I David di THR Roma – Esmeralda Calabria: “La stranezza, un film segnato dalla felicità”

Candidata ai David di Donatello per il montaggio de La stranezza, la montatrice romana parla dell'empatia necessaria per montare. Un sentimento che le IA, dice, non avranno mai

Vincitrice di tre David di Donatello come miglior montatrice – nel 1999 per Fuori dal mondo di Giuseppe Piccioni, nel 2006 per Romanzo criminale di Michele Placido e nel 2020 per Favolacce di Damiano e Fabio D’Innocenzo – la romana Esmeralda Calabria è in cinquina per il miglior montaggio anche quest’anno, con La stranezza di Roberto Andò.

“Un film che ho amato tantissimo – racconta nell’intervista realizzata per i David di THR Roma – perché segnato dalla felicità. Un sentimento che si respirava dal materiale stesso, in montaggio: si percepiva un’amorevole gioia, scaturita dall’incontro fra attori che hanno trovato un modo splendido di relazionarsi”. Tanti i film montati da Calabria nel corso della sua lunghissima carriera, tantissimi quelli del cuore. A partire da Fuori dal mondo, il suo primo David: “Un film cui sono legatissima, il primo in cui sono stata davvero libera. Lavoravo da sola, non dovevo spiegare nulla a nessuno, potevo provare e sperimentare. Libera dall’idea che il film dovesse essere fatto in un certo modo. Il fonico mi diceva: questo film è tutto fuori sync (non sincronizzato, ndr). Quelle scelte sembravano un errore. E invece il rischio di andare fuori dal canone fu ripagato. Vinsi il primo, insperato, David di Donatello”.

Con Nanni Moretti, per La stanza del figlio, a un David ci andò vicina ma non lo vinse: “Moretti mi disse: il montaggio non si deve vedere. Lui voleva scene più realistiche possibili: i tagli e i cambi di inquadrature non dovevano far pensare a una manipolazione del materiale. La materia doveva viaggiare da sola. Per me è stato un grande insegnamento”.

Quanto al futuro della sua professione, Calabria è convinta che nessuna macchina possa sostituirsi all’essere umano: “Ci sono troppi elementi in gioco. Il rapporto del montatore con il materiale è emotivo e personale. Quando sei in confidenza con il materiale entri in uno stato quasi ipnotico, ti immedesimi nei personaggi. Conduci la storia a seconda della tua emozione, tenendo sempre conto, naturalmente, della struttura del film. Decidi dove portare l’emozione di una scena o di un personaggio. A cosa può ‘attaccarsi’, invece, una IA? A un algoritmo, a un’idea di film che ‘funziona’? Io non ci credo”.