Nel 1959, all’American International Toy Fair di New York, fece il suo debutto un’ingenua donnina di plastica di 29,21 cm dalle improbabili proporzioni da bomba sexy. Nella sua prima versione, Barbie fu commercializzata come “Teen Age Fashion Model” ed era basata sulla bambola tedesca Bild Lilli, che la co-fondatrice della Mattel Ruth Handler aveva visto durante i suoi viaggi in Europa.
All’epoca, Bob Mackie studiava da costumista al Chouinard Art Institute, ormai chiuso, nel quartiere Westlake di Los Angeles. Avrebbe intrapreso una carriera leggendaria nella moda e nello spettacolo, ma il suo occhio per le forme femminili era già ben definito. Quando vide per la prima volta Barbie, non ne rimase colpito.
Bob Mackie ha reso Barbie, Barbie
“Non pensavo fosse molto alla moda”, dice della bambola, che in origine indossava un semplice costume da bagno con motivo a zigzag bianco e nero, orecchini a cerchio e una sbarazzina coda di cavallo bionda.
Non poteva sapere che sarebbe diventato una delle persone più strettamente associate alla trasformazione di Barbie in un’icona femminista, una star a tutti gli effetti. Il suo status di celebrità mondiale sarà di nuovo in mostra questo mese, quando il film di Greta Gerwig sull’omonimo giocattolo, interpretato da Margot Robbie, arriverà nelle sale il 21 luglio (in Italia il 20).
Mackie, oggi ottantaquattrenne, ha creato 47 bambole diverse per la Mattel, con un’ampia varietà di forme del viso, tipi di corpo e storie. La Mattel avrà anche creato Barbie, ma è Bob Mackie che l’ha resa famosa.
Primo contatto
Quando la Mattel si rivolse a Mackie per fargli disegnare la sua prima Barbie, alla fine degli anni Ottanta, la sua carriera nel mondo dello spettacolo era ormai consolidata grazie al suo lavoro di costumista in una serie di spettacoli a Broadway e Las Vegas, nonché in programmi televisivi di varietà come Mitzi Gaynor’s Mitzi … Roarin’ in the 20’s e The Sonny & Cher Show. Aveva vestito celebrità come Judy Garland, Tina Turner, Cher, Diana Ross e Carol Burnett. È stato Mackie, come assistente del costumista Jean Louis, a disegnare l’abito che Marilyn Monroe indossò quando cantò Happy Birthday a John F. Kennedy nel 1962, e che Kim Kardashian ha indossato nuovamente al Met Ball 60 anni dopo, una scelta che lo stesso Mackie ha criticato.
Le sue creazioni gli sono valse nove Emmy e tre nomination agli Oscar, tra cui quella del 1973 per La signora del blues, con Diana Ross. Nel 1982, il prolifico stilista ha lanciato anche la sua linea prêt-à-porter.
“Ci sono stilisti di moda che non sanno fare i costumi”, dice Burnett, dicendo che Mackie ha creato circa 17.000 costumi per il suo iconico programma di varietà della Cbs. “E poi ci sono costumisti che non si occupano di moda – continua – ma Bob fa tutto. Lui ti dà il pacchetto completo”.
Gli inizi alla Mattel
La prima creazione di Mackie per Mattel risale al 1990. Si trattava di una Barbie “Gold” in edizione limitata, con una lunga coda di cavallo bionda, un top che scopriva l’ombelico, una gonna con una cascata di paillettes dorate e un boa piumato. Il fatto che la bambola sembrasse prefigurare il look quasi identico sfoggiato poco dopo da Madonna nel suo tour, non fece che confermare la prodigiosa sensibilità di Mackie per lo zeitgeist.
Ma Mackie si allontanò presto dalle tendenze prevalenti dell’epoca, alla ricerca di qualcosa di nuovo. “A quel tempo tutte le ragazze americane avevano i capelli biondi”, racconta. E continua: “Una volta che abbiamo iniziato a fare tutti i tipi di colori [e lunghezze] di capelli, è stato un modo per rendere Barbie chiunque volesse essere e con qualsiasi aspetto volesse”.
Sebbene Mattel abbia collaborato con diversi stilisti fin dai primi anni Ottanta – tra cui Oscar de la Renta, Donna Karan e Donatella Versace – Mackie è considerato il primo stilista ad aver creato una bambola completa. “Non solo la moda, ma anche l’intero look della bambola, dai capelli al viso”, afferma Bill Greening, designer principale e storico del marchio Barbie alla Mattel.
