Si chiamano business angel. Con le loro ali da investitori volano sulle start-up e scelgono quelle che vale la pena finanziare. Sono nati all’inizio del Novecento a Broadway, quando erano ricchi frequentatori di teatri di New York e investivano nei nuovi spettacoli teatrali proprio come degli angeli caduti dal cielo. Oggi il loro settore principale è quello tecnologico, ma a Hollywood c’è un italiano che sta cercando di riportare il ruolo del business angel alle origini. Mario Niccolò Messina non è un amante del cinema ma ha deciso di occuparsi della distribuzione di film con la tecnologia, partendo dai dati. “Aggregati, non individuali”, specifica.
Sfidando le regole convenzionali, Messina ha iniziato a utilizzare la tv di Google, YouTube. “Nonostante qualcuno pensi che non vada più di moda, YouTube ha ancora un vantaggio fondamentale rispetto ai suoi competitor, il motore di ricerca più potente del mondo”. In quattro anni il suo primo canale su YouTube si è trasformato in una rete di 15. I V-Channels, specializzati nel genere thriller, horror e mystery, tra vecchi film filippini e produzioni di serie Z, contano trecento milioni di visualizzazioni al mese e centoventi milioni di spettatori.
E così Messina ha cominciato anche a fare il business angel del cinema, puntando al mondo indipendente, finanziando giovani talenti internazionali nelle produzioni e diventando poi partner dei ricavi al 50%. “I film li produco in base ai dati, in base a quello che le persone vogliono vedere”.
Distribuzione di film su YouTube, contro le previsioni di Hollywood
“Nessuno distribuiva film su YouTube”, spiega Messina. “Quando sono arrivato a Hollywood mi dicevano che non avrebbe mai funzionato”. Ma tutti vogliono guardare i film. “Per molte persone le piattaforme di streaming sono troppo costose”. Questo spiega secondo Messina il perché su Google le parole più ricercate sono legate alla visione di film. “Allora ho aperto il primo canale, V-Tagalove, distribuendo 50 film filippini che il proprietario mi aveva licenziato perché credeva in questa idea”. Su V-Tagalove oggi ci sono 5 milioni di iscritti.
“Da quel primo canale ne ho aperti 15, sono riuscito a firmare contratti per la produzione di film a micro budget con realtà innovative come XYZ e Sandaled Kid production, società che hanno lavorato con Mel Gibson, Kevin Dillon e Jean Claude Van Damme e ora anche le majors si stanno avvicinando”, racconta. E sempre controcorrente rispetto alle previsioni di Hollywood, ha iniziato a doppiare. “Ventiquattro mesi fa la sesta parola chiave più cercata al mondo era ‘peliculas completa en Español Latino’, allora durante la pandemia ho cercato dei doppiatori che erano rimasti senza impiego e gli ho proposto di lavorare per me”.
In equilibrio tra quello che la gente vuole e quello che non si vuole produrre
Guardando l’offerta sui V-Channel si impara subito che cosa significa ang in filippino. Nelle anteprime di YouTube, tra i più visti, c’è Ang Padrino. Si naviga tra vecchi remake filippini, come C’era una volta a Manila, gli horror, i film d’azione con i vetri delle macchine che si spaccano in aria e le pistole, e qualche commedia romantica. Molti film sono anche in HD. Questo è quello che la gente vuole vedere. Ma Messina non lo vive come un imperativo. “Oggi non ci sono parole chiave riferite a film che non produrrei”, spiega. “Anzi, mi piace produrre, all’interno di questi dati sulle ricerche delle persone, i film che nessuno vuole produrre, per dare una chance all’inaspettato”.
Sui V-Channel ci sono anche molti documentari, genere in voga negli ultimi anni. “Qui il discorso cambia”, dice. “Stiamo producendo 100 documentari sugli alieni e sui misteri per esempio, argomenti che piacciono molto e che sono molto ricercati. Ma se volessi fare milioni di views dovrei seguire il filone QAnon o cavalcare l’onda dell’anti sistema spinto, e non ho intenzione di farlo”. Questo perché, “avere una platea così ampia significa anche considerare i danni di milioni di views che fomentano odio”. Documentari sui rettiliani, sull’11 settembre come complotto e contro i vaccini sono rimbalzati non solo su YouTube ma anche su diverse piattaforme più “istituzionali”, come Prime Video, Hulu, Netflix.
Dalla distribuzione di film a una database company
Per più di un secolo capire quello che aveva o non aveva successo è stata un’arte alla Don Draper, l’astuto protagonista guru dei pubblicitari della serie Mad Men, e quelli che chiamiamo hard data non esistevano. Oggi non viviamo più nell’era di Mad Men ma di Math Men. “Come si fa a provare a capire se un film funzionerà o meno?”, chiede Messina. “Con i dati. Ma quali dati? A Hollywood i produttori si basano sui biglietti venduti al cinema. Ma andare al cinema è il risultato di una lunga catena di scelte, influenzate da molteplici fattori”.
Per questo quello a cui punta Messina è costruire, mentre produce e distribuisce film su YouTube, una database company. “YouTube, a differenza delle altre piattaforme di streaming video che si basano sulla raccomandazione, è un luogo in cui le persone cercano quello che desiderano guardare”. Questa è una fonte preziosa di dati, assicura, “è qui, nelle ricerche di Google, che si nascondono i temi che tra qualche anno potrebbero esplodere”. I dati potrebbero aiutare i produttori a capire in che tipo di film investire, “sempre in quell’argine di originalità e identità che li contraddistingue”.
Il business angel del cinema che finanzia e distribuisce i film indi
In questi anni in cui si è avvicinato al mondo del cinema, Messina ha osservato che per i film indipendenti è difficile essere distribuiti. “È inaccettabile che il sistema sfrutti i sogni dei giovani registi indipendenti per profitto mentre loro non vedono un euro dalla distribuzione dei loro film”. Un modello che Messina ha deciso di scardinare, finanziando 100 film indi. “Dati alla mano, vado a cercare chi vorrebbe produrre un film, lo finanzio e diventiamo co-proprietari”. Dall’inizio dell’anno di questi 100, ne sono stati prodotti 72, quattro anche di italiani.
“C’è una cosa che dico sempre a tutti coloro che lavorano con me: chiedo di non seguire questa moda hollywoodiana di strizzare l’occhio all’inclusività in ogni singolo film pur di sembrare politically correct. Ognuno di loro deve sentirsi libero di raccontare la storia che vuole con i colori e sapori che preferisce. La vera forma di inclusività è lasciare agli artisti la libertà di esprimersi. E questo secondo me genera molta più inclusività di qualunque forzatura. Io lo posso dire perché lavoro con uomini, donne, transgender, bianchi, neri, asiatici”.
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