Appena una settimana fa la notizia di una massiccia e prolungata frode al box office ha scosso l‘industria cinematografica coreana. Secondo l’ufficio anticorruzione dell’agenzia di polizia metropolitana di Seoul, 69 dirigenti delle maggiori catene cinematografiche del Paese – CGV, Lotte Cinema e Megabox – e 24 distributori, tra cui Showbox, sono stati iscritti nel registro degli indagati. Per la polizia le sale cinematografiche si sarebbero accordate con i distributori per far lievitare le cifre delle vendite dei biglietti per almeno 323 film negli ultimi cinque anni, fornendo informazioni false al Korean Film Council, l’ente governativo responsabile della raccolta dei dati di incasso locali.
Alcuni addetti ai lavori del settore cinematografico coreano affermano che le pratiche scoperte dalla polizia sarebbero in realtà un “segreto di Pulcinella” nell’industria, e non necessariamente negative. Gran parte del risentimento che sta montando nell’industria cinematografica coreana è rivolto alle principali società di multiplex, di proprietà di grandi conglomerati nazionali, con un potere di mercato senza rivali. Gli addetti ai lavori sostengono che i conglomerati sarebbero i principali responsabili di queste pratiche irregolari, finite improvvisamente sotto esame.
La polizia di Seoul sostiene che negli ultimi cinque anni sarebbero stati falsificati fino a 2,67 milioni di ingressi nelle sale cinematografiche, anche per film come il kolossal Emergency Declaration del 2021 e il thriller poliziesco Hot Blooded dello scorso anno. Le società coinvolte nell’indagine sono sospettate di aver organizzato “proiezioni fantasma”: i distributori avrebbero acquistato in massa biglietti per proiezioni a tarda notte o al mattino presto, proiettando film in sale quasi vuote, in modo da aumentare i numeri totali al box office.
“Raccomandiamo al consiglio del cinema e al ministero della cultura di servirsi di un sistema migliore, perché i cinema sono gli unici responsabili della trasmissione dei dati sugli incassi, e attualmente non ci sono sanzioni contro i distributori e le case di produzione che si accordino con loro”, ha dichiarato la polizia di Seoul in un comunicato.
Secondo gli addetti ai lavori, la pratica di “gonfiare” i dati del box office è ampiamente nota nel settore e coinvolge distributori e case di produzione che riservano numerosi posti in sala a scopo promozionale. I multiplex spesso richiederebbero tali accordi come condizione preliminare per ottenere l’accesso ai loro schermi. I biglietti promozionali, utilizzati per anteprime speciali o eventi di marketing, sono conteggiati come parte delle normali vendite nel totale degli incassi del film, anche se l’affluenza effettiva è spesso inferiore al numero di ingressi. Parte del problema risiederebbe nel fatto che la Corea utilizzi un sistema basato sulle presenze come parametri chiave per gli incassi, piuttosto che i ricavi delle vendite come accade a Hollywood. Quando le presenze vengono confrontate con gli incassi, dunque, possono emergere disparità causate dagli acquisti di massa operati dal marketing.
“È ridicolo che si dica che queste pratiche sono illegali”, ha detto un esperto del settore che lavora in produzione. “Alcuni cinema selezionano e proiettano i film solo se i distributori acquistano in anticipo la maggior parte dei posti”.
“Non bisogna dare l’illegalità per scontata”, ha aggiunto Oh Dong-jin, critico cinematografico di Seoul, secondo il quale non tutte le attività di marketing delle società sarebbero illegittime. La polizia di Seoul, tuttavia, ha etichettato come “criminale” ogni pratica dio acquisto di massa dei biglietti.
“Le società organizzano proiezioni per la stampa, proiezioni vip e proiezioni per addetti ai lavori prima dell’uscita di un film”, spiega Oh. “Ci sono casi in cui l’affluenza effettiva è inferiore ai posti prenotati. In altri casi, una società acquista moltissimi biglietti e poi li cancella, solo per far risultare un certo numero di prenotazioni. Serve un sistema per individuare le frodi. Ma non si può semplicemente dire che le proiezioni con il tutto esaurito e la scarsa affluenza siano crimini, considerato il sistema con cui si calcola il box office”.
