Nel cuore della rivoluzione Auditel: schermi in fuga dalla vecchia tv

Crisi degli ascolti e aumento della concorrenza per i programmi generalisti, Mediaset per la prima volta sfiora lo share della Rai. Oggi la misura è la "total audience" che ingloba gli spettatori di tutti dispositivi connessi

Ascolti bassi, nuovi programmi tv che non sfondano, Mediaset che per la prima volta sfiora lo share della Rai (con RaiPlay che rincorre col fiatone i giganti Netflix, Amazon Prime Video, Disney+, Sky). Non va meglio su La7. Dati Auditel alla mano – confermati dal sito internazionale Statista – la televisione generalista italiana zoppica da anni. Negli ultimi perde spettatori a milioni. In dieci anni, ma la crisi inizia ancora prima, la tv ha perso nel prime time (tra le 20.30 e le 22.30) il 22 per cento del suo pubblico. Il 14 per cento nel solo 2022. E se l’ascolto televisivo in Italia rimane superiore alla media europea, non significa che il nostro piccolo schermo sia in buona salute. Non solo va male l’intrattenimento ma anche l’informazione, e inizia a perdere colpi pure l’inarrestabile fiction Rai.

Se questa è la morte della tv, i colpevoli sono come minimo due: da una parte una gara impari con i giganti dello streaming, dall’altra mancanza di idee originali. La regola è la più vecchia di sempre: se l’intuizione c’è, le cose funzionano. Basta pensare al successo nostrano di Mare Fuori o alla serie americana Yellowstone. Il modo di guardare la televisione è cambiato, così come i soggetti in campo. Gli Ott, “Over the top”, sono le tv del XXI secolo, quando arrivarono quelle tradizionali gridarono che Internet avrebbe ucciso la tv. Invece l’ha salvata.

Anche streaming e videogame

Si può dire che l’Auditel abbia dato inizio a un’era in cui il telecomando è diventato lo scettro dello spettatore, gli ha conferito il potere democratico di esercitare un peso sui palinsesti. Sono i cittadini che scegliendo di cambiare canale appaiono e scompaiono dal conteggio dei telespettatori. Da qualche anno però la competizione non è più solo tra emittenti televisive. Come illustrato dall’Auditel nella relazione annuale Globalizzazione, mercato, sistemi di misurazione: il ruolo dei JIC nel nuovo contesto mediatico, oggi nella grande macchina industriale dei contenuti video si contendono l’attenzione almeno sei settori: la tv (news, broadcast e sport), lo streaming (Svod- Subscription Video On Demand, Avod-Advertising Video On Demand e Fast-Free Ad-Supported Television), il digital (social media e advertising), i videogame, l’hardware (produttori di smart Tv) e il cinema (gli studios tradizionali).

Il 2022 è stato l’anno in cui l’Auditel ha lanciato una nuova misurazione, quella della “total audience”: il dato unico per misurare il consumo di tv attraverso tutti i dispositivi. E l’anno dell’ascolto “non riconosciuto” (12,94% del totale degli ascolti a fine 2022) che ingloba tutto quello che non è tv tradizionale ma è nel televisore: streaming, gaming. Proprio perché oggi rilevare gli ascolti dei programmi tv non ha più il senso che aveva venti o dieci anni fa. I cittadini adesso hanno molta più possibilità di scelta su che cosa guardare e quando farlo, e per questo, avverte l’Auditel, occorre anche scongiurare eventuali pericoli per la democrazia digitale, soprattutto legati a come funziona il mercato.

La sfida tra giganti

La tv in streaming, confermano dall’Auditel, è il palcoscenico della sfida globale tra i giganti statunitensi per conquistare l’Europa e l’Asia. I big dello streaming adottano politiche di prezzo sempre più competitivo per attirare abbonati e consolidare la loro presenza sui mercati internazionali. In risposta arrivano dall’Unione europea i primi tentativi di consolidamento tra le compagnie televisive nazionali.

L’Auditel ha sottolineato le condizioni asimmetriche di concorrenza nel mercato video, motivo per cui solo il JIC (Joint Industry Committee), organismo a controllo incrociato che ne riunisce gli attori, può garantire trasparenza e indipendenza. I motivi della concorrenza non equa sono diversi. Primo: i contenuti esclusivi che hanno elevati costi di produzione. Secondo: le piattaforme di streaming più grandi hanno il vantaggio di avere una vasta base di utenti e una forte presenza di marketing. Terzo: gli accordi di esclusività con case di produzione e studi cinematografici. Infine, molte delle normative che disciplinano il settore non sono ancora state stabilite.

Il presidente di Auditel, Andrea Imperiali, commentando i risultati della relazione alla Camera dei deputati, ha parlato di “assoluta centralità della tv” nella trasformazione digitale italiana, certificata dai numeri. “All’estensione della copertura broadband, che oggi interessa il 90% delle famiglie, è seguito, infatti, un boom degli schermi connessi: sono passati, negli ultimi cinque anni, da 70 milioni a oltre 93 milioni su un totale di circa 120 milioni di schermi presenti nelle case degli italiani”. Va da sé che il ruolo del JIC è fondamentale soprattutto in Italia dove la tv continua ad avere “un ruolo chiave”.

Testa a testa tra Rai e Mediaset

Per la prima volta nel 2022 la differenza di share tra Rai e Mediaset è stata di un punto a favore della tv pubblica, rispetto ai 4,2 punti del 2021 e ai 3,2 punti del 2020. In prime time 3,184 milioni di spettatori per la Rai e i 3,096 milioni per Mediaset. La Rai mantiene il primato, col 37,85% di share, ma Mediaset ha raggiunto il 36,2%. Nel 2021, la Rai aveva ottenuto il 37,9% di share contro il 32,18% di Mediaset. Per capire la drammatica accelerazione della fuga del pubblico basta ricordare che negli anni Novanta il Tg1 della sera raggiungeva i 10 milioni di spettatori, oggi ne raccoglie a malapena 3,5.

Gli ascolti fotografano quindi un’audience complessiva più bassa. In questa lenta e progressiva erosione, le persone siedono davanti alla tv ma scelgono di non guardare i programmi della tv generalista. Che il contenuto originale però vince lo dimostrano le eccezioni, ultime Il Collegio e Mare Fuori su Rai 2. Soffrono di più, alla prova dei numeri, i settori dell’intrattenimento e dell’informazione. Stasera c’è Cattelan su Rai 2 ha avuto un avvio difficile con una media di 597mila telespettatori, superato da Porta a Porta. Drusilla e Mia Ceran hanno chiuso prima del previsto Nei tuoi panni, Boomerissima di Alessia Marcuzzi ha finito con un pubblico appena sopra il milione.

L’inabissamento dei telegiornali

Tutti i telegiornali perdono ascolti: il Tg1 oltre mezzo milione (rimangono quelli di età media 65 anni), più del doppio del Tg5. Di certo, Mediaset è più identitaria della Rai e infatti mostra dati in controtendenza. Il Tg1 è l’unico dei telegiornali della sera a perdere più di un punto di share (-1,2 punti) e il Tg5 è l’unico a guadagnarne (+0,2 punti). Ma vanno male anche il Tg2 e il Tg3. L’approfondimento, pure. Cinque minuti, il nuovo programma di Bruno Vespa, perde sia in share sia in spettatori e l’enorme successo di Fiorello con Viva Rai2 non compensa le perdite complessive della Rai. A parte il consolidato Report, è difficile trovare numeri a doppia cifra nei dati Auditel. Il programma di Ilaria d’Amico, Che c’è di nuovo, ha chiuso dopo poche puntate.