La voce si era diffusa già molto prima dell’annuncio ufficiale: alla fine del 2017 in Arabia Saudita fu varata l’abolizione del divieto trentennale di accesso ai cinema. “Si diceva che c’erano già dei cinema nei centri commerciali e che bastava togliere il sipario e dire ta-dà, un cinema!”, racconta Alaa Fadan. Aggiunger Ibraheem Al Khairallah: “Mi guardavo intorno e pensavo: ma quello lì all’angolo è un cinema?”.
Ma Fadan e Al Khairallah non erano semplici appassionati di cinema sauditi in trepidante attesa. In qualità di co-fondatori del pionieristico studio di contenuti Telfaz11 con sede a Riyadh, insieme al collega Ali Kalthami, avevano trascorso anni a preparare accuratamente se stessi e la loro azienda, che ha iniziato producendo video online, al fine di trarre il massimo vantaggio una volta che la notizia storica fosse diventata realtà. Come osserva Fadan: “Noi eravamo pronti: tutto quello che avevamo fatto l’avevamo fatto per prepararci a fare film”.
Record nelle sale in Arabia Saudita
Non sono passati nemmeno sei anni dall’annuncio e l’Arabia Saudita è il paese con il box office in più rapida espansione del pianeta. E Telfaz11 sta guidando l’impetuosa corsa al cinema del Paese, riempiendo le sale, infrangendo i record e battendo gli Studios di Hollywood. All’inizio di 2023, il suo primo film ad arrivare nelle sale saudite, Sattar – una commedia d’azione in cui un uomo depresso diventa un lottatore di wrestling freestyle, nata da un’idea di Al Khairallah – ha scalzato Avatar: La via dell’acqua dal primo posto, diventando in due settimane il film locale di maggior successo di tutti i tempi. Nonostante il clamore suscitato da Barbenheimer, Sattar ha ottenuto più spettatori (903.000) rispetto a Barbie (343.000) e Oppenheimer (679.000), anche se, grazie all’Imax, il film di Christopher Nolan lo ha superato in termini di incassi (11,6 milioni di dollari contro i 10,8 di Sattar).
Telfaz11 si sta preparando per il suo primo grande debutto nei festival, con due lungometraggi in arrivo a Toronto. Naga, che segue le stesse orme comiche di Sattar con la storia di una ragazza saudita bloccata tra le dune (insieme, tra l’altro, a un cammello in cerca di vendetta), fa parte di un accordo di 8 film con Netflix firmato nel 2020. Mandoob, invece è un film ambientato nel mondo raramente visto della vita notturna saudita e segue un corriere sfortunato che s’inabissa nel mondo del contrabbando di alcolici. Mandoob segna anche il debutto alla regia di Kalthami, il cui cortometraggio Wasati, del 2016, ha vinto numerosi premi internazionali, e porta Telfaz11 in territori più drammatici.
Una strategia preparata negli anni
Tutto questo fa parte di una strategia continuativa e orchestrata con cura, che è stata la caratteristica dell’azienda fin dai suoi inizi, quando Fadan e Kalthami si sono incontrati per la prima volta alla fine degli anni 2000, si sono appassionati alle fotocamere DSLR e hanno (alla fine) lasciato il loro lavoro.
L’Arabia Saudita era ancora lontana dall’aprirsi, con la maggior parte delle forme di intrattenimento tenute in clandestinità: ma i due intuirono l’incredibile quantità di energia creativa repressa – sostenuta da una popolazione giovane e altamente digitalizzata – pronta a essere liberata. Volevano, dice Fadan, essere un “catalizzatore di questo ambiente straordinario”.
La loro attenzione si è accentuata quando Al Khairallah – già parte della scena stand-up emergente saudita – si è unito ai loro ranghi. Al Khairallah – che sarebbe diventato più noto con il suo personaggio comico di Fat Khairo – aveva battuto nuove strade come primo comico saudita a passare dall’inglese, che era la lingua di fatto, all’arabo. Così i tre si sono messi in società, avendo concluso che c’era bisogno di una voce autentica, che abbracciasse la cultura locale, nella lingua madre, e che parlasse alla loro generazione in un modo che nessuno aveva mai fatto prima. “Sapevamo di essere sulla buona strada”, dice Fadan. E aveva ragione.
In principio fu la satira
Una delle loro prime creazioni, lo sketch show La Yekthar, iniziato nel 2010 e che prendeva tranquillamente in giro la società e la politica saudita, ha presto accumulato molti milioni di visualizzazioni. Inizialmente era ospitato sul loro sito web, che alla fine si è bloccato sotto il peso del traffico ogni volta che hanno pubblicato un nuovo episodio, costringendoli a sborsare soldi per una maggiore larghezza di banda. Così l’hanno messo su YouTube, diventando vere e proprie star di questa piattaforma.