La nuova estetica per Barbie
Mackie è anche responsabile dell’introduzione di una nuova espressione, più sofisticata, per la bambola, che l’ha vista trasformarsi in una donna multidimensionale. “Quando Mattel lanciò una versione a bocca chiusa dell’espressione della superstar, questa debuttò sulla bambola Neptune Fantasy di Bob Mackie [nel 1992] e divenne nota come ‘espressione Mackie'”, afferma Greening. E continua: “È molto amata dai collezionisti di Barbie”.
L’estetica massimalista di Mackie ha fatto in modo che Barbie potesse maturare senza diventare troppo compassata. “Mackie si concentra sull’essere eccessivo nel modo più glamour possibile”, afferma Greening.
Le bambole di Mackie indossavano essenzialmente abiti di alta moda in miniatura. “Ero un vero e proprio costumista. E non avevo alcun desiderio di farle assomigliare alla contabile o alla hostess di una compagnia aerea”, dice. “È più orientato alla fantasia. Poteva essere tutto ciò che volevamo”. Noto per i suoi abiti da sera pieni di complessi dettagli per i red carpet e il palcoscenico, spesso adornati con piume, paillettes, pietre preziose e sezioni trasparenti posizionate ad arte, Mackie ha infuso il guardaroba di Barbie – e, per estensione, la sua identità – con la stessa drammaticità e lo stesso stile che le sue celebri clienti aspettavano da lui.
Mackie non ha diluito il suo approccio ai costumi per la piccola superstar della Mattel: “Quando si lavora con una ragazza alta 29 cm, è tutta una questione di scala, scala, scala”, dice. Le creazioni dello stilista per Barbie richiedono spesso tecniche di ricamo e di applicazione a mano di perline, come nella collezione multiculturale International Beauty, che Mackie cita come la sua preferita.
Dal palcoscenico a Barbie
Le lussuose creazioni di Mackie per le bambole erano a volte liberamente ispirate a motivi visivi che lui stesso aveva creato per il palcoscenico: la sua Jewel Essence Collection del 1997 per Mattel, ad esempio, nasceva dal lavoro sui costumi pesantemente decorati per i grandi spettacoli di Las Vegas.
I dirigenti della Mattel erano incantati dal lavoro di Mackie nel The Sonny & Cher Show e suggerirono di collaborare a una Barbie il cui abbigliamento potesse assomigliare a quello indossato da Cher. Sarebbe diventata la prima di molte Barbie basate sulle clienti hollywoodiane di Mackie. Seguiranno presto bambole ispirate a Diana Ross e Carol Burnett. (Burnett dice di aver ricevuto centinaia di Barbie Burnett dai fan che le chiedevano autografi).
Mattel afferma di vendere circa 100 bambole Barbie al minuto. Questa popolarità è dovuta in gran parte ai contributi di Mackie nel corso degli anni. “Sia che si tratti di ricami, paillettes o glitter… stiamo davvero cercando di catturare la magia di Mackie in scala Barbie”, afferma Greening, che ha lavorato per la prima volta con lo stilista su una serie di Barbie Cher che ricreano gli abiti memorabili della cantante nel corso dei decenni (compreso il suo controverso costume da nativa americana del video di Half Breed del 1973).
Il mondo in cui viviamo
Le Barbie di Mackie ispirate alle star non sono state le prime a monetizzare la celebrità. “Negli anni Trenta sono state prodotte migliaia di bambole Shirley Temple”, osserva Mackie. “Non è affatto un’idea nuova”. Ma il suo lavoro è stato nuovo in quanto ha impacchettato un glamour apparentemente inaccessibile e aspirazionale in un prodotto di massa.
Nell’ambito della sua visione di ampliare la portata, l’impatto e l’autenticità di Barbie come icona culturale, Mackie è stato categorico nell’affermare che Barbie doveva incarnare diverse etnie e indossare una varietà di abiti culturalmente specifici (anche se resi nel suo caratteristico stile Mackie). “In tutte le sfilate che ho fatto con ragazze vere, ho sempre assunto ragazze di diverse etnie”, dice Mackie con semplicità, obiettando quando gli si dice che che il suo approccio alla rappresentazione era in anticipo sui tempi. “E perché no? È il mondo in cui viviamo”.
Per lo stilista americano, Barbie non è solo un modello inanimato su cui tracciare le sue idee e i suoi ideali, ma una donna di potere come quelle che ha vestito nella sua carriera. Dice Mackie, sempre risoluto e fantasioso: “Può essere qualsiasi cosa. È stata tutto”.
Traduzione di Nadia Cazzaniga
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