Roma, in una sala affollata dell’hotel Edition si scorge più di un volto conosciuto, da Lea e Damiano Gavino a Caterina e Corrado Guzzanti. I protagonisti di questa serata, però, non sono gli attori, bensì i loro agenti. Restano in disparte, i talent, ma la loro presenza è necessaria per sottolineare, una volta in più, il supporto a una figura chiave della loro carriera. Una figura che, per assurdo, non è ancora riconosciuta giuridicamente.
“Siamo tutti addetti ai lavori, ma vi invito a non pensare che qui ci sia qualcosa di ovvio”, afferma Boris Sollazzo, vicedirettore di The Hollywood Reporter Roma, che modera la serata. “Stiamo parlando di una professione che viene lasciata senza un codice deontologico certificato, senza una persona giuridica, solo con il buon nome di una categoria che cerca di autoregolamentarsi”.
“Stiamo parlando di una parte della filiera che non è trascurabile neanche economicamente, oltre ad essere anche il motore di scelte, di direzioni e di tutele”, prosegue Sollazzo, introducendo ai presenti una mancanza di riconoscimento anche dal punto di vista finanziario.
“L’ASA (Agenti spettacolo associati) nasce nel 2020, perché la figura dell’agente all’interno del sistema cinematografico e audiovisivo non è riconosciuta legalmente”, spiega Stefano Chiappi, consigliere della società, che definisce come una trade union. Gli agenti, spiega, non hanno un cachet prestabilito previsto dalle emittenti televisive che ospitano i loro talent. “È come se si comprasse una casa senza dare una percentuale all’agente immobiliare. Ad esempio, per la Rai sono l’attore o l’attrice a dover pagare privatamente l’agente”.
E continua: “Se su un set salta un attore all’ultimo momento, la produzione può anche arrivare a chiamare noi agenti senza passare dal casting director. Noi chiediamo che ci siano delle linee guida. Almeno, che ognuno di noi sappia realmente se si trova nella direzione giusta o meno. Altrimenti si accavallano anche le situazioni”.
Alessandra Lateana, vicepresidente dell’ASA, invece, insiste su una disparità figlia di un settore bistrattato come quello dello spettacolo. “C’è una mancanza di attenzione per la nostra figura. Dal punto di vista legislativo non c’è niente che impedisca il nostro riconoscimento, in realtà potremmo essere considerati al pari di un agente di calciatori. Fanno il nostro stesso lavoro, solo che nei loro confronti c’è una tutela, un interesse. Abbiamo bisogno che tutto venga codificato. Perché altrimenti chiunque conosca un attore può diventare il suo agente”.
Quella dell’agente è una professione che, al momento, non dispone di corsi di formazione adeguati. “Non c’è un corso di studi, un master o un percorso di istruzione per diventare agente”, ribadisce Sollazzo. A tal proposito, Laura Muccino, direttrice dell’Unione Italiana Casting Director, manifesta la necessità di un progetto di riconoscimento a lungo termine per la figura dell’agente: “Sono due tipi di lavoro completamente diversi, quello del casting director e quello dell’agente”, che secondo la direttrice devono poter lavorare sullo stesso piano legale. “La cooperazione tra professionalità è importantissima perché ci consente di lavorare veramente nel rispetto reciproco e eleva il lavoro di tutti”.
Da qui l’urgenza non solo di autoregolamentarsi, ma anche di trovare un riscontro nelle norme e nella deontologia, affinché una galassia professionale poco raccontata e spesso sfruttata trovi finalmente una sua rappresentazione concreta. “Le associazioni nascono per questo, per far riconoscere le varie figure professionali. Perché queste possano promuovere un’eticità del lavoro che sia importante per tutti”, conclude Muccino.
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