Le voci sui brogli al botteghino sono emerse l’anno scorso, al culmine di un forte calo del pubblico cinematografico in Corea del Sud, proprio quando Emergency Declaration superava i due milioni di biglietti venduti in soli 18 giorni – impresa che all’epoca sembrava improbabile. La polizia ha fatto irruzione negli uffici delle sale cinematografiche e dei distributori locali avviando un’indagine.
“È possibile che ci siano stati degli errori nel conteggio tra i biglietti prenotati e l’affluenza effettiva, ma credo che le conclusioni della polizia siano state esagerate”, afferma Kim Seong-su, critico culturale di Seoul. “Sono convinto che il box office locale sia stato gestito in modo abbastanza trasparente”.
Kim cita come esempio The Red Herring, un documentario sull’ex ministro della Giustizia Cho Guk, poi caduto in disgrazia, incluso nell’indagine della polizia. Le forze dell’ordine hanno spiegato che l’affluenza effettiva per alcune proiezioni del film, che si diceva fossero da tutto esaurito, era significativamente inferiore al numero di spettatori dichiarato. Ma il film è stato prodotto attraverso una campagna crowdfunding sostenuta dai seguaci politici di Cho.
“Per film di questo tipo è consuetudine regalare i biglietti in anticipo ai singoli investitori”, spiega. “Non tutti poi si presentano alla proiezione. Magari hanno solo voluto investire nel film per sostenere Cho e lo spirito dell’opera”.
Indipendentemente dall’esito dell’indagine, in molti dicono che accoglierebbero con favore una maggiore trasparenza nel settore della distribuzione e dell’esercizio cinematografico in Corea. Un regista coreano che ha parlato in forma anonima ha ammesso che la mancanza di chiarezza sull’uso dei budget destinato al marketing è una perenne fonte di lamentele per l’industria.
“I registi vengono remunerati in base ai profitti ottenuti con la vendita dei biglietti, dopo aver pagato i costi di produzione effettivi e le spese di marketing, ma non sempre riceviamo dati precisi su quanto e come venga speso il budget del marketing”.
Sebbene il consiglio cinematografico coreano non sia l’obiettivo principale dell’indagine della polizia, alcuni operatori del settore sostengono che la situazione sia il risultato di una “gestione sconsiderata” dell’organizzazione e di una scarsa supervisione del settore. Poco dopo l’irruzione della polizia nelle società cinematografiche, il ministero coreano della Cultura, dello sport e del turismo, che supervisiona il consiglio per il cinema, ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale il bilancio dell’organizzazione sarebbe stato gestito in modo inadeguato, alludendo a problemi di trasparenza nella selezione dei beneficiari dei finanziamenti.
“La controversia sulla manipolazione degli incassi nell’industria cinematografica ha minato la fiducia del pubblico nel sistema di conteggio dei biglietti del consiglio del cinema coreano e nell’industria cinematografica”, ha dichiarato il ministro della cultura coreano Park Bo-gyun. “Per recuperare la fiducia, il consiglio deve adottare diverse misure, ad esempio modificare gli attuali metodi di conteggio del box office, passando da un sistema basato sugli ingressi a uno focalizzato sulle entrate economiche”.
Park ha aggiunto che il ministero rivedrà attivamente la legge e multerà i distributori cinematografici e le sale sorprese a omettere o manipolare deliberatamente i dati relativi agli incassi. Il Korean Film Council ha dichiarato a The Hollywood Reporter di essere in linea con la dichiarazione di Park.
La protesta nasce in un momento in cui il settore cinematografico coreano sta ancora lottando per riprendersi dalla dura flessione del mercato causata dalla pandemia. Secondo il consiglio cinematografico coreano, il totale delle presenze cinematografiche in Corea del Sud nella prima metà del 2023 è stato di 58,39 milioni, appena il 57,8% della media delle presenze nello stesso periodo dal 2017 al 2019.
Traduzione di Pietro Cecioni
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