bravo nato da un thread di Twitter ad A Ghost Story di David Lowery, riflessione sulla perdita e le connessioni umane con protagonista un fantasma nascosto sotto un lenzuolo bianco – il futuro di A24 è altrettanto ricco di potenziali perle.
Dal chiacchierato Talk to Me, debutto alla regia degli youtuber Danny e Michael Philippou destinato ad aggiungere un nuovo tassello alla storia dell’horror (targato A24) a Civil War, l’epico action di Alex Garland con Kristen Dunst e Cailee Spaney ambientato negli Stati Uniti del futuro passando per Priscilla di Sofia Coppola, film realizzato insieme alla nostra The Apartment Pictures dedicato alla storia di Priscilla Presley con Cailee Spaney nei panni della moglie di Elvis e Jacob Elordi in quelli del re del rock ‘n roll che vedremo sicuramente a Venezia 80.
E poi ancora: Mother Mary melodramma musicale pop con Anne Hathaway e Michaela Coel diretto da David Lowery, regista caro ad A24, The Iron Claw dramma sportivo sul wrestling con Zac Efron, Jeremy Allen White e Lily James, Dream Scenario, commedia prodotta da Ari Aster con Nicolas Cage e Julianne Nicholson, Past Lives, debutto alla regia di Celine Song già ampiamente lodato da pubblico e critica oltreoceano, Wizards!, altra commedia con Pete Davidson e Orlando Bloom e La zona d’interesse, ritorno alla regia di Jonathan Glazer in uscita in Italia il 25 gennaio 2024 dopo il passaggio a Cannes 76 dove ha vinto il Gran Prix e il premio Fipresci.
Sul versante serie tv, dopo la discussa The Idol di Sam Levinson (di cui non è stata rinnovata la seconda stagione sulla Hbo) e Beef, black comedy Netflix con Steven Yeun e Ali Wong, quest’anno A24 ha messo in cantiere una lista di nuovi titoli per il piccolo schermo. Si parte con The Curse, serie realizzata per Showtime da Nathan Fiedler e Benny Safdie con Emma Stone. La storia ruota attorno a una coppia appena sposata che deve fare i conti con la vita coniugale, il lavoro e la convinzione che una maledizione renda le loro giornate infernali.
Si passa poi a Hazbin Hotel, la prima serie (musicale) animata di A24 creata da Vivienne Medrano dedicata a Charlie Morningstar, una principessa dell’Inferno che apre un hotel di riabilitazione per offrire ai demoni la possibilità di tornare in Paradiso rendendoli persone migliori. Si continua con The Sympathizer (Hbo) di Park Chan-Wook, mini-serie tratta dal romanzo di Viet Thanh Nguyen con Robert Downey Jr. che interpreta ben quattro personaggi sullo sfondo della guerra in Vietnam. Una satira sull’America dal taglio thriller. E poi Crystal Lake (Peacock), prequel di Venerdì 13 ideata da Bryan Fuller, Sunny (Apple) con Rashida Jones e Hideotshi Nishijima e Shuggie Bain (BBC), serie basata sul romanzo premio Pulitzer di Douglas Stuart.
A24 Films: aria di cambiamenti
Un’ormai ex sede storica situata al 31 West 27th Street di New York con un team iniziale di dieci persone che si è trasformata negli anni in un’azienda da 180 dipendenti sparsi tra la Grande Mela, Los Angeles e Londra e un nuovo quartier generale spostato solo di qualche isolato nei pressi del Flatiron Building, nel cuore di Manhattan.
C’è aria di cambiamenti in casa A24 Films. Non a caso nel marzo 2022 lo studio ha chiuso un investimento azionario da 225 milioni di dollari per finanziare la propria espansione. Un piano di crescita strategico pensato per ampliare la produzione e la distribuzione cinematografica in tutto il mondo, oltre a sviluppare iniziative di qualità che esulano strettamente dallo schermo. Investitore principale? La Stripes di Ken Fox, imprenditore americano entrato a far parte del consiglio di amministrazione di A24 per il 10% (i fondatori e i dipendenti della compagnia hanno mantenuto una maggioranza significativa del suo capitale). È la prima volta che l’azienda riceve un’iniezione di fondi dalla sua apertura, nel 2012, da parte di Eldridge, holding americana che investe in vari settori (dai media allo sport).
Ma non solo. Recentemente lo studio cinematografico ha acquistato un piccolo locale Off-Broadway, il Cherry Lane Theatre. Il teatro, che si trova nel West Village ed è il più antico della città, è stato comprato per poco più di 10 milioni di dollari e presenta un palco principale da 179 posti oltre a uno studio teatrale da 60 posti che A24 prevede di mantenere come spazio per esibizioni dal vivo. Una scelta che si pone in linea con la volontà di estendere i propri confini ben oltre la “sola” produzione e distribuzione.
Sempre nel 2022, A24 si è aggiudicata il traguardo di sesto più grande studio a livello di botteghino americano dietro ai colossi Disney, Universal, Paramount, Warner Bros. e Sony. Non male se si pensa che solo una decade fa la compagnia aveva iniziando comprando i diritti di film (snobbati dagli Studios hollywoodiani) da distribuire nel Paese e che oggi è riuscita in un’impresa pressoché impossibile e dai contorni quasi favolistici. Quella cioè di aver non solo creato un marchio di riconoscibilità narrativa a se stante (perché, nonostante la differenza dei generi trattati, un film o una serie A24 li si riconosce a occhi chiusi) ma, addirittura, di aver reso un’azienda di produzione e distribuzione cinematografica un’icona pop.
Un altro modo di immaginare e fare cinema
Tante, tantissime produzioni e una certezza: A24 ha le idee molto chiare su dove vuole andare e come ci vuole arrivare. Innanzitutto restando indipendente. Elemento imprescindibile per continuare ad operare in totale autonomia e darne altrettanta a registi e sceneggiatori per creare storie fuori dal comune. Se si pensa al cinema dell’ultimo decennio e s’immagina un multiverso in cui A24 non esiste, cosa resta? Una lista lunghissima di cinecomic, titoli d’animazione, blockbuster, sequel.
Lo studio di New York si è ritagliato uno spazio in un settore che sembrava saturo e in un momento storico critico. Anno dopo anno, titolo dopo titolo, ha continuato a portare avanti un progetto contraddistinto da una coerenza produttiva rafforzando la sua immagine (non a caso i volti dei suoi fondatori sono pressoché sconosciuti). A24 ha saputo rintracciare una fetta di pubblico che voleva altro. Quel pubblico ha continuato a crescere e in quei film si è riconosciuto dando vita a un vero e proprio culto. E ora, da dieci anni a questa parte, c’è una scritta a New York, A24, che dà filo da torcere a un’altra scritta a Los Angeles. Quella di Hollywood che svetta sulla collina di Mount Hill. Perché un altro modo di immaginare e fare cinema è possibile. Basta solo lasciare da parte le regole. O meglio: seguire le proprie.
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