“Mi considero una sarta, un’artigiana. Bisogna saper lavorare al dettaglio senza mai perdere il disegno collettivo”, esordisce Francesca Archibugi, alludendo ad una storia comune che si intreccia inevitabilmente a quella individuale, scritta e raccontata da Elsa Morante e resa nota da un romanzo che ha cambiato la narrazione del secolo scorso.
Mettere in scena uno dei libri capostipite del Novecento, in una fusione che sappia tener conto della sfera collettiva ma anche di quella umana, senza snaturare l’opera originale di riferimento, in effetti, assomiglia un po’ ad un lavoro sartoriale. Francesca Archibugi ha trainato l’incarico con grande dignità, ed ha dato vita alla serie tv La storia, basata sul romanzo di Morante e prodotta da Picomedia, in otto episodi presentati dall’8 gennaio in quattro prime serate su Rai1.
A farle da spalla come sceneggiatori Francesco Piccolo, Ilaria Macchia e Giulia Calenda (nipote di Luigi Comencini, che nel 1986, de La storia fece un film). A vestire i panni dei personaggi un cast miscellaneo, fatto di grandi conferme e sorprendenti esordi, che comprende Jasmine Trinca, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Lorenzo Zurzolo, Francesco Zenga, Asia Argento, Antonella Attili, Romana Maggiora Vergano e Mattia Basciani.
La storia: un racconto di Resistenza
La storia raffigura una capitale in piena guerra come tutto il resto del paese. Sfigurata dall’orrore del conflitto, ma pervasa da un’ala di speranza dei cittadini che sentono che Roma non verrà mai davvero attaccata dai tedeschi. Ida Ramundo è una donna del popolo; maestra elementare e madre vedova che, agli albori della guerra (mantenendo il segreto per nove mesi), dà vita al suo secondogenito Giuseppe, figlio di una violenza da parte di un soldato tedesco. Tiene il neonato nascosto dagli occhi giudicanti della città e lo cresce tra le mura casalinghe, tra il forte affetto del fratello maggiore e la fiducia in un futuro migliore.
A luglio 1943, però, anche la speranza popolare viene a mancare. Roma diventa bersaglio degli attacchi tedeschi, e i bombardamenti di San Lorenzo radono al suolo la casa della famiglia. Ida si trova a reinventare la sua esistenza, e fugge, sfollata, a Pietralata, nella periferia romana, dove ogni giorno, seppur nella sua immobilità pacata, muove la propria resistenza attiva come donna e cittadina.
Una trasposizione attenta e dettagliata
Quella di Morante è una storia dolorosamente attuale, che va preservata con cura e attenzione. Archibugi l’adatta con delicatezza, la rende fruibile al pubblico odierno. Mantiene la durezza dei fatti, la radicalità del racconto e l’immobilità cui sono costretti i personaggi, nel tracciamento di “un’epica degli ultimi e dei disgraziati” (così la definisce Trinca) né pietistica né compassionevole.
La scrittrice, all’uscita de La storia, nel 1974, fu affossata per un anno intero per la narrazione realistica e non particolarmente eroica dei suoi protagonisti, operai e lavoratori. “Mise in atto la morte del proletariato”, fa notare Piccolo. E lo fece con dei personaggi che nella loro stasi incarnavano tutto il contrario di ciò che promulgava l’estrema sinistra del tempo. “Perciò ho cercato anche io di portare al centro i personaggi. Non ho voluto attori stranieri per questo, per non togliere quella verità intrinseca al racconto”, spiega Archibugi.
La necessità di capire il passato
“Sarà come vedere un lunghissimo film diviso in più parti. Oggi non c’è più tanto l’attenzione, ma mi auguro che con questo espediente le persone possano dedicare un po’ di tempo a questo lavoro fatto con i migliori reparti”, continua l’attrice Antonella Attili, che veste i panni di una delle coinquiline di Ida. “Siamo immersi nelle guerre, è fondamentale capire quel periodo storico per cercare di capire la realtà attuale che stiamo vivendo”.
Ecco allora che un libro di cinquant’anni fa – che tratta una storia di ottant’anni fa – può diventare uno specchio sull’attualità: una possibilità di interrogarsi sulla cronaca odierna e sulla sua drammatica vicinanza col passato. A maggior ragione per chi non l’ha vissuto, e ne ha solo sentito parlare. “Mettermi nei panni di Nino ha significato mettermi alla prova in qualcosa che mi sembrava estremamente distante da me. Eppure, ricorda tanto ciò che stanno vivendo ora i ragazzi della mia età di Ucraina o Palestina”, ha raccontato il diciannovenne – e esordiente – Francesco Zenga, sorprendente co-protagonista della serie.
“Avremmo voluto che non succedesse mai più, lo abbiamo scritto nel momento più alto della nostra storia, nella Costituzione. Eppure ci ritroviamo a rivedere tutto ciò fuori da casa nostra, in un rimando continuo tra la nostra storia di cittadini italiani e la storia che vediamo nei nostri televisori”, spiega da parte sua Elio Germano, evidenziando la carica politica che può muovere anche un progetto “di massa”. “Come nazione abbiamo perso quel senso critico che ci consente di guardare le cose da un punto di vista nostro, non veicolato da qualcuno sopra di noi. Spero questa sia l’occasione di farsi delle domande come popolo, come cittadini e come individui”.
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