La Yekthar ha generato diversi spin-off di altrettanto successo (uno basato esclusivamente su un pupazzo di alligatore), mettendo in mostra i propri muscoli creativi (Faden ha inizialmente prodotto, mentre Al Khairallah e Kalthami hanno scritto, diretto e recitato) insieme a un pool di talenti sauditi, molti dei quali stanno ora contribuendo a plasmare l’emergente industria cinematografica e televisiva del Paese.
Sin dall’inizio è stata presa la decisione deliberata di organizzarsi professionalmente come un’impresa, una delle prime in un’economia creativa, quella dell’Arabia Saudita, che all’epoca letteralmente non esisteva. “Abbiamo visto molti creatori di contenuti andare e venire, ma non avevano il piano giusto”, dice Fadan. “Non appena abbiamo iniziato a vedere qualche guadagno, ci siamo detti: ok, dobbiamo essere strategici”. L’azienda è stata inizialmente registrata come C3 – acronimo di Creative Culture Catalyst – con Telfaz11 come marchio commerciale (e come nome del canale YouTube), ma con il passare del tempo tutto è passato sotto questo nome.
Mentre i loro contenuti altamente virali – tra cui il video di successo mondiale No Woman No Drive del 2013, realizzato dal comico ed ex membro di Telfaz11 Hisham Fageeh – li avrebbero visti etichettati come YouTubers, il loro rapporto con Internet era “semplicemente una necessità”, sottolinea Kalthami. “Non avevamo il cinema, non avevamo i mezzi per fare televisione… la scelta di produrre in digitale è stata fatta per pura necessità”, osserva. “Ma abbiamo sempre pensato a noi stessi come a dei registi”.
Fiumi di milioni
A distanza di un decennio, con una serie crescente di lungometraggi, non ci sono dubbi sulle credenziali cinematografiche di Telfaz11. La società – che nel 2021 si è assicurata un finanziamento multimilionario da parte di un consorzio di finanziatori locali (tra cui la catena di cinema Muvi) – ha ora uffici a Riyadh e Dubai, con uno staff di circa 50 persone, a cui si aggiungono altre 60-70 di Shift, l’agenzia creativa regionale acquisita all’inizio dell’anno (Fadan dice che la loro popolarità online ha fatto sì che i marchi si mettessero rapidamente in contatto per sfruttare la loro creatività).
L’ingresso di Telfaz11 nel mondo del cinema a tutti gli effetti avrebbe potuto avvenire prima, naturalmente. Ma anche in questo caso si è trattato di essere strategici.
L’idea di Sattar, il loro film da record, è nata molto prima dell’apertura delle sale cinematografiche, ma, avendo capito che si trattava di una storia da raccontare sul grande schermo, Al Khairallah l’ha parcheggiata fino al momento giusto. Anche quando i primi cinema hanno iniziato ad aprire i battenti nel 2018, non si trattava di una corsa: volevano aspettare che il numero di schermi in tutto il Paese raggiungesse la massa critica. Come nota Al Khairallah, “volevamo che si formasse la giusta dose di confidenza con i film”.
Volevano anche studiare il box office nascente. Lanciare Sattar alla terza settimana di Avatar 2 non era una cosa che temevano, avendo visto che la fantascienza e l’animazione in genere non ottenevano buoni risultati e che i grandi titoli di studio tendevano a calare notevolmente dopo il primo fine settimana. Sapevano anche che i film egiziani – che avevano ottenuto ottimi risultati – e altri titoli hollywoodiani sarebbero rimasti ben lontani dall’epico sequel di James Cameron. “Quindi si trattava di aspettare, vedere il mercato e vedere come andava”.
Studiare il mercato
Il trio sta ora aspettando e osservando il mercato per le sue prossime uscite, con Mandoob, presentato al TIFF, che fa parte di un piano per allontanarsi dalle loro origini di commedia verso altri generi, nella speranza di attirare un pubblico ancora più vasto.
Al Khairallah fa notare che Top Gun Maverick è attualmente il film che ha incassato di più in Arabia Saudita, con 1,2 milioni di spettatori (e un incasso di circa 22,3 milioni di dollari). “Ma quant’è la popolazione dell’Arabia Saudita? Sono più di 30 milioni”, dice. “Allora dove sono questi altri 29 milioni? Forse stanno aspettando un horror, forse stanno aspettando un film drammatico. Non lo so, ma dobbiamo scoprirlo”.
Qualunque cosa scoprano, senza dubbio si tratterà di un’operazione attentamente ponderata e puntuale, una tattica che finora ha funzionato egregiamente per Telfaz11. Come nota Fadan: “Non possiamo dire di aver avuto il primo film saudita nei cinema, ma possiamo dire di aver avuto il maggior successo”.
Traduzione di Pietro Cecioni
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