La dinamica industria dell’intrattenimento della Corea del Sud sta iniziando a sperimentare alcune delle stesse agitazioni sindacali che hanno scosso Hollywood. Facendo eco agli scioperi dei sindacati degli sceneggiatori e degli attori, che hanno bloccato il settore cinematografico e televisivo negli Stati Uniti, la Directors Guild of Korea sta facendo pressioni sui legislatori del suo Paese affinché rivedano la legge sul diritto d’autore che impedisce ai registi di ricevere compensi sui diritti residuali dei film di successo, nonché di indire scioperi per la contrattazione collettiva.
In aprile, i membri del sindacato dei registi della Corea del Sud sono scesi in piazza al centro di Seoul, dove il Ministero della Cultura coreano stava tenendo una conferenza stampa sulla legge locale riguardo il diritto d’autore. È stata la prima protesta di piazza del gruppo dal 1998, quando il governo statunitense, nell’ambito dell’accordo di libero scambio tra Washington e Seul, aveva chiesto alla Corea del Sud di abolire il sistema delle quote di proiezione, che imponeva ai cinema locali di proiettare film coreani per almeno 146 giorni all’anno per promuovere l’industria cinematografica nazionale.
Venticinque anni dopo, i registi si preparano a riunirsi nuovamente per protestare contro quello che definiscono il “crollo delle fondamenta creative” dell’industria cinematografica coreana.
Le richieste della Directors Guild of Korea
La Directors Guild of Korea chiede una revisione dell’attuale legge sul diritto d’autore, che stabilisce che tutta la proprietà intellettuale e i profitti derivanti dai contenuti video appartengono esclusivamente ai fornitori di servizi – compresi gli studios storici e le piattaforme di streaming – e non devono essere condivisi con i singoli professionisti che hanno partecipato alla creazione. La legge nega inoltre a registi e sceneggiatori freelance il diritto allo sciopero e alla contrattazione collettiva.
Alla luce di queste linee guida, compagnie come Netflix hanno affrontato poche pressioni organizzate per pagare diritti residuali a registi e sceneggiatori della Corea del Sud, anche in caso di enormi successi come Squid Game.
“Senza la revisione della legge sul diritto d’autore, non abbiamo alcun potere contrattuale per negoziare le questioni relative alla remunerazione con le case di produzione”, ha dichiarato a THR Yun-jeong Lee, portavoce della Directors Guild of Korea. “Non siamo ancora in grado di discutere i dettagli dei modelli di distribuzione dei pagamenti. Con la revisione della legislazione, vogliamo avviare la discussione e chiedere un livello minimo di diritti per condividere i profitti con le compagnie, così che la remunerazione di base non sia pari a zero, come è ora”.
Lunedì, la Directors Guild of Korea terrà una conferenza stampa presso l’edificio dell’Assemblea Nazionale di Seoul, esortando i legislatori a elaborare rapidamente le proposte di legge che sono attualmente in attesa di una revisione finale da parte del Comitato Permanente dell’Assemblea Nazionale.
Attualmente sono in attesa di approvazione diverse proposte di legge relative alla revisione della legge sul diritto d’autore. Tra questi, un disegno di legge proposto da Lee Yong-ho, un legislatore del People Power Party al governo, che si allinea alla posizione della Directors Guild of Korea e mira a consentire a registi e sceneggiatori di richiedere un compenso aggiuntivo “se c’è uno squilibrio significativo tra il compenso dei creatori e i profitti derivanti dall’uso dell’opera protetta da copyright”.
In base all’attuale legge coreana, gli sceneggiatori che lavorano per le stazioni radiotelevisive ricevono i diritti residuali dai servizi di streaming e dalle emittenti. Per i registi e gli sceneggiatori indipendenti che realizzano la maggior parte dei film e delle serie, invece, ricevere i diritti residuali è una rara eccezione. Gli operatori del settore spiegano che ciò è dovuto in parte al loro status contrattuale di freelance, che secondo la legge locale nega loro il diritto alla partecipazione alla proprietà intellettuale, alla condivisione dei profitti e persino il diritto di sciopero.
Le proposte dei registi della Corea del Sud
Di conseguenza, Bong Joon-ho, in qualità di membro della Directors Guild of America, riceve i diritti residuali per le visioni del suo Okja, film originale Netflix, negli Stati Uniti, ma Hwang Dong-hyuk, il creatore e regista coreano di Squid Game, non ne riceve, nonostante il successo globale della serie.
“Le nostre richieste sono molto semplici al momento”, afferma Lee. “Non chiediamo una grande quantità di denaro. Vogliamo solo avviare la discussione sul sistema di remunerazione e creare linee guida accettabili all’interno del settore”.
La Media Platform Alliance for Copyrights Issues, un collettivo composto da fornitori di servizi quali emittenti locali, canali via cavo e servizi di streaming, ha espresso le proprie preoccupazioni in merito alla proposta di legge.
A giugno hanno rilasciato una dichiarazione in cui sostengono che le proposte di legge riviste potrebbero indebolire gli investimenti e non considerano l’attuale struttura del mercato, in cui i produttori e i fornitori di servizi sostengono quasi tutti gli oneri finanziari e i rischi legati ai risultati degli show, fornendo al contempo una retribuzione stabile a registi e sceneggiatori.
“Le proposte di legge si concentrano su alcuni casi di successo che hanno generato profitti, e rappresentano gli interessi di una sola parte”, si legge nella dichiarazione. Hwang, il regista di Squid Game, ha anche ammesso in precedenti interviste di aver avuto la libertà creativa di concentrarsi sul suo lavoro perché Netflix si è assunta il rischio di investire in una produzione che altri network avevano rifiutato.
Ma Lee, della Directors Guild of Korea, spiega che la situazione per la maggior parte dei registi coreani è molto difficile. Secondo il sindacato, i suoi membri dedicano in media 4 o 5 anni a una singola produzione e ricevono uno stipendio medio annuo di 18 milioni di won (13.644 dollari), che è inferiore al salario minimo del Paese se applicato a un programma di lavoro a tempo pieno.
“Speriamo che il governo possa fungere da mediatore nelle trattative con le società”, afferma Lee. “Per attutire l’impatto, il governo potrebbe anche prendere in considerazione la possibilità di erogare finanziamenti ai fornitori di servizi che accettano il sistema di remunerazione”.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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