“Aspetti che apro al fisioterapista che mi deve rimettere in piedi!”. Scoppia a ridere Virginia Raffaele prima di rispondere al citofono. (Auto)ironica, buffa e schietta, lo farà più volte nel corso dell’intervista per parlare di Colpa di Luna, one woman show in onda in tre prime serate su Rai Uno a partire dal 12 gennaio per il quale ha dato tutta se stessa. “Ho avuto influenza, Covid. Tutto. Ovviamente appena ho finito. Mi sono ammazzata e spero che questo show porti almeno ilarità. L’abbiamo pensato e scritto prima. Ma, di fatto, l’abbiamo realizzato in tre settimane. E ho fatto tutto come se fosse una diretta. Volevo che arrivasse come un live”, racconta l’attrice e imitatrice a THR Roma.
Uno show che è legato ad un filo diretto, fin dal titolo, alla sua infanzia trascorsa al Luna Park dell’Eur, a Roma, fondato dai suoi nonni giostrai e in cui è rimasta, insieme ai suoi genitori, fino alla sua chiusura nel 2008. Una storia raccontata anche in Samusà, spettacolo teatrale che riparte dal 18 gennaio al Teatro Rossini di Pesaro per alcune date speciali.
Ha girato nel Teatro 5 di Cinecittà. Un luogo carico di storia e responsabilità.
Sono entrata, ho baciato per terra, ho chiesto scusa e poi ho iniziato a registrare (ride, ndr).
Si è ispirata ai varietà italiani che hanno fatto storia in Italia?
C’è un’ispirazione legata allo storico varietà Teatro Dieci per quanto riguarda la scenografia che ha messo su Marco Calzavara perché, anche con Duccio Forzano e gli autori, volevamo proprio importare quest’atmosfera. È il papà di tutti i varietà con Studio Uno, Canzonissima, Mille Luci. Sono cresciuta guardandoli, ma non ho rifatto qualcosa del genere. Perché è infattibile una cosa così.
Non ci sono più quegli artisti lì e non c’è più quell’Italia là. C’è una struttura che hanno inventato, di varietà, dove si alternano balletti, canzoni, ospiti, duetti. In più, io metto anche i trucchi speciali, le maschere fatte dal vivo come fosse quasi un happening. Sono realizzate in questa sorta di box che sembra una ricostruzione. Come le serie americane nei teatri di posa.
Da Facciamo che io ero, il suo precedente varietà, sono passati sette anni. In questo lasso di tempo il mondo è cambiato, così come la comicità. Bisogna rimanere aggiornarti rispetto a quello che ci circonda per poter fare questo mestiere?
Sì, sicuramente devi essere connessa con quello che c’è intorno a te. Ma non troppo. Anche soltanto perché se apri un giornale e vedi quanta gente muore per le guerre, banalmente, smetti di fare questo lavoro. Mi attanaglia veramente la tristezza per queste cose qui. Quindi devi essere sicuramente connessa, ma in parte, perché comunque la follia la devi far vivere e muovere lo stesso. Lo fai per il pubblico questo lavoro.
Francesco Arca, Carlo Conti, Gigi D’Alessio e Maurizio Perrini nei panni della Signora Coriandoli. Tutti uomini che l’accompagneranno nel corso delle tre puntate. Un mix molto eterogeneo. Ognuno di loro l’ha aiutata a tirare fuori qualcosa di diverso?
Totalmente. Con Gigi D’Alessio c’è un’amicizia. Per tutte e tre le puntate sarà al pianoforte. Ovviamente, a modo nostro, parleremo di musica. È un’escamotage per fare un po’ di divertimento e di cazzeggio con un amico. Carlo Conti intervisterà Patty Pravo in casa Stranbelli. Come se fossero Sandra e Raimondo quei due là dentro (ride, ndr). La Signora Coriandoli arriva per caso ed è veramente un’incursione, poi rimarrà con noi. Ha sviluppato un rapporto con Arca che fa molta simpatia.
Francesco è stato preziosissimo. Sarà una sorpresa. È bellissimo, bravo e umile. Si è approcciato a questo mio personale Luna Park con un’autoironia e un’incoscienza, anche a detta sua ovviamente, a uscire dalla sua comfort zone di attore per mettersi a fare il varietà. L’ha fatto con un’onestà e con una pulizia di animo che secondo me veramente piacerà al pubblico. È stato bravo.
Ha citato il Luna Park, parte integrante della sua vita. Ma quel luogo l’ha mai “odiato”?
Ma come no! Da una parte lo vedevo come la mia gabbia. Perché mentre i miei amici andavano alle feste o in vacanza io stavo al chiodo anche a 6 anni. E fino ai 27, quando ci hanno chiuso. Anche se all’epoca già lavoravo in teatro.
Con dei nonni circensi crede non ci fosse altro destino per lei se non questo?
