Cento giorni senza le penne degli sceneggiatori, in sciopero a Hollywood, pochi meno senza il lavoro degli attori che promuovono i loro film, senza stelle sui red carpet (vedi la prossima Mostra di Venezia) e senza un accordo in vista. Nè il sindacato degli autori (WGA) né quello degli attori è vicino a una cessazione delle ostilità, e quindi una risoluzione o una tregua, con il sindacato dei produttori (AMPTP).
A Los Angeles tutto è fermo, la città è paralizzata, come ogni metropoli che, nonostante le dimensioni, si basi su una sola industria. Non guadagnano gli autori e gli attori ma nemmeno i ristoranti, le tintorie, le imprese di pulizie, i saloni di parrucchieri, i fiorai. In questa calda estate californiana, la città condivide numerosi scioperi in settori diversi e solidali nella lotta. I negozianti non se la prendono con gli scioperanti. Per loro, hanno detto all’AFP, “la palla è nel campo dei grandi capi di Paramount, Netflix e degli Studios”.
Lo sciopero di Hollywood colpisce i commercianti
Nella sua lavanderia, accanto agli studi della Warner Bros e della Disney, Tom Malian guarda con apprensione il girello delle camicie e delle giacche. Dopo oltre tre mesi di sciopero a Hollywood, dice all’AFP, la situazione è preoccupante: il girello è mezzo vuoto. Il blocco delle riprese di film e serie ha portato all’abbandono degli uffici e dei set nei dintorni di Burbank, nella periferia di Los Angeles. “Se gli uffici sono vuoti, non ci portano i vestiti”, racconta Malian, 56 anni e 70% del guadagno grazie ai dipendenti degli studi. Per far fronte a questo problema, il proprietario ha ridotto l’orario di apertura del suo negozio, con otto dipendenti, ma “le bollette rimangono le stesse e le spese non cambiano”.
Come lui, anche i proprietari dei ristoranti denunciano grandi difficoltà. Persino durante l’ora di punta del pranzo fanno fatica a riempire gli spazi. La produzione cinematografica e televisiva genera ogni anno 70 miliardi di dollari di stipendi in California, secondo la Film Commission statale. L’ultimo sciopero degli sceneggiatori nel 2007-2008 è costato all’economia californiana 2,1 miliardi di dollari in 100 giorni, secondo un’analisi del Milken Institute. Soglia appena superata.
“Ho perso circa il 75% dei miei affari”, ha dichiarato all’AFP Boris Sipen, proprietario di un’azienda di trasporti privati. Senza le riprese e le serate promozionali, ora impiega solo una delle quattro auto di lusso che possiede, per i viaggi verso l’aeroporto. Tanto più che gli Emmy Awards, che avrebbero dovuto svolgersi a settembre e che gli fornivano un’importante fonte di reddito, sono stati rinviati a tempo indeterminato.
La preoccupazione sembra diffondersi anche tra i democratici della California, che si spendono in appelli per sbloccare la situazione. A fine luglio, il governatore Gavin Newsom ha annunciato di essersi offerto di mediare tra le varie parti, e la sindaca di Los Angeles Karen Bass si è rammaricata dell'”impatto profondamente negativo” dello sciopero sulla sua città.
L’anno degli scioperi di Los Angeles
Di fronte a forti disaccordi con gli studios su una migliore distribuzione dei ricavi dello streaming e su possibili salvaguardie per controllare l’uso dell’intelligenza artificiale, il conflitto potrebbe protrarsi fino all’autunno o alla fine dell’anno. Los Angeles è una delle città con il più alto costo della vita negli Stati Uniti.
Ad alimentare le fiamme dello sciopero di autori e sceneggiatori è anche il flusso di scioperi sindacali che ha colpito Los Angeles negli ultimi 12 mesi. A dicembre, gli studenti laureati dell’Università della California (UCLA) hanno aderito a uno sciopero di cinque settimane. Il 2 luglio migliaia di lavoratori negli hotel della California hanno incrociato le braccia chiedendo una paga più alta e migliori benefici, dando inizio a quella che potrebbe essere la più grande manifestazione dei lavoratori degli hotel statunitensi della storia recente. E l’8 agosto si sono fermati per 24 ore gli addetti agli sportelli comunali, ai rifiuti, al traffico e ai servizi aeroportuali. Lo stop degli 11mila dipendenti municipali della seconda città americana rappresenta il più grande sciopero del settore pubblico in quarant’anni.
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