Nel mare in tempesta della Rai che verrà – ultimo bollettino: l’addio di Fabio Fazio dopo quasi quarant’anni passati nel servizio pubblico – c’è un’isola di pace e di tranquillità. Rai Com: un luogo di cui si parla poco, si comunica pochissimo, si dice niente. Nessuno s’accapiglia per la poltrona. Non tutti, al di fuori degli addetti ai lavori, sanno – in effetti – cosa sia esattamente. Nata nel 2015 sulle ceneri di Rai World, la società che si occupa (tra le altre cose) della vendita di film e fiction era data, fino allo scorso novembre, per morta. Dismessa, anzi “internalizzata”, come si dice carinamente in Rai prima di far sparire il corpo.
Sopravvissuta al consiglio di amministrazione dello scorso novembre, Rai Com è ancora là, nella sede romana di via Novaro 18, distaccamento siberiano con flair comunale: mura tortora, vetri smerigliati, ascensori piccolissimi, porte col numerino da ufficio kafkiano. Non ci sono ficus bengiamini ai piani, come in viale Mazzini: non c’è nemmeno il parquet. Amministratore delegato, dal 2020, è Angelo Teodoli, 67 anni, storico direttore di Rai2 (2012-2016), entrato in azienda ai gloriosi tempi del monopolio. In pensione dal 2 gennaio, a fine maggio se ne andrà: “Ad aprile è stato approvato il terzo bilancio del mandato, ora siamo in attesa che si mettano tutti d’accordo e sistemino la situazione. Il mio futuro? Vediamo. Mi piacerebbe continuare a studiare le chiavi per questo mondo in evoluzione”, dice dall’ufficio al quinto piano, un poster di Monica Vitti all’ingresso, la biografia di Gigi Marzullo in bella vista (RaiCom è anche editrice musicale e di libri: in programma un progetto editoriale su Mare Fuori).
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Dello tsunami che si sta abbattendo sull’azienda, dalle dimissioni di Carlo Fuortes in poi, qui arriva giusto il suono della risacca: Roberto Sergio, l’ad Rai fresco di nomina, è nel consiglio di amministrazione di Rai Com. “Sergio è un uomo esperto e come amministratore è molto bravo”, assicura Teodoli. “Ha un’ottima competenza digitale, in radio ha fatto un grande lavoro. Ha le skill. Bisogna vedere i margini di libertà e di collaborazione che avrà. Se mi aspetto la rivoluzione in Rai? Ma no. Al massimo inseriranno qualcuno. Con le rivoluzioni in Rai non si va da nessuna parte”.
Al mercato di Cannes, allo stand Italia (Riviera A6), Rai Com porta una line up di nove film: le novità Denti da squalo (in sala l’8 giugno) e Zamora, per la regia di Neri Marcorè (al cinema a fine maggio), e ancora Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores, Desiree di Mario Vezza, Tra le onde di Marco Amenta, Tramite amicizia di Alessandro Siani, Le mie ragazze di carta di Luca Lucini, Quasi orfano di Umberto Carteni, Piano Piano di Nicola Prosatore, Amore Postatomico di Vincenzo Caiazzo, Piove di Paolo Strippoli. Al Mercato sarà mostrato anche il promo di un film documentario sulla Mostra del Cinema di Venezia, La parte del leone, prodotto da Rai Cultura, Rai Com e Canalplus, e in predicato in autunno per il Lido. Un film di materiali d’archivio – anche quelli venduti, come “footage”, da Rai Com. “Facciamo tanto, non si sa niente. Siamo come Cenerentola”.
Non tutti i business decollano
Dei 12 milioni l’anno che Rai Com dalla vendita SVOD (le piattaforme) in Italia, 8,5 provengono dal cinema e 3 dalla fiction: all’estero, invece, a viaggiare con RaiCom è soprattutto la seconda. Imma Tataranni – questa estate in prima serata sulla tv pubblica spagnola -, Il paradiso delle signore – in arrivo l’adattamento greco – La sposa, Tutti pazzi per amore, il cui format è stato appena venduto in Grecia: “Mi ci giocai la reputazione, con Tutti pazzi per amore – ricorda Teodoli – Fabrizio Del Noce (allora direttore di Rai Fiction, ndr) la Rocca proprio non la voleva. Gli stava antipatica. Alla fine la spuntai io”. Ma vendere il cinema all’estero, eccezion fatta per Freaks Out di Gabriele Mainetti – in questi giorni in sala in USA e Giappone – non è un business che decolla.
Anche perché, spiega Teodoli, i film di Rai Cinema non sono appannaggio esclusivo della società: “Rispetto alla fiction, prodotta da Rai e venduta dalla Rai, c’è meno disponibilità di prodotto. La quantità di distributori all’estero di cinema è enorme. Rai Cinema distribuisce con gli altri, l’estero lo dà una volta a uno, una volta all’altro. Ma non è cattiveria. A volte Rai Cinema non ha scelta: quello del cinema all’estero è un mondo in cui noi veniamo dopo gli altri. E questo anche se abbiamo 1600 titoli in magazzino, di cui 600 di Rai Cinema, 400 della Titanus in esclusiva e 300-400 film di altri produttori italiani. Rai Com è il più grande distributore di prodotto audiovisivo in Italia”.
Mutazioni genetiche tutte digitali
All’estero, spiega Teodoli, “vendiamo soprattutto alle piattaforme: è il frutto della mutazione genetica imposta, dal 2020 in poi, dall’esplosione del digitale. Il business è cambiato. Dovremmo lavorare per capire cosa produrre e per chi, targhetizzare il prodotto, perché ormai la direzione è quella. Tre reti generaliste non hanno più senso. Mi ricorda quando ho cominciato, nel 1983, quando Silvio Berlusconi cominciava ad attaccare la Rai. Noi mandavamo in onda Amedeo Nazzari in bianco e nero, lui sui suoi canali se ne usciva con i film che erano andati in sala sei mesi prima. Vedevamo gli ascolti crollare, Biagio Agnes (allora direttore generale Rai, ndr) stava impazzendo. Sa come abbiamo fatto? Ci siamo messi a studiare il target, il pubblico: cosa voleva e cosa guardava. I ‘foglioni’ dell’ascolto, che si usano ancora adesso, li ho fatti io. Ecco, la situazione oggi è un po’ quella. Questo periodo, a voler guardare sopra la propria scrivania, sarebbe una figata. Peccato andar via adesso”.
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