Il commento di tutti quelli che vengono a New York City la prima volta è una qualunque versione dello stesso concetto: mi sembra di esserci già stato. Questa sensazione del già visto, di familiarità, di sentirsi a casa in un posto nuovo viene dal fatto che è vero, NYC noi la conosciamo già grazie ai film, ai libri, alle canzoni, alla letteratura. Una conoscenza pop che guida anche il nostro approccio alla città: alzi la mano chi non ha, almeno una volta, cercato consapevolmente o meno, di andare in quel ristorante o in quell’incrocio perché lo aveva visto in un film. Tra le destinazioni cinematografiche che i turisti hanno preso d’assalto, ultima in ordine di arrivo, c’è la scalinata sulla quale Joaquin Phoenix nei panni del Joker danza la sua follia nel film omonimo del 2019. La scalinata è un passaggio che connette Shakespeare e Anderson Avenue all’altezza della West 167th Strada, nel Bronx, ormai posto dove bisogna fare la fila per farsi le foto. ”È così piena di gente che chi ci abita si è rotto le scatole: mi è capitato di vedere lanciare uova sui turisti. Anche per questo io non ci vado più. E poi è fuori mano”. A raccontarlo è Ricky Russo, mitico personaggio della comunità italiana a NYC.
Ricky Russo e le sue storie in giro per la Grande Mela
Triestino, arrivato in Usa nel 2013, dj e appassionato di musica, ha preso la licenza da guida turistica supportato da una intuizione geniale: invece di proporre i soliti tour della città, Ricky propone dei tour divisi per quartiere – Greenwich Village, East Village, Harlem, Brooklyn – delle location più famose in termini di cultura pop, sia musicale che cinematografica. “East Village per la musica soprattutto punk, ma per i film a Dumbo c’è tantissimo”, continua Ricky che tra i suoi clienti vanta anche vip come Jovanotti nel periodo in cui abitava a Manhattan (“con lui ho fatto un tour speciale a Asbury Park in New Jersey, sulle orme di Bruce Springsteen”).
Un esempio su tutti: il pezzo del Manhattan Bridge che si vede da Brooklyn, all’incrocio tra Water Street e Washington Street, è diventato l’immagine sulle locandine e sui dvd di C’era una volta in America di Sergio Leone. “Lì vicino si incontrano anche Keanu Reeves e Willem Dafoe in una scena del primo John Wick”, racconta Ricky. “In Joker, Joaquin Phoenix entra in una cabina telefonica che ovviamente non esiste più, ma che è sempre in quell’angolo, con quella vista. Più recentemente, nella serie di Netflix Inventing Anna lì è girata una delle scene finali”.
A Dambo c’è anche la palestra di pugilato più famosa del mondo: Gleason’s Gym. Qui si sono allenati campioni come Muhammad Ali e Jack LaMotta, ma anche il suo corrispettivo cinematografico ovvero Robert De Niro che qui si è allenato (anche se la location all’epoca era a Manhattan) per Toro Scatenato (mentre Wesley Snipes si è allenato proprio nella location di Dumbo per il ruolo di Roland Jenkins in Streets of Gold).
A Brooklyn Heights ci sono scene da Io e Annie, ma anche le case di Truman Capote e Arthur Miller. La stessa Marilyn Monroe diceva che Brooklyn era il suo posto preferito. Il Greenwich Village invece è più da commedia: Harry ti presento Sally, ma anche A piedi nudi nel parco, e tante serie tv, da Friends (gli esterni della casa di Monica, in Groove Street, sono una tappa obbligata) a Sex and The City (la casa di Carrie in Perry Street), passando per La Meravigliosa Signora Maisel.
New York, cinema a cielo aperto
“Pochi lo sanno, ma dall’altra parte della strada rispetto a quella di Friends, ce n’è una in cui hanno vissuto in tempi diversi Walt Disney, Cary Grant e Miles Davis”, continua Ricky. Un altro quartiere pieno di riferimenti è Harlem: dal Malcom X di Spike Lee a American Gangster di Ridley Scott con Denzel Washington e Russell Crowe. Per arrivare a Summer of Soul, il documentario del 2021 che ha vinto l’Oscar e che racconta la Woodstock nera, ovvero i sei giorni del festival che si è tenuto al Marcus Garvey Park di Harlem con artisti come Stevie Wonder, Mahalia Jackson, Nina Simone, Staple Singers, Gladys Knight; the Pips, Mavis Staples, Sly and the Family Stone.
“New York non è il posto più facile per girare un film. Ecco perché hanno inventato Hollywood”, scrive Nate Jones su Vulture. Fin dagli albori dei cortometraggi muti, i film hanno sempre amato girare per le strade di New York. La migrazione dell’industria verso la costa occidentale ha in qualche modo smorzato le cose – film come La finestra sul cortile sono stati realizzati interamente in studio, anche se in finzione la casa di James Stewart dovrebbe essere nel Greenwich Village.
Da quando le telecamere sono diventate più piccole e più mobili, i film sono gradualmente tornati a New York: il numero di lungometraggi girati ogni anno è passato da circa 70 alla fine degli anni ’70 (come osserva James Sanders in Celluloid Skyline) a più di 300 nel 2016. “La città è affollata e costosa. Se i cineasti continuano a tornare è perché ha un’energia che non puoi trovare da nessuna altra parte. Come mi ha detto un veterano scout di location: ottieni milioni di dollari di valore di produzione semplicemente impostando la cinepresa”.
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