Che fine farà l’Orgoglio LGBTQIA+ nella Rai di Giorgia Meloni?

Silurato Stefano Coletta, si teme un ritorno al passato sul fronte rappresentativo della comunità queer nazionale, con meno visibilità e inclusività

Giugno è Pride Month. Mese dell’orgoglio LGBTQIA+, fin da quel lontano 1969, quando in un bar di New York – lo Stonewall INN – la comunità gay della Grande Mela si ribellò ai soprusi della polizia. La rivolta diede vita ad un Movimento che, in oltre mezzo secolo di lotta, ha conquistato diritti, rivendicato libertà, ottenuto rappresentanza e visibilità, sia sul piano politico che mediatico. Oggi Roma scenderà in strada con il Pride più atteso e partecipato d’Italia, in un momento in cui la politica nazionale guarda all’estrema destra, strizzando l’occhio all’omotransfobia istituzionale di Polonia e Ungheria, dove è diventato praticamente illegale mostrare contenuti LGBTQIA+ in televisione. La nuova Rai “meloniana” ha appena preso vita dopo aver alimentato per anni polemiche su una presunta ‘gayzzazione’ del servizio pubblico, con l’ex direttore del Prime Time Stefano Coletta accusato di aver ‘genderizzato’ Rai Uno. Con il repulisti dell’ultimo mese è lecito chiedersi quale direzione prenderà ora mamma Rai, negli ultimi anni apparsa finalmente più inclusiva, al passo con i tempi, specchio di una società decisamente più aperta rispetto ad una politica che parrebbe guardare al secolo scorso, indietreggiando sul fronte dei diritti.

Chi ha paura di una Drag Queen in prima serata Rai?

Non sono una Signora, nuovo programma di Rai Due condotto da Alba Parietti con concorrenti vip chiamati a trasformarsi in Drag Queen, è stato rinviato non a caso per tre volte. Inizialmente annunciato per il mese di ottobre, è poi slittato a dicembre, a maggio, e infine a fine giugno, con la platea televisiva ridotta all’osso. Gli ultimi Festival di Sanremo sono stati puntualmente criticati dalla destra, con Achille Lauro e Rosa Chemical riusciti ad oscillare tra la “blasfemia” e la denuncia penale.

Drusilla Foer, esplosa proprio all’Ariston, avrebbe dovuto co-condurre una seconda serata su Rai Uno, annunciata da Coletta, ma mai diventata realtà. Il suo Almanacco su Rai Due, andato in onda per due stagioni, potrebbe non tornare. Anche le Karma B, spalle drag di Nunzia De Girolamo in terza serata su Rai Uno con Ciao Maschio, potrebbero non farsi più vedere, perché la conduttrice sarebbe in corsa per prendere il posto pomeridiano di Serena Bortone, altra conduttrice che all’interno del suo salotto ha spesso accolto esponenti della comunità LGBTQIA+, raccontando storie, esperienze e vite vissute.

Intervista a Fabio Canino

Alberto Matano, che ha fatto coming out proprio in diretta tv su Rai Uno, risulta inattaccabile e insostituibile in quanto reuccio della sua fascia oraria, così come Fabio Canino continuerà ad esprimere giudizi danzanti nel corso di Ballando con le stelle. “È importante avere una rappresentanza di tutte le minoranze”, ha sottolineato Canino a Hollywood Reporter Roma. “Però fammi dire che a me nessuno mi ha mai aiutato, neanche Coletta. Né da destra, né da sinistra ho mai ricevuto favori. La Rai è un dinosauro, un ministero, con le sue lentezze, le sue burocrazie. Quando è arrivato su Rai Uno, Coletta si è adeguato alla rete. Mi conosce, mi conosce bene ma non mi ha mai dato una mano. Io non sono un uomo di destra, ho spesso preso posizioni scomode, ma anche a sinistra mai nessuno si è troppo preoccupato, affidandomi nessun programma”.

Canino non si è detto certo di chissà quale stravolgimento di palinsesto nella nuova “Rai meloniana”, sul fronte della rappresentanza, della pluralità e della visibilità queer, “perché sarebbe un autogol tremendo. Molti sono convinti di aver votato una donna che risolverà loro i problemi. Ma non risolverà i problemi di nessuno. Chi è povero rimarrà povero e chi è ricco rimarrà ricco. La gente vota l’autoritarismo. Non è un programma qualsiasi a cambiare queste dinamiche. Voglio vedere quali di questi programmi verranno eventualmente cancellati. Ci sono i gay di regime”, ha sottolineato Canino, facendo i nomi di Cristiano Malgioglio, che “rappresenta il tipo di gay che da destra vogliono vedere, quello con le piume che non prende mai posizione”. Ma anche il “Renato Zero di turno, che ti dice di non avere tempo per pensare alle unioni civili”, senza dimenticare Pierluigi Diaco, grande amico di Giorgia Meloni, riconfermato al pomeriggio di Rai Due con BellaMà e pronto a bissare con un nuovo programma su Rai Uno.

