Sono ormai 25 anni che Mario Giordano presenzia in tv, tra Rai e Mediaset, con il volto dell’eterno bambino e la voce così squillante da poter comunicare a distanza con i mammiferi marini. Ma è con Fuori dal Coro, in onda su Rete4 dal 2018, che Giordano, ex direttore de Il Giornale, del Tg4 e Studio Aperto – nel 2016 sanzionato dall’Ordine dei Giornalisti per aver diffuso odio etnico nei confronti dell’etnia rom – diventa gif vivente, parodia della parodia ideata da Ubaldo Pantani.
Nascita di un meme
Sorto essenzialmente come strumento di propaganda politica contro i governi Conte I, Conte II e Draghi, Fuori dal Coro ha acquisito popolarità nel corso degli anni, cavalcando con gioia narrazioni specifiche contro i migranti, contro l’UE, contro la vaccinazione di massa, contro la comunità LGBTQIA+ e la cosiddetta “teoria gender”, contro il Pd in maggioranza (dimenticando magicamente gli ‘alleati’ Forza Italia e Lega nei governi sopra citati), contro qualsiasi cosa che si potrebbe definire “politicamente corretto”, perché la “scorrettezza” su Rete4 è di casa in qualsivoglia talk.
Ma mai come e quanto in Fuori dal Coro, misteriosamente sospeso dal 29 novembre 2022 a metà gennaio 2023, quando Giordano è magicamente tornato alla sua narrazione urlata, ballata, cantata, sguaiata, con la telecamera presa di petto, il dito a indicare lo spettatore inerme, il volto a pochi centimetri dall’obiettivo, con luci soffuse ad alimentare una maschera orrorifica degna di Stephen King. È il teatro dell’assurdo, quello puntualmente realizzato da Giordano, la cui costruzione giornalistica è unicamente centrata al rilancio social, alla rubrica “I Nuovi Mostri” di Striscia la Notizia, tramutando così un apparente salotto di approfondimento giornalistico in un suk in cui trovare e soprattutto dire di tutto, mentre sfacciatamente si cavalca il falso mito del “non ci fanno più dire niente”.
Solo nell’ultima puntata andata in onda il 9 maggio si è parlato di “imbroglio verde” e dei presunti “affari sporchi con l’energia pulita”, dei cittadini italiani “in ostaggio dei rom fuori controllo”, della “Milano di Sala che fa paura” a causa di “immigrati violenti, rapine e risse”, dei vaccini che avrebbero causato “danni ai neonati” chiaramente taciuti alla comunità dai classici “poteri forti”, delle presunte “bugie sul Covid”, del puntuale “scandalo” che coinvolgerebbe il Pd di Elly Schlein. Un taglio giornalistico preciso, tendenzialmente complottista, controcorrente, orgogliosamente di parte e chiaramente populista che segue passo passo la linea editoriale de La Verità, quotidiano fondato da Maurizio Belpietro – su cui Giordano ha non a caso scritto, in veste di editorialista.
“Chi non urla è complice”
“Chi non urla è complice!” è il grido di battaglia di un presentatore che fa del sensazionalismo spicciolo la sua arma di distruzione di massa, l’impronta di un talk in cui nessuno sussurra ma grida, perché per resistere a 180 minuti di straziante durata settimanale c’è bisogno di decibel a pioggia, di polemiche a semina, con contraddittori puntualmente e volutamente squilibrati, con tanto di corpo di ballo che si esibisce alle spalle del conduttore urlante tra un monologo e l’altro, coreografando temi di attualità come se fossimo ad Amici di Maria in un multiverso marveliano in cui c’è Giorgia Meloni a chiamare le “carte” e Daniela Santanché a giudicare i colli del piede.
Mario Giordano vive il suo Fuori dal Coro come una maratona, schizzando da una parte all’altra dello studio, sempre fuori dai giri, sempre un’ottava sopra il lecito consentito, gesticolando come un ossesso, auto-proclamatosi unico diffusore di verità, chiaramente altrove silenziate, nascoste. Perché sotto traccia c’è sempre qualcosa di losco da denunciare, possibilmente coinvolgendo chicchessia di centrosinistra e a difesa di una destra che ora è a Palazzo Chigi, chiamata a governare con ampia maggioranza, tanto da chiedersi più o meno esplicitamente a cosa serva ormai un programma così. Nato per dar voce a chi era all’opposizione e oggi è presidente del Consiglio, a chi comunica Mario Giordano? A una fetta di popolazione che esiste, si sente accerchiata da non si sa chi, è rumorosa ma è sempre più ristretta. Non a caso Fuori dal Coro ha perso ascolti. Sensibilmente.
La sentenza Auditel per Mario Giordano
Il boom nel 2019, con la prima edizione in prima serata e uno share medio oltre l’8%, per poi calare drasticamente fino ai risultati delle ultime settimane. L’ultima puntata è precipitata al 5,1%, con appena 772.000 telespettatori, superata dai competitor DiMartedì su La7 e Cartabianca su Rai3.
Ma è l’intera programmazione “talk” di Rete4 a boccheggiare, perché non c’è più nessun governo ‘nemico’ da accusare, facendo così da microfono a quell’opposizione sovranista e populista ora sbarcata al potere.
Quarta Repubblica di Nicola Porro è calato al 4,2% di share, Dritto e Rovescio di Paolo Del Debbio è l’unico a tenere botta al 7%, mentre Controcorrente è precipitato al 2,7% di share.
Nel mezzo c’è proprio Mario Giordano, così felicemente controverso e riconoscibile, così poco credibile a causa di uno stile che apparentemente si allontana da qualsivoglia credibilità giornalistica, già ‘sospeso’ a fine 2022 e ora a rischio cancellazione definitiva, ma con una granitica certezza: se dovesse eventualmente cadere, lo farebbe ancora una volta in piedi. Perché un suo rumoroso pubblico di “accerchiati” (non si sa da chi) che lo ascolta, lo legge, lo segue e gli crede, seppur sempre più risicato, ce l’ha, e continuerà ad averlo. D’altronde siamo o non siamo in Italia, paese delle madonnine piangenti che moltiplicano gli gnocchi?
Il miglior programma della settimana? L’Eurovision Song Contest, su Rai2 e Rai1.
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