Centodiciotto. Sono i giorni di sciopero che la SAG-AFTRA, il sindacato degli attori americani, ha impiegato per arrivare ad un accordo con l’AMPTP, sindacato dei produttori, sulla scia dei 146 giorni di stop da parte degli sceneggiatori (WGA) che, valorosi, hanno guidato la rivolta nelle writing room e sui set di Hollywood. Gli interpreti oltreoceano hanno dimostrato un principio importante: restare uniti. Ed è proprio Unita il nome dell’associazione italiana per la tutela e la salvaguardia degli attori e delle attrici dello spettacolo (acronimo che sta per: Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo), che dal 2020 porta avanti il proprio impegno per la tutela dei lavoratori del settore.
Figlia della pandemia, nata nel momento peggiore per cercare la via d’uscita migliore dopo l’inciampo del lockdown, Unita cerca di contribuire al sostegno di uno degli ambienti “ritenuti più floridi dal punto di vista economico – commenta Vittoria Puccini, presidente dell’associazione -, ma che viene spesso dimenticato quando si tratta di garanzie a livello sociale e politico”. Partiti in 111 e arrivati attorno ai 1700 iscritti, i componenti del direttivo si ritrovano insieme per un bilancio sui primi passi di una realtà che ha invaso anche gli schermi di Roma (grazie al partner Urban Vision), su cui passano i volti della nostra industria italiana, a ricordarci che anche chi ci regala storie merita di essere salvaguardato. “Diverse interpretazioni, uguali diritti” lo slogan accanto a ognuna delle loro facce.
“Lo sciopero negli Stati Uniti dei nostri colleghi è stato importantissimo”, continua Puccini. “Noi come Unita abbiamo sempre dato la nostra solidarietà. Hanno dimostrato di avere un’enorme coscienza di categoria, che forse in America esiste da più tempo, e che speriamo sappia diventare altrettanto forte anche in Italia. È stato bello vedere che lì, come anche da noi, siano stati i volti noti, le star hollywoodiane, a mettere a servizio quella visibilità che altri colleghi non hanno, per garantire tutele e diritti ai lavoratori più fragili, per un insieme che ci vede tutti professionisti alla pari”.
Bonus di “indegnità”
Non a caso, uno degli obiettivi di più stringente attualità è l’opposizione al bonus sull’indennità di discontinuità, chiamato amorevolmente dai diretti interessati “indegnità”, come ricorda Fabrizio Gifuni – al panel insieme anche a Fabrizia Sacchi, Pietro Sermonti, Claudia Gerini, Thomas Trabacchi, Daniela Giordano, Francesca Romana De Martini, Giorgio Marchesi, Mia Benedetta, Francesco Bolo Rossini, Ileana D’Ambra e Jacopo Olmo Antinori.
Per rendere chiaro il problema, il direttivo usa l’esempio dell’insegnamento: un professore non è professore solamente nelle quattro o cinque ore in cui tiene lezione la mattina. Un professore è un professore anche quando il pomeriggio corregge i compiti, fa corsi di aggiornamento, tiene colloqui e nel doposcuola. Un professore viene pagato per la totalità delle ore svolte, non per quel pezzo di giornata in cui si confronta con i suoi studenti. Lo stesso dovrebbe accadere con attori e maestranze del mondo dello spettacolo, che non smettono di esserlo nel momento in cui si mettono in pausa per lavorare su progetti in maniera più approfondita, per studiare al meglio un ruolo, un film o una pièce a cui prendere poi parte.
“È una ferita che ci portiamo dietro”, commenta Puccini, il cui impegno, così come del resto degli associati, viene svolto gratuitamente 365 giorni l’anno, 24h su 24h. “Ciò che l’esecutivo attuale propone è un surrogato insoddisfacente, perché non è altro che un bonus, come quelli che abbiamo ricevuto in pandemia, assegnato con criteri arbitrari e non corrispondenti alle nostre reali esigenze”. Una proposta che tradisce filosoficamente la legge delega, approvata sotto il governo Draghi, e che dimostra il mancato riconoscimento di un lavoro che è, al 100%, un lavoro, la cui intermittenza è parte della sua stessa natura. E non è il solo questione di bonus.
