“La Cina è tornata?”, “Is China back?”. Dopo l’European Film Market di Berlino anche il Marché du Film di Cannes tornerà a parlare di mercato cinese, con una serie di eventi di match-making organizzati nel pomeriggio del 18 maggio con l’associazione no profit sino-europea – da dieci anni partner della manifestazione – Bridging The Dragon.
“Il Covid ha aumentato autarchia e isolazionismo della Cina. È stato una tempesta perfetta – racconta il romano Cristiano Bortone, 54 anni, regista, produttore e direttore amministrativo di Bridging the Dragon – il mercato cinematografico del paese si è letteralmente chiuso in se stesso, con un box office al 95% di prodotto locale. Prima del Covid gran parte dell’incasso internazionale dei film europei proveniva dalla Cina. Adesso che le importazioni sono arrivate al minimo storico, il danno è gravissimo. A febbraio fortunatamente sono arrivati segnali di cambiamento che ci fanno sperare in una nuova affluenza di acquisti a Cannes”.
I film italiani in Cina, una storia d’amore
Bortone, impegnato ad aprile tra Calabria e Puglia nelle riprese del suo nuovo film Il mio posto è qui, storia di emancipazione femminile nell’Italia anni ’40, tratto dall’omonimo romanzo della coregista Daniela Porto (in pubblicazione per Sperling & Kupfer), ha una lunga esperienza sul campo. Primo regista italiano a coprodurre con la Cina (Caffè, 2018), lo scorso giugno ha finanziato con la cinese Kaixin Mahua la commedia romantica La ricetta italiana dalla regista Hou Zuxin. Uscito in 9000 sale in Cina, dopo un passaggio sulla piattaforma YouKu, a breve il film approderà in chiaro sulla tv cinese. “Considerato che il mio coproduttore cinese è abituato a fare tra i 300 e i 400 milioni di euro a film, La ricetta italiana, uscita a cavallo della pandemia, ha fatto numeri per loro non straordinari.
Ma dal punto di vista europeo fare qualche milione di incasso è già qualcosa di pazzesco. Senza contare che, in piattaforma, le visualizzazioni sono state circa 90 milioni”. In Cina Bortone tornerà a giugno, per il festival di Shanghai. Nel frattempo a Pechino lavora la sua sede operativa (il nome in cinese significa letteralmente “qualcosa di piccolo che vola”), amministrata da un team locale e da un producer cinese “senza il quale, in tre anni di pandemia, non sarei riuscito a gestire tutto”.
Bridging the dragon, l’unione fa la forza
Dopo aver facilitato la vendita dei diritti di remake degli italiani Nowhere Special di Uberto Pasolini (General Dream Studio), Veloce come il vento di Matteo Rovere e 18 regali di Francesco Amato (entrambi acquistati da Lian Ray Pictures), Bridging the Dragon, spiega Bortone, si allargherà ancora di più ad Est. “Su spinta dei nostri associati spingeremo per l’apertura ad altri paesi d’oriente, a partire da Giappone e Corea. Sono paesi il cui mercato, per diverse ragioni, è stato fino ad oggi simile a quello cinese: poco interessato al prodotto occidentale e molto focalizzato sul locale. Ora però stanno cominciando a interessarsi al meccanismo della coproduzione, offrendo la loro disponibilità a condividere il rischio in nome della globalizzazione del prodotto”.
Dall’associazione, che conta più di 80 soci tra Europa e Cina con una rete di circa un migliaio di contatti, non fa più parte Anica: “Anica ha deciso di distaccarsi e di portare avanti il suo progetto con la Cina. Un’operazione di grande glamour, ma non mi pare che abbia portato a molto. La forza della nostra associazione è la dimensione europea: per interfacciarsi con società cinesi da centinaia di dipendenti si è più forti insieme. Non è solo una questione di lingua e cultura, ma di modalità produttiva. La dimensione europea, di gruppo, ci permette di scambiarci competenze in un’attività percepita in Italia, paradossalmente, come di nicchia”.
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