Una sfilata di Lamborghini in pieno centro, il direttore del festival Thierry Frémaux che si azzuffa con un poliziotto (il video vola su Twitter), uno yacht saudita di 78 metri al porto. Niente.
L’arrivo sul red carpet di Cannes del trio di leggende, Martin Scorsese, Robert De Niro e Leonardo DiCaprio, per la prima di Killers of the Flower Moon, ha fatto passare qualsiasi altro evento in secondo piano.
Anche perché, oltre alla folla di curiosi accalcata contro le transenne sotto alla pioggia – con tutto il rispetto per Johnny Depp e Harrison Ford: altri numeri – alla corte di questa Hollywood al cubo è arrivata a porgere i propri sfarzosi omaggi gran parte della nobiltà cinematografica globale: Kirsten Dunst (moglie di Jesse Plemons, nel cast del film), Cate Blanchett, Tobey Maguire, Salma Hayek, Isabelle Huppert, Paul Dano e Anaïs Demoustier, il cantante Robbie Williams e una manciata di modelle a caso (la russa Irina Shayk, la tedesca Lorena Rae, la danese Josephine Skriver), il fashion designer Riccardo Tisci e pure due nobili veri, la Principessa Carolina di Monaco e Charlotte Casiraghi.
E mentre la sala si riempiva, tutti in piedi ad accogliere in standing ovation i divi, in un clima di austerità si preparava il red carpet successivo, per il film Dry Grasses del turco Nuri Bilge Ceylan: salire sulla montée de marches dopo Scorsese dev’essere come arrivare tardi a una festa in croisette e scoprire che lo champagne è finito. Buona anche l’acqua frizzante, per carità. Però.
Nel frattempo, nel mondo intorno al red carpet, fuori dalla proiezione fiume del film di Scorsese (tre ore e mezza), succedevano cose. Gli ambientalisti in particolare, forse galvanizzati dalla presenza di DiCaprio – storicamente sensibile al tema – hanno messo a punto due dimostrazioni.
Una al porto, davanti al mega yacht Montkaj, di proprietà di un miliardario saudita, e l’altra all’aeroporto, dove il gruppo “Extinction Rebellion” ha introdotto sulla pista di atterraggio di Cannes-Mandelieu delle automobiline telecomandate e caricate a fumogeni, riuscendo così a impedire il decollo di un jet privato. Comune la causa (yacht e aerei delle star sarebbero responsabili dell’80% delle emissioni di CO2 del festival: solo la nave saudita consuma 800 litri di gasolio all’ora), identico lo slogan: “Non lasciamo che gli ultraricchi distruggano il pianeta”.
Un messaggio che a poveri e ultrapoveri è arrivato forte e chiaro. Perché se ne accorgano anche gli ultraricchi, forse, bisognerà aspettare che finisca lo champagne.
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