Un altro scopo verso cui Unita punta per il 2024, è il raggiungimento di un contratto collettivo nazionale del lavoro, inesistente per le attrici e gli attori. “C’è bisogno di regolamentazione, solo così si potrà arrivare a creare un welfare”, afferma la presidente. “È essenziale per l’impianto industriale, altrimenti è il Far west”. Per arrivare a un quadro di insieme completo, si deve cominciare a piccoli passi. È per questo che Unita, nel raggiungimento dei suoi propositi, si concentra di volta in volta su traguardi individuali, al fine del bene comune. Importanza fondamentale per la formazione della figura dell’intimacy coordinator, di cui l’associazione cura la formazione per il futuro della categoria professionale in collaborazione con Anica Academy.
“Voglio dare una testimonianza da uomo di più di cinquant’anni che fa questo lavoro da altrettanti – prende parola Pietro Sermonti – La prima volta che ho saputo che una figura specifica avrebbe supervisionato le scene di sesso, ho reagito come potete immaginare: ma a che serve, non si è mai fatto, ma che vogliono adesso. Sono felice di essermi ricreduto. Non posso pensare che una ragazza di vent’anni, che magari viene dalla provincia, deve sentirsi a disagio se deve spogliarsi o girare una scena in cui si entra in contatto. E devo anche rendermi conto che se quella ragazza si sente in pericolo, è anche per causa mia”. Pericolo che comincia ancor prima, al momento dei casting, è che coinvolge indifferentemente uomini e donne.
Unita: puntare, mirare, conquistare
Per tale motivo Unita – insieme all’Unione italiana casting directors (U.I.C.D.), Amleta, Agenti spettacolo associati (A.S.A.) e Libera associazione rappresentanti di artisti (L.A.R.A.) – ha stilato un documento che punta all’osservanza di linee guida nei luoghi di lavoro, dalle sale casting alle scuole, fino alle agenzie, affinché tutte le parti coinvolte possano essere informate.
E informare, appunto, soprattutto i giovani interpreti sulle corrette modalità in cui devono essere svolti i provini, per aiutarli a individuare possibili inesattezze e bandiere rosse. Un problema atto a salvaguardare tanto le attrici, quanto molti attori, mettendo al corrente possibili vittime di molestie del fatto che, per loro, è necessario sapersi proteggere, ma ancor più che ci sarà qualcuno ad ascoltarli quando avranno bisogno di parlare (e denunciare).
Se uomini e donne si trovano sullo stesso piano della bilancia quando si tratta di trovare l’entrata in questo mondo del lavoro, è fondamentale che anche ai più giovani vengano consegnati gli strumenti adatti con cui approcciarsi a un mestiere in cui vengono sennò buttati allo sbaraglio.
Nella loro prima riunione ufficiale con “i grandi” – a seguito di un iniziale incontro dedicato agli under 35 lo scorso lunedì 11 dicembre – Jacopo Olmo Antinori e Ileana D’Ambra rappresentano un bisogno anche da parte del ramo più giovane di fare gruppo. Di fare sistema, buttando le basi per un coinvolgimento intergenerazionale, che guarda agli studenti col progetto Uniti per la scuola (che si avvia al secondo anno) e che si interseca con un altro gap da dover colmare: la parità di genere.
“Nella produzione di film e serie, vediamo che più della metà dei personaggi femminili vengono ricoperti da attrici tra i 20 e i 38 anni. Dopodiché spariscono, per ricomparire dopo i 65-70 anni. Per non parlare del fatto che, la maggior parte delle volte, sono costole dei personaggi maschili, senza tenere conto che il pubblico principale italiano è composto da donne, per lo più sopra i 45 anni”.
A spiegarlo è Francesca Romana De Martini, che insieme a Mia Benedetta si focalizza sull’intenzione di portare all’attenzione del ministero una proposta che incentivi l’erogazione di fondi trainata dal “female driven”, ossia che “a parità di punteggio per i contributi selettivi, vengano rilasciati gli investimenti in cui c’è più del 60% di capi reparto femminili. Vorremmo anche fare come la Francia, che ha istituito un fondo apposito per colmare la differenza e il dislivello causato dalla disparità di genere. C’è da chiedersi come mai Sky, in Gran Bretagna, applica una politica del 50 e 50 per i cast, e da noi invece è diverso”.
Puntare, mirare e raggiungere l’obiettivo. Unita è reale, è attiva ed è un ombrello sotto cui attrici e attori possono (e vogliono) sostenersi a vicenda. L’augurio di quella coscienza collettiva di cui Vittoria Puccini parla e verso cui è diretta assieme ai colleghi. E di cui non vediamo l’ora di scoprire tutti gli altri successi e le altre imprescindibili iniziative.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma