A Roma piove a dirotto, l’Italia è incollata alla tv per i funerali di Silvio Berlusconi, ma fuori dalla Casa del Cinema, sotto alla gigantografia di Marcello Mastroianni, gli sceneggiatori resistono: fedeli alla linea, sorridono al fotografo mentre la pioggia si abbatte impietosa sui cartelli della Writers Guild Italia.
Sono una trentina – e non era scontato – gli sceneggiatori italiani schierati in solidarietà con la WGA America, che oggi, in contemporanea con i colleghi europei di Belgio, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Slovenia e Spagna, hanno manifestato per un paio di ore resistendo sotto al cielo grigio della Capitale, in nome della lotta comune: stipendi migliori, regolamentazione dell’uso delle intelligenze artificiali e trasparenza dei dati sulle views (le visualizzazioni) dei prodotti distribuiti dalle piattaforme. Nessun nome “pesante” nel gruppo (tra le firme più note Massimo Torre, sceneggiatore di Don Matteo, e Francesca Romana Massaro, autrice del film in uscita a luglio Rido perché ti amo), ma partecipazione sentita del “popolo” della scrittura: sceneggiatori di mestiere, magari meno noti dei colleghi-star, ma altrettanto sfavoriti dalle condizioni di lavoro della categoria.
Le battaglie comuni
“Anche se la situazione contrattuale italiana è molto diversa da quella americana, con i colleghi abbiamo in comune molte battaglie – racconta Giorgio Glaviano, presidente WGI – innanzitutto quella sulle intelligenze artificiali, il cui uso su prodotti di medio livello comincia a far paura. Le macchine progrediscono velocemente, ma la qualità resta molto bassa. Ci uniamo inoltre alla battaglia dei colleghi americani per la trasparenza dei dati: accedere alle views reali dei prodotti sulle piattaforme migliorerebbe le nostre condizioni contrattuali, e ci permetterebbe di partecipare ai residuals (i diritti, ndr) delle opere viste nei diversi paesi”.
Nel gruppo dei manifestanti, a sorpresa, anche qualche collega americano di passaggio a Roma. Tra loro la due volte premio Pulitzer per il teatro Lynn Nottage, della WGA, ospite a Roma dell’Accademia americana. “Sono in Italia, ma non sto lavorando. È strano non scrivere – racconta – ma è necessario. Questa lotta è importante, perché le decisioni che verranno prese ora avranno ricadute sui prossimi vent’anni. Sono qui anche perché sono grata agli sceneggiatori italiani per la loro solidarietà: questa è una battaglia che riguarda chiunque stia scrivendo per la tv e il cinema. Siamo tutti danneggiati dalle politiche degli streamer e dai nuovi modelli di lavoro imposti alla categoria. Spero che i produttori capiscano quanto siamo seri: il sostegno del sindacato degli attori è molto importante, ma lo è anche la solidarietà che ci arriva dagli altri paesi del mondo. Dobbiamo lottare, uniti come un solo corpo. Se l’inattività mi deprime? È la prima volta che mi fermo da anni. Ora che la pressione si è allentata, ho finalmente il tempo di chiedermi cosa significhi per me fare questo lavoro e perché lo stia facendo. Lo considero un dono”.
Contratti al ribasso
Glaviano, intanto, annuncia nuove iniziative (“Stiamo studiando altre forme di protesta per sensibilizzare le persone, i fruitori che dal divano di casa accedono a prodotti scritti da noi”) e conferma la netta opposizione degli italiani alla pratica del “dumping”, ovvero il lavoro “a rimpiazzo” dei colleghi in sciopero. “I nostri associati di categoria alta, quelli abituati a lavorare all’estero, sono già stati contattati per sostituire gli americani in lotta. Ovviamente sulla base di contratti al ribasso, italiani e non americani. È una pratica da sempre diffusa nell’Est Europa e adesso anche in Asia, specialmente in Corea. Noi ci opponiamo: no al dumping e lotta comune”.
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