Andy Warhol, The King of Pop Art: a Milano l’antologica di una rivoluzione dell’immaginario

Esposte in galleria oltre venti sue opere originali, dal controverso Mao del '72 all'iconica Marilyn Monroe

The King of Pop Art, esclama giustamente il sottotitolo: apre domani l’11 maggio a Milano l’attesa mostra antologica dedicata a Andy Warhol. Un modo per immergersi in una delle maggiori rivoluzioni artistiche del ventesimo secolo, quella che ha preceduto, accompagnato e illustrato lo sconvolgimento dell’immaginario degli anni sessanta e settanta, mescolando alto e passo, cinema e arte figurativa, musica e fumetto, provocazione e design.

L’esposizione (Galleria Deodato Arte, via Nerino 1), raccoglie oltre venti sue opere originali, molte delle quali provenienti da mostre museali.

Tra tutte, vero protagonista è Flowers, pezzo unico in seta su tela, datato 1980, pubblicato su catalogo ed esposto in numerose mostre museali. Ma anche Drag Queen, serigrafia tratta dalla celebre serie Ladies and Gentlemen del 1975, 10 fotografie realizzate per il direttore della rivista Interview Bob Colacello, che raffigurano delle drag queen del locale notturno di Hell’s Kitchen a New York.

In viaggio da Marilyn Monroe a Mao

Il Mao, opera controversa realizzata nel 1972 in edizione limitata partendo dall’immagine tratta dal famoso Libretto rosso. Infine, la serigrafia su carta di Marilyn Monroe, uno dei soggetti preferiti dell’artista, la diva morta nel 1962 trasformata in icona della cultura di massa. L’opera è firmata in originale sul retro da Andy Warhol ed è siglata “this is not by me, Andy Warhol”, un riferimento ironico alla paternità dell’opera davanti alla forzatura della stamperia belga Sunday B. Morning, che decise di lanciare una ristampa per l’Europa della prima serie delle Marilyn, nonostante in un primo tempo Warhol non fosse disponibile a collaborare a questa iniziativa.

Le ossessioni di un’opera d’arte vivente

La mostra rappresenta un’occasione importante per ripercorrere il viaggio Warhol nell’arte e nella cultura occidentale: artista poliedrico, eccentrico, non ha mai temuto il giudizio dei critici e ha saputo portare l’arte in una nuova dimensione. Con la sua ricerca incessante, alimentata dalle sue stesse ossessioni, Warhol ha elevato ad opera d’arte l’oggetto più comune, ha messo a nudo il potere del consumismo e della pubblicità svelando il potere del colore pop. Un viaggio nel quale lui stesso ha saputo trasformarsi in una sorta d’opera d’arte vivente: la sua immagine, i suoi autoritratti, il suo volto, sono diventate loro stesse un’icona.

La fucina multimediale della Factory

Pittore, grafico, illustratore, scultore, sceneggiatore, produttore cinematografico e televisivo, regista, figura predominante del movimento della Pop art e uno dei più influenti artisti del “secolo breve”, Warhol è nato artisticamente a New York, dove ha iniziato a lavorare come grafico pubblicitario per Vogue, Glamour e Harper’s Bazar, ottenendo subito ampi consensi, fu un artista a tutto tondo, e il più grande fautore del concetto della riproducibilità e della commercializzazione dell’opera d’arte. Dopo le prime mostre negli anni’50, artista iniziò a realizzare le sue prime serigrafie intorno al 1962, scegliendo come soggetto i personaggi dei fumetti, i prodotti commerciali e le icone del suo tempo.

Desideroso di dedicarsi ad un progetto più ampio, nel 1962 Andy Warhol fondò la Factory, uno studio in cui i collaboratori dell’iniziatore della pop art producevano le serigrafie, ma anche un punto di ritrovo per artisti superstar come Jean-Michael Basquiat e Keith Haring. Curioso si cimentò anche nel mondo della musica, come finanziatore  del primo disco dei Velvet Underground (leggendaria la copertina “della banana”) e dell’editoria, come produttore televisivo della Andy Warhol’s TV.