In principio furono le fate, poi venne l’impero. Un termine nemmeno troppo esagerato per definire una società di produzione che ha chiuso l’anno con 120 milioni di euro di fatturato – cifra notevole per il nostro paese – unica in Italia per dimensione e posizionamento sul mercato. Fondata nel 1995 da Iginio Straffi – imprenditore marchigiano formatosi alla scuola dell’editore Bonelli, 58 anni – la Rainbow oggi è un gruppo che riunisce quattro società, Rainbow, Rainbow CGI, Colorado Film e Bardel Entertainment, con un portafoglio di contenuti e proprietà intellettuali fra cui il fenomeno delle fatine Winx (8 serie tv, 3 film per il cinema, 2 serie animate e una serie live action per Netflix), Huntik – Secrets & Seekers, Gladiatori di Roma, Maggie & Bianca Fashion Friends, Club 57 (con Nickelodeon Latin America), 44 gatti e il recente Pinocchio & Friends.
Appartiene alla scuderia Rainbow il franchise da biglietto d’oro degli youtuber Me contro Te (il prossimo film, Vacanze in Transilvania, sarà al cinema dal 19 ottobre), il film italiano di maggior successo su Netflix (Il mio nome è vendetta, sesto prodotto non inglese più visto in assoluto sulla piattaforma), la prossima commedia di Fabio de Luigi con Stefano Accorsi 50 km all’ora (in uscita all’inizio del 2024) e il film di Natale Un Babbo Natale per amico.
Ma soprattutto è Rainbow l’adattamento del fenomeno Fabbricante di lacrime, il libro più venduto in Italia nel 2022 con 450.000 copie, atteso prossimamente su Netflix. Oggi Straffi è al lavoro su tre nuovi progetti: la serie animata Merlinda – The Secret of Deep Ocean (titolo provvisorio), la serie reboot delle Winx e il lancio di un’ambiziosa avventura, la serie live action da 15 milioni di euro Gormiti – The New Era, ispirata alla linea di giocattoli distribuita in Italia da Giochi Preziosi.
A che punto è con Gormiti – The New Era?
Il progetto è entrato in lavorazione ad aprile e finiremo a dicembre. Sono 20 puntate, con attori veri, girate in Italia in inglese. Gli effetti speciali sono fondamentali. Li abbiamo iniziati sei mesi prima dell’inizio delle riprese e finiremo di lavorarli tra un anno. I Gormiti sono una proprietà intellettuale italiana: sono convinto che, se realizzato con attenzione, passione e idee, possa essere un prodotto capace di viaggiare all’estero.
E le Winx?
L’ultima serie animata è del 2017. Per tre anni abbiamo dato spazio al live action. Nel 2025 arriverà il reboot, una origin story animata, realizzata con le più moderne tecniche CGI. L’idea è quella di raccontare alle ragazzine di oggi come si sia formato il Winx Club: molte di loro non hanno potuto vedere la prima serie, andata in onda 22 anni fa e ormai, anche a livello di formato, fuori standard.
Dove vedremo Winx e Gormiti?
La Rai è un nostro partner storico, ma le presenteremo al mercato del MIPCom di Cannes (16-19 ottobre, ndr) anche per trovare una destinazione piattaforma. Il progetto di Merlinda nasce invece, fin dallo sviluppo, in partnership con Netflix: è la storia di una sirena che deve salvare il mondo.
Qual è la portata dell’investimento di Rainbow nell’animazione e nei film?
Solo per lo sviluppo, la Colorado l’anno scorso ha investito un milione e mezzo. Per la Rainbow parliamo di decine di milioni. La serie dei Gormiti ha un budget da 15 milioni, investiti senza avere un committente. Fabbricante di lacrime, che poi abbiamo venduto (a Netflix, ndr) è costato sei milioni e mezzo. Senza star.
Fabbricante di lacrime andrà su piattaforma: un’occasione persa per il cinema?
Sono convinto che sarebbe andato molto bene in sala. Ma il cinema è debole in Italia: i distributori hanno valutato l’uscita ma sono stati “timidi”. Non sono state fatte offerte all’altezza del titolo e dell’investimento sul prodotto. Non avrà un’uscita in sala, a meno che Netflix non voglia.
Che tipo di adattamento sarà?