Voglio crederci. Però veramente non ho mai pensato di fare altro. Il Luna Park mi ha dato l’incoscienza di lanciarmi nelle cose anche quando sembrano folli. Come quando sali sulle montagne russe. Mentre stai in alto dici: “Ma chi me l’ha fatto fare?”. Poi quando scendi, parte l’adrenalina e ti diverti pensi: “Ma certo, questo è il mio luogo”. È così. Però il punto di vista al di qua del bancone è un’altra roba. Faccio sempre l’esempio dei figli dei ristoratori. Quando ti fermi ai pranzi nei ristoranti fino alle tre e mezzo e poi spunta al tavolo in fondo la figlia che fa i compiti sulla tavola mezza apparecchia. Ecco, quando vedo quelle immagini lì mi si apre qualcosa nel cuore.
Tra le sue nuove imitazioni c’è quella di Barbara Alberti. Una scelta non proprio scontata. Come individua i suoi personaggi?
Mi ha sempre affascinato. È una donna super intelligente e fanciullesca allo stesso tempo. Di grande cultura e simpatia, molto moderna per alcune cose. Ho sempre detto a Malcom Pagani: “Presentami mamma”. Non c’è mai stata occasione e alla fine me la sono presentata da sola (ride, ndr). Ci sono dei personaggi che ti divertono. Ecco, Barbara Alberti fa il suo. Spero al pubblico piaccia la mia versione. In questo show cercherà di presentare il suo libro…
Cosa le permette di capire che un personaggio potrebbe funzionare? Cos’è che nell’osservazione l’attrae?
C’è un istinto. Non c’è una ricetta per cui dici: “Ah, questo sicuro funziona”. Sono tentativi. Io non lo so se funzionerà con Barbara Alberti, però la faccio con un personale piacere e divertimento che spero, in qualche modo, passi. Dopo un po’ di anni pensi che una determinata cosa potrebbe funzionare. Ma poi lo senti col pubblico. Ecco perché ho voluto fare i live con le persone in studio. Perché la loro risata è il termometro.
Ha dichiarato: “Le giostre sono scappate e adesso sono ovunque: le attrazioni sono io e siete voi”. Si riferisce anche al periodo che stiamo vivendo? Al fatto che tutti quanti ci siamo messi in bella mostra per farci vedere?
Quando penso alle attrazioni, nel bene e nel male, penso che l’essere umano in sé sia un’attrazione. Intesa come una cosa che attrae la curiosità. Non lo so perché ci mettiamo in mostra ma per me è sempre stato quello che dicevamo prima sull’osservazione della gente, del pubblico. È il punto di vista, quando accendi la tua luce personale sull’osservazione di quello che c’è intorno. È quella l’attrazione. Nel senso che l’abbiamo sotto casa. Quante volte diciamo: “Il tabaccaio è un personaggio!”. È soltanto fare attenzione a cos’hai intorno, a cos’è il mondo di quella persona. Ogni persona è meravigliosamente complicata ed è un mondo a sé. Siamo noi il motore di tutto. Non è tanto il metterci in mostra o meno. È l’attenzione che si dà agli esseri umani e al prossimo.
Com’è andata con Riccardo Milani sul set di Un mondo a parte?
Bene! È stupendo. A parte la cattiveria di farci svegliare alle tre e mezza con meno 5 di temperatura, è stupendo come regista (ride, ndr). Mi sono trovata in questa comunità fantastica in Abruzzo a convivere con questi non attori perché Riccardo ha girato con tutte persone del posto. Gli unici attori siamo io e Antonio Albanese . È stata un’esperienza umana, oltre che lavorativa, notevole.
In passato ha interpretato Paula Gilberto Do Mar No, poetessa transessuale.
Anche lei torna in Colpo di Luna.
C’è sempre un grande dibattito e molti paletti su cosa si può dire e cosa non si può dire.
I paletti li guardo, li aggiro e vado dritta. Sulla tematica della diversità ho il dente avvelenato. Per me bisogna assolutamente andare avanti. Abbiamo talmente tanti problemi tra guerre e gente che muore che mi domando come abbiano ancora il tempo di andare a rompere le scatole a chi vuole farsi la propria vita con chi vuole. Ma non c’è per caso un’altra tematica che viene in mente oltre alla differenza di genere? Ci sono ragazzini mandati fuori di casa dai genitori perché omosessuali. Durante la seconda puntata dello show tiriamo una bomba…
È significativo che lo faccia su Rai Uno, da sempre un pubblico considerato più tradizionalista.
L’ho fatto apposta (ride, ndr).
Un’ultima domanda: tornando al Luna Park, qual è la giostra che la rappresenta di più?
Faccio la fanatica e dico che mi piacerebbe essere vista come una sorta di Luna Park umano. Sono tante le giostre che si aggirano dentro di me. Dal tagadà che è quella che cerca di rimanere in equilibrio, come nella vita, ma che spesso te lo fa perdere. Ma anche il labirinto degli specchi per quanto riguarda la metafora del riflettere l’immagine di qualcuno e cambiarla a seconda di quello che mi ispira. O le montagne russe proprio per i rischi che mi prendo, la botta di adrenalina e le scalate che ogni volta mi faccio. Come mettere in scena un varietà in questo tempo qui in prima serata (ride, ndr). Ma i pesciolini sono le mie giostre nel cuore ovviamente. Erano quelle dei miei genitori.
THR Newsletter
Iscriviti per ricevere via email tutti gli aggiornamenti e le notizie di THR Roma