“Abbiamo l’unità necessaria per combattere per le nostre carriere. Da domani saremo sui picchetti contro gli studios che hanno anteposto gli interessi di Wall Street a quelli del cinema. Vergognatevi, siete dalla parte sbagliata della storia. Noi diciamo no”.
È sciopero: il sindacato degli attori ha votato “all’unanimità per uno sciopero storico. Siamo le vittime, siamo sotto shock, prendiamo questa decisione con un gran peso nel cuore”.
Nessuno finga di essere sorpreso dallo sciopero degli attori di Hollywood. Neanche Fran Drescher – sì, proprio la tata Francesca della serie tv La tata, che ha annunciato con commozione la decisione “storica” – che nel bel mezzo delle trattative più importanti della storia del suo sindacato (e a un passo dalla sua rielezione a presidente dello stesso), ha pensato bene di presenziare a un evento modaiolo qui in Italia.
Dal 7 giugno le trattative tra major e attori, tra l’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP) – l’entità che rappresenta i principali studi e streamer, tra cui Amazon, Apple, Disney, NBCUniversal, Netflix, Paramount, Sony e Warner Bros. Discovery – e il sindacato che rappresenta oltre 160.000 interpreti televisivi, radiofonici, teatrali e cinematografici (SAG-AFTRA), non hanno fatto significativi passi avanti, soprattutto su temi ritenuti basilari dai volti di Hollywood.
Il clamoroso gesto del cast di Oppenheimer – ha fatto saltare la promozione del film più atteso della stagione, prevista per stampa e pubblico a Londra, il solo Christopher Nolan si è reso disponibile a rilasciare interviste ai giornalisti arrivati nella capitale britannica – è stato il momento in cui tutto il mondo ha capito che il sindacato avrebbe votato per il gesto clamoroso dello sciopero. E con grande senso dello spettacolo è stato scelto il day time negli Usa per la riunione decisiva, prime time per l’Italia e l’Europa, così da avere il massimo della copertura mediatica possibile.
In questo modo una Hollywood già piegata dallo sciopero degli sceneggiatori – in conseguenza del quale si possono girare solo prodotti scritti prima di marzo, e senza modifiche – rischia di essere spezzata dalla doppia mobilitazione contemporanea, che non avveniva dal 1960.
Lo scenario che si apre ora è davvero imprevedibile. E può, come ha fatto notare il CEO Disney Bob Iger, portare a una catastrofe. Il solo sciopero degli sceneggiatori nel biennio 2007-2008 costò al sistema cinema di Hollywood più di due miliardi di dollari: qui il rischio è un blocco totale di produzione e promozione, in una situazione di crisi ancora peggiore rispetto ad allora, a causa della pandemia.
Un disastro che porterà entrambe le parti a perdere ben più di quanto gli eventuali accordi nati dalle trattative in corso avrebbero potuto fare.
Intanto tremano Venezia, Toronto e gli Emmy. Le prime tessere di un domino che potrebbe essere lunghissimo. Volendo fare un gioco di parole, gli attori hanno fatto strike. E i birilli potrebbero essere i film delle prossime stagioni.
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