“Ciao a tutti, io sono Blu, il primo Avatar di Rai Cinema. Sono stato creato per parlarvi del meraviglioso mondo del cinema. Nelle prossime settimane vi porterò dietro le quinte di film, condividerò interviste esclusive con attori e registi e vi racconterò le curiosità più interessanti del nostro mondo”. A parlare è l’avatar di Rai Cinema, ambassador digitale di Rai Cinema, nato dal progetto Holden ai StoryLab intrapreso insieme alla Scuola Holden in partnership con Transmedia Lab dell’Università La Sapienza di Roma, una lente sulla formazione e sperimentazione incentrati sull’Intelligenza artificiale generativa.
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“È costato 50 centesimi”, rivela Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema. “Ma il mio resta il punto di vista di un boomer, a cui l’intelligenza artificiale inquieta”.
Il dibattito sull’intelligenza artificiale
Lo dichiara all’Audio-Visual Producers Summit Trieste, appuntamento per i top player nazionali e internazionali dell’industria audiovisiva durante i tre giorni di panel e approfondimenti in cui confrontarsi tra sulle tematiche più attuali nella realizzazione, produzione e distribuzione dei nuovi contenuti. Impossibile non toccare l’argomento che sta infuocando gli scioperi che stanno infiammando Hollywood, ma che inizia a bussare anche nei nuovi modelli del settore italiano. Su cui si confronta proprio la Rai nelle figure di Del Brocco e di Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Fiction.
“Il ragionamento sull’intelligenza artificiale è in fieri”, commenta Ammirati. “Siamo nel pieno di una rivoluzione tecnologica. Ma l’impatto che avrà sulla nostra industria, se mai l’avrà, non la vedremo a breve, richiederà ancora diversi anni. Su questo tema siamo in ritardo rispetto ai contraccolpi che stanno subendo gli Stati Uniti. Personalmente amo la tecnologia, so che ci serve e anche noi ne prendiamo i risultati a piene mani. Sono però consapevole che a volta ci trasforma, anche malamente. Ma non possiamo sottrarcene, l’uomo è legato alla tecnologia fin dall’invenzione della ruota. L’unica paura che può suscitarmi è che possa influire non tanto sul modo in cui lavoriamo, visto che già ad oggi la utilizziamo, ma su come pensiamo al lavoro”.
Niente emozioni forti
Un timore che si riversa soprattutto sull’aspetto dell’artisticità del lavoro del cinema e della serialità. Continua Maria Pia Ammirati: “Oggi una macchina può scrivere una sceneggiatura, anche abbastanza bene, ma quel tipo di scrittura non avrà picchi, non avrà bassi, non avrà emozioni forti. Al massimo dovremmo preoccuparci che, visto che queste macchine mangiano dati, potrebbe voler dire che un domani potrebbero copiare anche le nostre capacità emozionali. Anche le più profonde. Questa è la maggiore fonte di riflessione su cui concentrarci”.
“Affidarsi alle intelligenza artificiali comporterebbe alla standardizzazione del prodotto, alla banalità dei contenuti”, fa eco Paolo Del Brocco “Non si può studiare un simili fenomeno. Per questo siamo in comunicazione con la scuola Holden, per andarne a fondo e conoscerne possibilità e limiti, insieme anche ai rischi. Ma sono fiducioso, la nostra cultura è ancora umanista, mette al centro l’uomo, è ancora e sempre rivolta all’espressione della sua creatività”.
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