E nel caso in cui Milly Carlucci decidesse di far ballare una coppia di donne nella prossima edizione di Ballando con le stelle, come reagirebbe l’establishment Rai voluto dal nuovo Governo? “I bastoni tra le ruote glieli hanno messi anche prima, quando fece ballare due uomini”, ha ricordato Canino. “Milly Carlucci è andata avanti lo stesso. Non ti so dire se questa volta sarebbe più difficile, molto probabilmente sì, però vorrei vedere qualcuno che dicesse ‘no, queste due donne non possono ballare insieme’. Vorrei nome e cognome di questa persona”.

Claudio Lippi vs. Coletta

Da che parte parrebbe tirare il vento potrebbe averlo fatto intendere Claudio Lippi, comparso improvvisamente a Montecitorio insieme al deputato di Fratelli d’Italia Andrea Pellicini. Intercettato dall’agenzia Dire, il conduttore oggi 78enne ha tessuto le lodi del governo, di Meloni e Salvini, per poi attaccare a testa bassa Coletta, “il direttore che per fortuna non c’è più, ha fatto lavorare gay e gaie solo per il motivo di esserlo. Tanti e tante che non avevano alcuna competenza. La Rai usata per fare coming out. Ma le pare? Allora anche noi etero dovremmo fare coming out, no?”.

Lippi, che 60 anni fa faceva il suo esordio sul piccolo schermo, parrebbe essere nella Meloni’s List del nuovo servizio pubblico, con ben due programmi in canna. Dichiarazioni, le sue, che hanno suscitato sgomento social, pur rimanendo in linea con la narrazione fino a pochi mesi fa imposta dalla destra di governo, con il racconto di una fantomatica Rai trasformata in un video dei Village People diretto dall’ex direttore Coletta, dallo scorso 25 maggio spedito alla Distribuzione. Peccato che la stessa azienda abbia reagito con sdegno alle dichiarazioni di Lippi, definite ufficialmente “lesive della reputazione della Rai e dei propri dirigenti. Pertanto è da escludere qualsiasi tipo di collaborazione con il conduttore”.

Chi rischia il taglio in Rai?

Il rischio è che certe direttive, certi cambiamenti, possano ora avvenire sotto traccia, lontano da occhi indiscreti, come accaduto con Rai Tre, letteralmente presa d’assalto. In pochi giorni Fabio Fazio è stato accompagnato alla porta e lasciato andare su Nove insieme a Luciana Littizzetto. Massimo Gramellini è finito su La7 e Lucia Annunziata ha salutato l’azienda. Nel dubbio a Ballando con le stelle si rivedranno anche Guglielmo Mariotto e lo stesso Matano, mentre Pino Strabioli potrebbe trovare una sua collocazione dopo aver co-condotto StraMorgan al fianco dell’ex Bluevertigo, fresco di ritorno a X Factor su Sky.

Chi potrebbe rimetterci le penne è Peppa Pig, serie animata finita nel tritacarne delle polemiche perché da Fratelli d’Italia avevano chiesto la censura Rai nei confronti di una puntata con due mamme protagoniste, mentre è facile immaginare che non rivedremo prodotti come Fame d’Amore, che a fine dicembre su Rai Tre aveva raccontato storie di giovani con disforia di genere.

O anche SEX, sempre su Rai Tre, che lo scorso agosto aveva dedicato un’intera puntata all’identità di genere con Vladimir Luxuria in studio insieme a giovani ragazzi e ragazze transgender. Via delle Storie, che poco più di un anno fa su Rai Uno aveva realizzato un’altra puntata sull’identità di genere. D-SIDE, Il lato diverso delle cose, che su RaiPlay aveva costruito una nuova puntata sull’identità di genere con protagonisti Francesca Vecchioni e Leonardo Santuari, giovane “influencer transgender”. Senza dimenticare tutte le fiction Rai che in questi ultimi anni hanno raccontato anche storie LGBTQIA+, da Mina Settembre a Mare Fuori, passando per Il Professore.

Quella che da destra hanno spesso inopinatamente chiamato “propaganda gender” è in realtà pura e semplice narrazione del reale, rappresentazione di ciò che esiste, per quanto a lungo taciuta, nascosta, silenziata. Con la nuova governance Rai voluta da chi fino ad un anno fa gridava alla ‘gayzzazione’ del servizio pubblico è facile immaginare un intervento, diretto o indiretto che sia, per evitare determinati argomenti, frenare“scomodi” personaggi, indicare strade più “tradizionali”, conservatrici, da famiglia perfetta alla Mulino Bianco.

Un’immagine fantascientifica cancellata persino dagli spot ufficiali dell’azienda, con una gallina parlante in sua sostituzione, ma inattaccabile monolite per una politica cieca, sorda e sempre più arrogante nel ritenere cosa possa e cosa non possa andare in onda sulla tv pubblica. Che in quanto tale è di tutti e tutti dovrebbe rappresentare. Con ostentato Orgoglio.

Nella realizzazione di questo articolo abbiamo provato a contattare Stefano Coletta, Alberto Matano, Gianluca Gori aka Drusilla Foer e Pierluigi Diaco, senza ricevere commenti ufficiali.