Le donne lo guardano. Tutte. In un angolo della terrazza del cinema Barberini a Roma, dove è in corso una proiezione speciale del docu-film Raul Gardini (stasera in prima serata su Rai1), il milanese Fabrizio Bentivoglio fuma una sigaretta all’ombra, al riparo della calura estiva. È un magnifico 66enne, dal talento più che confermato da una carriera lunga oltre quarant’anni– l’esordio nel 1980, con Il bandito dagli occhi azzurri di Alfredo Giannetti – e non stupisce che Giannandrea Pecorelli, che produce il film con Aurora Tv insieme a Rai Fiction, l’abbia fortemente voluto per interpretare il ruolo dell’imprenditore ravennate, morto suicida il 23 luglio 1993.
“Bentivoglio è il progetto – racconta Pecorelli – è un mostro sacro, l’over the top della professionalità europea. Con Francesco Micchichè (il regista del film, ndr) abbiamo subito pensato che fosse l’attore ideale, oltre che per il talento anche per qualcosa di indefinibile nella postura, nell’atteggiamento”. Bentivoglio, che dal 14 agosto sarà al cinema con I peggiori giorni di Massimiliano Bruno ed Edoardo Leo, respinge sornione i complimenti. L’invito a interpretare Gardini gli è parso “il compimento di una promessa”, e della felice fase che sta attraversando nella sua carriera si limita a dirsi semplicemente “soddisfatto”. E dire che quest’autunno realizzerà il sogno proibito di qualsiasi attore: diventare un personaggio della Marvel. “Me l’ha chiesto mio figlio, gliel’ho promesso”, fa spallucce lui.
Come ha affrontato la “missione” Gardini?
Me ne ha parlato per primo Miccichè, che conoscevo e con cui avevo lavorato. Mi ha detto: ‘Gardini sei tu’, la faceva facile. Già dieci anni fa mi avevano fatto la stessa proposta per un film che poi non si girò più. E rimase in me, ma credo anche in Gardini, una sorta di dispiacere.
Dieci anni fa Gardini non c’era già più.
Sì, ma sono sicuro che già allora non fosse contento di essere stato dimenticato per vent’anni. Adesso ne sono passati trenta, si figuri. Ho sempre pensato che ci fosse una tacita promessa fra noi. E spero di averla mantenuta con un progetto che, anche se passa in tv, è stato pensato come un film. C’è una parte documentaria che racconta l’uomo pubblico. E una parte di fiction, quella in cu intervengo io, che indaga il Raul privato, l’uomo, il padre, il marito e l’amico.
Gardini fu coinvolto negli scandali di Tangentopopli: ha sempre avuto le idee chiare su di lui?
Gardini è passato alla storia per le cose piu eclatanti: il varo del Moro di Venezia (l’imbarcazione italiana, di sua proprietà, che partecipò alla Coppa America del 1992, ndr), le scalate (alla Montedison, nel 1987, ndr), la fine tragica. Ma ci si è paradossalmente dimenticati delle sue idee. Era una persona lungimirante, un imprenditore che guardava lontano. Quarant’anni fa parlava di carburanti alternativi alla benzina, ricavati dalle eccedenze di cereali: già mi sembra un colpo di genio notevole. Parlava, allora, di plastica biodegradabile. Era un portatore sano di idee oggi di strettissima attualità, che andrebbero forse recuperate e messe in pratica.
E allora perché sarebbe stato dimenticato?
Perché ricordarlo obbliga a farsi domande cui è ancora impossibile rispondere.
Quali domande?
Perche non è mai stato fatto l’etanolo (la benzina verde progettata da Gardini, ndr)? Perchè le sue idee, anche senza di lui, non sono state realizzate? Perché è stato dimenticato in maniera cosi proterva?
C’entra la morte violenta? Come l’affrontate nel film?
Qui si entra in argomenti narrativamente difficili da raccontare, in quella situazione c’è di mezzo l’alta finanza e noi non volevamo raccontare quella cosa là – per farlo, avremmo dovuto capire cose che sono fuori dalla nostra portata. Lo spazio che avevamo a disposizione ci permetteva, diciamo, una sintesi poetica dell’argomento.
L’Italia è in debito o in credito con Gardini?
Siamo noi che dobbiamo qualcosa a lui. Gardini non ci deve niente.
Come si è preparato?
Ho letto libri e articoli. Mi è molto servito il fugace incontro con i suoi famliari. Gli ho promesso che avrei raccontato quella persona nel modo più onesto e verosimile possibile. E quando a cose fatte loro hanno visto e approvato il lavoro, quell’approvazione è valsa piu di qualsiasi audience tv, o premio. Quello è stato il premio.
Ne I peggiori giorni interpreta un imprenditore che cerca il suicidio. Un caso?
Sono in uno dei quattro episodi in cui è diviso il film, dedicato alle festività. Il mio episodio si chiama Primo Maggio ed è la storia di imprenditore che, dopo due anni in cui tutto è andato a scatafascio, decide di festeggiare il Primo Maggio andando in fabbrica a suicidarsi. Me l’hanno proposto subito dopo Raul Gardini, ci vedo un collegamento tragico. Si parla di un piccolo imprenditore andato a gambe all’aria, che non c’entra con Gardini, ma che finisce per fare la stessa scelta.
Due film di seguito, e due suicidi. Impegnativo?
Pensi che ne I peggiori giorni il mio imprenditore lo teorizza proprio, il suicidio. Per darsi coraggio si convince che si debba fare cosi per rompere il meccanismo del capitalismo, che ci si sta mangiando. Un riufiuto finale collettivo: lui vorrebbe che tutti, anche gli operai, lo facessero. È un paradosso, ma il problema c’è. Siamo alla frutta. Alla fine di questi due anni sono tanti gli imprenditori che non hanno resistito all’umiliazione di non riuscire a pagare gli operai.
E poi c’è la Marvel: in autunno darà la voce agli audiolibri di Occhio di Falco. Che c’entra lei con i supereroi?
Quando me l’hanno proposto ho chiesto ai miei figli e ho scoperto che Occhio di Falco, che ho scoperto essere un arciere, è il personaggio preferito di uno di loro. Che mi ha detto: ‘devi farlo’.
L’avrebbe mai detto, che un giorno avrebbe fatto il supereroe?
Sì, ma attenzione: sarò un Occhio di Falco vecchio, stanco, finito in un circo a fare il buffone. Mi ha un po’ ricordato quel Tarzan che Marcello Mastroianni e Federico Fellini non riuscirono mai a fare. Purtroppo.
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