I produttori statunitensi non sono tutti in linea con l’AMPTP, l’associazione degli Studios e delle maggiori piattaforme streaming contrapposta ai sindacati di autori e attori. Lo dimostra la lettera, con oltre 2300 firme, inviata martedì 10 ottobre all’Alliance of motion picture and television producers. Il messaggio, indirizzato a Carol Lombardini, a capo dell’AMPTP, è chiaro: “Per favore, rimuovete la parola ‘produttori’ dal nome della vostra organizzazione”, come riportato per primo da Deadline.
In una copia del documento, condivisa con The Hollywood Reporter si legge che “l’inclusione di ‘produttori’ nel nome implica in modo impreciso che tutti i produttori facciano parte di questa organizzazione” e fa notare che nessuno degli indipendenti che hanno firmato è membro dell’AMPTP. La lettera continua affermando che, mentre le aziende associate all’AMPTP “possono tecnicamente ‘produrre’ film e televisione, la parola ‘produttore’ riflette una professione e un ruolo all’interno di una troupe cinematografica e televisiva che non è quello che fanno le aziende associate all’AMPTP o i loro dipendenti”.
La differenza tra produttori e AMPTP
L’AMPTP negozia per conto di centinaia di case di produzione su decine di contratti di lavoro in corso ed è guidata da otto membri “di classe A”, che attualmente includono Disney, NbcUniversal, Paramount, Sony, Netflix, Amazon, Apple e Warner Bros. Discovery.
Secondo i firmatari della lettera, tra cui Jason Blum (M3gan), Effie Brown (Dear White People), Nina Jacobson (Hunger Games), Dede Gardner (Anche io), Todd Black (The Equalizer 3 – Senza tregua) e Stacey Sher (The Hateful Eight), l’AMPTP ha “ingiustamente tirato dentro i produttori nelle posizioni dell’organizzazione” e le trattative hanno “generato confusione” e “influenzato negativamente i produttori in molteplici modi al di fuori del loro controllo”.
Il fatto che i produttori indipendenti non facciano parte dell’AMPTP è una questione su cui molti addetti ai lavori insistono da anni, attraverso numerose battaglie sindacali, anche se i produttori sono stati particolarmente espliciti sull’argomento durante gli scioperi degli sceneggiatori e degli attori del 2023. Le astensioni dal lavoro hanno portato sotto i riflettori l’AMPTP, un’organizzazione di categoria spesso poco trasparente.
Dopo le osservazioni fatte da Sean Penn al Festival di Cannes a maggio, in cui ha confuso l’organizzazione di categoria Producers Guild of America con l’AMPTP, chiamando satiricamente la prima “Bankers’ Guild”, i presidenti Stephanie Allain (Hustle & Flow) e Donald De Line (Ready Player One) hanno chiarito la differenza tra le due organizzazioni in un articolo di THR. “Siamo un insieme di singoli produttori, non un insieme di società a scopo di lucro”, hanno spiegato.
La petizione
La lettera del 10 ottobre, invece, è nata da una petizione su Change.org della Producers Union, un gruppo di produttori di film che sta cercando di organizzarsi per la contrattazione collettiva. I produttori, che in gran parte non fanno parte di un sindacato, non hanno una soluzione unica per l’assistenza sanitaria, un salario minimo o altri benefici caratteristici del lavoro sindacalizzato.
“Non siamo rappresentanti delle aziende interessate dallo sciopero. La maggior parte di noi non ha accordi con loro. Non siamo al tavolo delle trattative. Quindi vogliamo davvero iniziare a cambiare questa narrazione delle cose”, spiega Laura Lewis (Tell Me Lies), membro del comitato esecutivo della Producers Union e una delle organizzatrici della lettera. Aggiunge: “Con le aziende che ne fanno parte, abbiamo tanti problemi quanti ne hanno sceneggiatori e attori”.
In un comunicato pubblicato lo stesso 10 ottobre, la PGA ha dichiarato: “La Producers guild sostiene gli sforzi della Producers Union e di tutti i produttori che si battono per i diritti fondamentali dei produttori, tra cui un equo compenso, l’accesso ai benefit essenziali e all’assistenza sanitaria”.
La Producers Union, un’iniziativa lanciata nel 2021 durante il Covid, conta finora circa 200 membri. “I primi due anni sono stati dedicati alla ratifica dello statuto e alla definizione delle procedure legali”, spiega Lewis. “Direi che ora siamo nella fase due, ovvero la crescita dei membri, e siamo ancora ai primi passi, ma abbiamo bisogno di numeri per ottenere sostegno e questo è l’obiettivo”.
Finora l’AMPTP, contattata da THR, non ha risposto alla lettera e Lewis ammette di non sapere se l’organizzazione lo farà mai. “Ci piacerebbe fare una conversazione con Carol Lombardini, ma se riusciamo perlomeno a sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che esiste questa distinzione e che i produttori non ricevono il minimo indispensabile che ricevono tutti gli altri membri del sindacato, allora avremo iniziato a sostenere la nostra causa”. E ha aggiunto: “Il nostro obiettivo finale è quello di sensibilizzare un maggior numero di persone sulla nostra situazione”.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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