Solo un anno fa Maha Dakhil, una delle maggiori agenti della Creative Artists Agency (Caa) teneva un incontro sull’antisemitismo e “l’importanza delle parole e i danni causati da esseri umani attraverso grandi piattaforme spesso non usate in modo responsabile”.
Dodici mesi dopo, Dakhil si ritrova al centro di una polemica innescata dal suo stesso uso di una grande piattaforma: Instagram, dove aveva oltre 27 mila follower prima di bloccare il suo account e cancellare i suoi post, tra cui appunto quelli a sostegno della Palestina. In seguito ai suoi commenti sulla guerra tra Israele e Hamas, Hollywood ha iniziato a prendere le distanze da lei.
Dakhil ha immediatamente eliminato i post e si è scusata: “Ho commesso un errore con un repost su Instagram story con linguaggio offensivo. Come molti di noi, sono stata sconvolta dal dolore. Sono orgogliosa di essere dalla parte dell’umanità e della pace. Sono molto grata ad amici e colleghi ebrei che mi hanno fatto notare le implicazioni e mi hanno istruita ulteriormente. Ho immediatamente rimosso il repost. Mi dispiace per il dolore che ho causato”.
Dakhil ha anche iniziato a telefonare, scusandosi di persona. Ma nel giro di pochi giorni ha perso il suo ruolo di co-responsabile dei film e si è dimessa dal consiglio di amministrazione interno dell’agenzia, almeno per il momento. All’interno dei ranghi aziendali, tuttavia, c’è ancora tensione. E Caa ha rifiutato di commentare.
Dai post per la Palestina alle accuse di antisemitismo
Tra coloro che conoscono o hanno lavorato con Dakhil, nessuno ha affermato di credere che sia antisemita. Ma alcuni ritengono che i suoi post non siano coerenti con la sua immagine di paladina della giustizia sociale, risalente alla fondazione dello sfortunato movimento Times Up. Un collega afferma: “Si mette sempre in prima linea su questi temi, poi ci sono i post su Instagram che la smentiscono”.
Secondo le fonti, Dakhil era sul punto di firmare un nuovo importante accordo con l’agenzia. Non è chiaro se le condizioni cambieranno ora che non ricopre più posizioni di leadership.
I dirigenti della Caa – già alle prese con tensioni sulla distribuzione del denaro in seguito a un cambio di proprietà e a una causa che accusa l’agenzia di essere stata complice nell’inviare i clienti agli incontri con Harvey Weinstein – si sono adoperati per salvare la carriera di Dakhil, contattando sia la lega anti- diffamazione che l’American Jewish Committee (Ajc), con cui la società aveva una partnership preesistente. La prima conferma che Dakhil ha avuto colloqui con l’amministratore delegato e direttore nazionale Jonathan Greenblatt, ma rifiuta di fornire ulteriori informazioni. L’Ajc conferma di aver fornito un tutor.
Le precedenti accuse a Israele
Alcuni a Hollywood non sono però convinti che Dakhil, figlia di immigrati libici, abbia bisogno di un tutor o che possa essere inconsapevole dell’impatto delle sue parole. Tra gli addetti ai lavori è stata diffusa una lettera all’editore che Dakhil aveva inviato al Daily Bruin dell’UCLA nel 1996, quando era una studentessa universitaria.
La lettera non è certo una prova schiacciante di antisemitismo. Dakhil si lamentava del resoconto del Bruin su una manifestazione di protesta contro un attacco israeliano nel sud del Libano che aveva ucciso 106 persone. Ha contestato la caratterizzazione del giornale della manifestazione come evento musulmano, quando “erano presenti persone di diverse etnie e religioni”. Ha anche notato che l’articolo in questione non menzionava “le brutali forze israeliane che hanno attaccato senza pietà vittime innocenti in Libano”.
Per i detrattori, la lettera del 1996 rivela che Dakhil si è espressa apertamente sui conflitti in Medioriente già da adolescente e che adesso non è credibile che “i suoi amici ebrei la stiano educando”. Un cliente di Caa ha dichiarato: “Sono rimasto più che altro sbalordito dalla stupidità della cosa: un’agente la cui società rappresenta così tante icone ebraiche, che pubblica una cosa del genere”.
Probabilmente perché la questione è così polarizzante, pochi si sono fatti avanti pubblicamente per lodare o condannare Dakhil. Ava DuVernay ha postato una foto di Dakhil sorridente con la didascalia “Il mio brillante agente, Maha Dakhil, un vero gioiello”, ma DuVernay non ha risposto a una richiesta di commento. Dan Erlij, agente televisivo senior della UTA, ha scritto: “A quanto pare, il limite per essere licenziati in questa città è NON postare discorsi d’odio che sono anche palesemente falsi su una piattaforma pubblica. Chi l’avrebbe mai detto?”. Si vocifera inoltre che Natalie Portman, nata in Israele e cliente di Dakhil, stia valutando un possibile cambio di rappresentanza.
Le accuse come forma di ritorsione
Un ex collaboratore afferma che alcuni dei detrattori di Dakhil non sopportano il suo successo. “È cresciuta come un razzo. Ovviamente, nella nostra società sessista, un uomo viene premiato per questo, mentre una donna viene chiamata ‘stronza’. Ma sono sempre stato molto colpito da lei. Si è guadagnata il suo successo, cosa che a volte è difficile”. Dice un altro ex insider: “Quando sei una persona così dura e la marea ti si rivolta contro, tutti vogliono buttarti giù”.
Per alcuni a Hollywood, i problemi di Dakhil derivano in parte dalla sua inosservanza della prima “regola”: l’agente non dovrebbe mai essere la storia. Dakhil è stata particolarmente pubblica, soprattutto nei suoi rapporti con i clienti. Ha postato foto di sé con Tom Cruise e Madonna.
Sono immagini che hanno portato alcuni detrattori ad affermare che Dakhil era arrivata a vedersi come un talento. Un insider della CAA ricorda un post su Instagram in cui lei si trucca in un bagno a Cannes. “Quello è stato il punto di svolta per le persone che hanno alzato gli occhi sul suo Instagram”, dice questa persona. Un ex collega chiede: “Conosci un agente con 27.000 follower su Instagram?”.
Un’altra questione sollevata da diversi addetti ai lavori è il motivo per cui a Dakhil è stato permesso di scusarsi e di ricevere un tutoraggio, occasione che la Caa non ha concesso ad altri agenti licenziati per simili questioni. È lecito quindi ancora chiedersi come andrà a finire l’incidente. Dakhil sarà reintegrata nelle sue precedenti posizioni, come alcuni ritengono probabile? In caso contrario, accetterà la retrocessione? “Sarà interessante vedere se ci sarà una vera punizione o meno”, afferma un concorrente. “Quando ora gira per la città, la gente la guarderà storto. Le parole hanno delle conseguenze”.
Traduzione di Pietro Cecioni
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