Siamo rimasti abbastanza fedeli al libro (di Erin Doom, ndr). In questi casi bisogna avere rispetto degli ingredienti del successo. Vogliamo che i ragazzi ritrovino nel film le frasi celebri che in molti si sono addirittura tatuati addosso. Abbiamo discusso se mantenere il linguaggio del romanzo, poetico e romantico: alla fine abbiamo cambiato alcuni passaggi conservando quelli più iconici, che rimbalzano ancora oggi sui social.
Il mio nome è vendetta avrà un sequel?
Si presta a sequel e prequel. Per ora stiamo lavorando al sequel, ci sembrava più interessante per il pubblico delle piattaforme andare a raccontare cosa faccia la figlia del protagonista rimasta da sola: ovviamente sarà anche lei un’assassina in cerca di vendetta. Stiamo scrivendo la sceneggiatura, la produzione comincerà l’anno prossimo. È stato un grandissimo successo, 57 milioni di abbonati su 200 lo hanno visto. Ha funzionato la mia visione: quella di produrre con la Colorado dall’Italia per il mondo.
Facile a dirsi. Come si fa?
Cercando i generi. La commedia, in cui Colorado è sempre stata campionessa in Italia, fuori dal paese non viaggia. Quindi abbiamo cominciato con i thriller di Donato Carrisi, La ragazza nella nebbia e L’uomo del labirinto. Poi l’horror, con The Nest e A Classic Horror Story di Roberto De Feo. Infine l’action e il revenge movie con Io sono vendetta. Siamo usciti su piattaforma in un momento in cui su Netflix mancava quel prodotto. Abbiamo fatto tutto con budget italiano. Gli interpreti e i registi sono stati bravissimi.
State sperimentando le intelligenze artificiali?
Ovviamente ho ricevuto direi da anni, ma soprattutto negli ultimi mesi, delle sollecitazioni in questo senso. I nostri tecnici stanno sperimentando, ma in pratica non abbiamo ancora fatto nulla. Nemmeno una prova di sceneggiatura, la scrittura di un soggetto o la creazione di un personaggio. È un terreno scivoloso. Siamo curiosi, ma consapevoli che ci sia ancora tanto da fare soprattutto a livello di regolamentazione.
Lo sciopero di Hollywood ha inciso sulle vostre produzioni?
Solo marginalmente. Stavamo chiudendo con uno sceneggiatore americano per un film internazionale, ma lo sciopero è partito il giorno dopo. Tutto il resto lo facciamo in Europa. La nostra fortuna è che per i prodotti a cartoni lo sciopero non vale: gli sceneggiatori di cartoni animati possono comunque lavorare.
Il mercato dell’audiovisivo tende al conglomerato. L’italiana Indiana Production di recente è stata acquisita dal gruppo Vuelta. La Rainbow rimane italiana?
Oggi siamo il più grande gruppo di produzione italiano. Mi piace dire che ho invertito la tendenza: non solo ho comprato la Colorado anni fa, ma mi sono ricomprato le quote di Paramount (lo scorso gennaio Straffi è tornato in possesso della quota del gruppo che era in mano al colosso statunitense Viacom, ndr). Quello di Indiana era un processo inevitabile. Il sistema è debole in Italia, a livello di produzione, e non ci sono realtà in grado di dialogare alla pari con le piattaforme o altri grandi interlocutori. Si sapeva che Indiana stava cercando, e l’occasione è arrivata a compimento col gruppo Vuelta. Almeno non sono i soliti Banijay o Fremantle che vengono a fare shopping in Italia. Del resto se sei debole, sei in mano al mercato. E il mercato è in mano a chi ha i soldi.
La tentazione di lasciarsi acquisire non c’è?
Io spero sempre che dalla politica arrivino attenzioni maggiori per la produzione italiana. Se anche aprissi le porte dell’azionariato a qualcuno, mi piacerebbe che fosse un partner di minoranza, con cui costruire un progetto di consolidamento. La quotazione in borsa sarebbe importante per noi, perché ci darebbe accesso a capitali indispensabili per un’ulteriore crescita. Ma un compagno azionario per ora non c’è. E in borsa i numeri contano per avere successo. Se si è piccoli, si rischia di rimanere allo stallo.
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